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Stellantis smentisce il presidente di Confindustria Orsini: “Siamo qui in Italia per restare”


TORINO – Botta e risposta Confindustria e Stellantis su contributi per acquistare le auto. “Non deve essere finanziato l'acquisto dell'auto, ma deve essere finanziato chi crede nell'industria e nell'industrializzare il Paese e soprattutto chi fa gli stabilimenti e fa produzione. Quindi fa crescita e assume persone”. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, torna sulla questione sussidi per comprare i veicoli. Dadi che non servono. E che il governo non li deve fare, attaccando in maniera diretta Stellantis e l'annuncio, Carlos Tavares. Meglio contributi per chi investe nel Paese secondo il numero uno di viale dell'Astronomia. La risposta del produttore italo-francese non tarda ad arrivare. Ed è altrettanto chiara e netta nei toni. “Per produrre auto o veicoli commerciali servono gli ordini. Come in tutti i settori, è la domanda a creare il mercato e non il contrario”, risponde Stellantis.

Il gruppo, che ha come primo azionista Exor che controlla anche Repubblicasostenendo che “va garantito il giusto contesto di competitività per accompagnare le aziende coinvolte nella transizione verso l'elettrificazione. Il vero problema della transizione all'elettrico, infatti, è l'accessibilità economica”. L'azienda ricorda l'investimento a lungo termine, 50 miliardi di euro, nel corso del decennio: una media di 2 miliardi di euro l'anno. Per Stellantis, l'Italia è l'unico Paese al mondo con due piattaforme di produzione (Stla Medium a Melfi e Stla Large a Cassino). Ma non solo. A Torino ha sede l'unico Centro tecnologico sulle batterie al mondo per i test sulle batterie e il capoluogo piemontese è anche sede del primo Polo dell’Economia Circolare. “Insomma – ribadisce l'azienda – stiamo investendo in Italia per restare. Tutto il resto sono opinioni, rispettabilissime ma non necessariamente vere“. Battuta che ricorda le fake news indicate e citate dall'ad Tavares.

Non è la prima volta che Orsini boccia gli incentivi per le auto. Già a Capri aveva detto che non servivano, il giorno dopo l'audizione di Tavares in Parlamento. Ora da Brindisi è tornato sulla questione. “Quello che mi dispiace è che invece di fare investimenti nel Paese vengono fatti investimenti in altri Paesi, magari scrivendo “letterine” ai nostri chiedendo di delocalizzare. Questo non lo possiamo più permettere. Perché noi abbiamo aiutato aziende a stare nel Paese”. Gli ultimi dati di vendita in Europa dell'Acea lo dimostrano però che nei Paesi dove ci sono incentivi, vedi Spagna e Gran Bretagna, la vendita di auto è cresciuta, compensando l perdite registrate negli altri Paesi del Vecchio Continente.

Il mercato più importante, quello della Germania, in settembre ha fatto registrare un calo del 7%. Non ci sono incentivi. Negli altri quattro mercati, che insieme alla Germania si aggiudicano il 70% delle immatricolazioni, il risultato peggiore lo ha fatto registrare la Francia (-11,1%), dove però c'è stato un boom di vendita di ibride, seguito dall' Italia (-10,7%), mentre in positivo chiuso hanno il Regno Unito (+1%) e la Spagna (+6,3%). In entrambi i casi grazie a consistenti sussidi per acquistare auto elettriche.

Cosa che il ministro delle Imprese Adolfo Urso Aveva promesso anche per l'Italia con un nuovo sistema di ecobonus per il 2025. Contributi che avrebbero dovuto interessare anche la catena di fornitura, riservandoli solo a quelle vetture che hanno una quota di sistemi prodotti dalle aziende della componentistica italiana ed europea. Dopo l'annuncio, però, non è successo nulla. E a poco meno di due mesi e mezzo dal 2025 non è chiaro qual sarà il futuro dell'ecobonus.

Stellantis, come ha spiegato Tavares in Parlamento, non vuole sussidi in generale sulle quattro ruote, ma incentivi che consentono ai consumatori di acquistare auto elettriche che, oggi, hanno un prezzo del 30-40% superiore alle auto tradizionali. E per il manager portoghese il 2035, anno in cui si aprirà l'era del full electric e in cui le auto nuove con motore termico verranno messe al bando in Europa, è una data difficile da spostare. Ormai le regole sono state fatte e le imprese hanno investito. Orsini, invece, vuole che l'Europa torni indietro e metta in discussione tutto il sistema. Tanto che chiede, come Urso, di anticipare la discussione dal 2026 al 2025.

Peccato che la neo commissaria Teresa Ribera, tratteggia i primi contorni della sua visione per il futuro del continente. Le politiche ambientali ed economiche dovranno andare “di pari passo”, ma un punto fermo c'è ed è lo stesso già scolpito nella legge: l'Ue del 2035 non immatricolerà più nuove auto e furgoni a diesel ea benzina. Peccato ch la vicepresidente esecutiva designata che nella prossima Commissione guiderà la svolta green, “dà prevedibilità a investitori e produttori” e rappresenta “un elemento chiave” del più ampio disegno europeo di raggiungere le emissioni zero entro il 2050.

Il tagliando del regolamento in vigore – è stata la sponda arrivata alla socialista anche dal nuovo commissario Ue per il Clima, Wopke Hoekstra – avverrà come previsto nel 2026. Una posizione dai toni già collegiali che raffredda l'offensiva guidata dall'Italia di revisione le norme già nel 2025 per tutelare l'automotive in crisi.



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