Economia Finanza

Libano, la strategia mordi e fuggi dell'Idf. Bombe e missili, poi il ritiro veloce




Fino a qualche mese fa era una delle città più popolate del Libano. Oggi Nabatieh è una città fantasma. Uno spettro non luogo. Un polveroso labirinto di macerie e rovine. L'antico mercato ottomano, bombardato una settimana fa dall'aviazione israeliana, non esiste più. Al suo posto una distesa di scheletri di cemento e mura carbonizzate avvolta dal tanfo dei rifiuti e da un lezzo di morte e decomposizione. Tutt'attorno un silenzio di tomba rotta dal rombo di aerei invisibili. E, dopo ogni rombo, il fragore di missili e bombe che continuano a bersagliare quanto resta di questa città senza più vita. Da qui a Tiro fino al confine israeliano e ai fronti di Khyam o Kfar Kila si combatte una guerra tanto spietata quanto surreale. Una guerra di cui è difficile cogliere le sorti ei risultati. Di certo i bombardamenti israeliani sono pesantissimi e colpiscono con precisione devastante tutte le infrastrutture di Hezbollah dalla periferia di sud di Beirut fino alla valle della Bekaa e al confine meridionale. Colpendo, però, anche obbiettivi tutt'altro che militari come l'albergo in cui la scorsa notte sono stati uccisi quattro fra cameraman e tecnici di Al Manar e di Al Mayadeen, due televisioni molto vicine al Partito di Dio.

Ma la vera domanda è se le centinaia di raid messi a segno contro depositi di armi e munizioni o, come pochi giorni fa, contro le centrali finanziarie di Hezbollah bastino ad annientare la capacità di resistenza di movimento sciita. Se si mettono a confronto l'intensità di quei raid aerei con l'effettiva avanzata dell'esercito israeliano sul territorio libanese qualche dubbio viene. A oggi le unità di Tsahal entrate dal confine meridionale si sono limitate a condurre operazioni di ricerca e distruzione in qualche villaggio distante pochi chilometri dalla frontiera come Kfar Kila ad est, Marun Ras nel settore centrale e nelle zone occidentali di Al Labouneh e Ramieh. A fronte di ciò non sembra però sussistere un reale controllo del territorio.

L'impressione, avvallata anche dal silenzio dei militari israeliani, è che Tsahal – per evitare morti e feriti – si concentra sulla distruzione dei depositi di armi e delle strutture sotterranee di Hezbollah per poi ritirarsi il più velocemente possibile oltre confine. Il rischio di perdite, anche rilevanti, non appena le unità israeliane si soffermano sul territorio nemico è abbastanza evidente. Solo giovedì notte le Forze di Difesa (Idf) hanno perso il vice comandante e quattro riservisti dell'Ottava brigata corazzata sorpresi dal fuoco di un razzo anticarro mentre attendevano la distribuzione di rifornimenti in un villaggio libanese. Hezbollah, almeno in queste zone, dimostra di mantenere notevoli capacità di movimento e di attacco. E proprio queste capacità impediscono all'esercito israeliano di stazionare a lungo nelle aree sottratte al Partito di Dio. E anche per quanto riguarda l'eliminazione dei missili la missione d'Israele sembra tutt'altro che conclusa. Martedì, dopo un intenso bombardamento della zona di Tiro, almeno otto missili sono partiti verso il confine israeliano.

E ieri pomeriggio una testata sfuggita alla contraerea ha colpito la città israeliana di Majd Al Krum uccidendo due persone. Un'ulteriore drammatica conferma di come i missili di Hezbollah siano ancora in grado di colpire e uccidere.



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