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Arriva l'endorsement dell'imam. “Con Donald la guerra finirà”. Ora il voto arabo spinge il tycoon




«Noi, come musulmani, stiamo con il presidente Trump perché promette la pace, promette la pace, non la guerra». Le parole pronunciate sabato sera dall'Imam Belal Alzuhairi in un comizio di Donald Trump a Novi, sobborgo di Detroit distante pochi chilometri da Dearborn, la prima città a maggioranza araba negli Stati Uniti, possono avere un impatto determinante sulle elezioni statunitensi. «Stiamo sostenendo Donald Trump perché ha promesso di porre fine alla guerra in Medio Oriente e in Ucraina», ha aggiunto Alzuhairi testimoniando il supporto della comunità araba per il candidato repubblicano in Michigan, uno degli swing states più contesi.

Il Michigan, insieme alla Pennsylvania e al Wisconsin, fa parte del cosiddetto «muro blu» che nel 2016 ha voltato le spalle ai democratici determinando la vittoria di Donald Trump che ha sconfitto Hillary Clinton per meno di 11.000 voti interrompendo una lunga serie di vittorie democratiche che andava avanti dal 1992. Quattro anni dopo Biden ha ribaltato la situazione ottenendo un margine di 154.000 ma ora lo scenario potrebbe di nuovo capovolgersi, in particolare per l'appoggio di gran parte della comunità musulmana a Trump. La guerra in Medio Oriente e la posizione dei democratici hanno generato un forte scontento nella comunità araba che vede in Trump l'unica soluzione per fermare il conflitto. Così, dopo il sostegno ottenuto da Amer Ghalib, sindaco musulmano di Hamtramck, l'endorsement dell'Imam Alzuhairi è un altro colpo di Trump per ottenere i voti di una delle principali comunità arabe degli Stati Uniti.

L'analista politico americano Paul Coyer ha preparato per il Giornale uno studio sull'impatto del voto delle minoranze nelle presidenziali: «I principali gruppi demografici tradizionalmente sostenitori dei Democratici, tra cui ispanici, neri, arabi e giovani, si stanno orientando sempre più verso Donald Trump, così come gli elettori indipendenti, per una serie di ragioni, tra cui la preoccupazione per l'aumento e l'economia, l'impatto dell'immigrazione clandestina incontrollata attraverso il confine meridionale degli Stati Uniti e quelle che sono considerate priorità politiche svegliò dei Democratici». In merito al voto della comunità araba Coyer sottolinea come «anche il voto arabo, un gruppo elettorale in crescita negli Stati Uniti, è un favore di Trump, secondo i dati più recenti dei sondaggi dell'Arab News Research and Studies Unit e di YouGov. Questo dato è particolarmente importante nello swing state del Michigan, che ha la più alta concentrazione di arabi negli Stati Uniti».

Ma c'è un'altra minoranza numericamente molto più consistente e presente in tutti gli Stati Uniti (in particolare negli stati del sud) che è quella ispanica: «tra gli ispanici si è verificata una tendenza analoga e ancora più marcata, guidata da una serie di domande, tra cui il disincanto nei confronti di quelle che vengono percepite come politiche svegliate, profondamente anti-familiari e anti-cristiane, al centro dell'agenda del Partito Democratico», a ciò si aggiunge il malessere per la gestione dell'immigrazione da parte del governo Biden.

Secondo Coyer le sorprese non finiscono qui e anche tra gli elettori neri il consenso di Trump è cresciuto come testimonianza un approfondimento di Al Jazeera «Black Voters are Backing Trump in Record Numbers», in tal senso «Gallup ha mostrato che questo numero è diminuito dal 77% nel 2020 al 66% all'inizio del 2024.

Tra i neri, in particolare, l'87% ha sostenuto Obama nel 2012, l'82% Hillary Clinton nel 2016, il 79% Joe Biden nel 2020 e quest'anno, secondo un sondaggio di ottobre del New York Times/Sienna, il 70% ha sostenuto Kamala Harris». Se a ciò si aggiunge l'appoggio dei cattolici a Trump, in un'elezione che si gioca sul filo del rasoio lo spostamento del voto delle minoranze potrebbe risultare determinante.



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