Jerry Cantrell – I Want Blood
Come in un gioco di luci e ombre, dove il classico divario cromatico tra il bianco e il nero conduce inevitabilmente alla contrapposizione tra il bene e il male, sacro e profano, all'interno del quale si dimena l'anima ultraterrena del maestro Cantrell che ritorna dal paradiso delle sonorità desertiche dell'ottimo “Illuminare” per trasformare le oscure note “insanguinate” di “I Want Blood” in qualcosa di tangibile e materiale sicché ne possiamo giovare tutti.
Non c'è nulla di cui sorprendersi, Jerry è semplicemente tornato alle origini della sua anima hard rock, con la sua voce ei suoi riff immediatamente riconoscibili, nella quale il caldo noir dell'affascinante predecessore del 2021 ha fatto da contraltare al suo alter ego anni NovantaS.
Accantonato dunque il caldo e gioviale viaggio tra i sentieri roccia del sud di “Brighten”, “I Want Blood” percorre autostrade oscure e pesanti pur rimanendo su sonorità roventi come il metallo sa generare, in un turbine di riff che avviluppano le nove tracce sfoggiate dal cinquantottenne di Tacoma.
Questo disco è un lavoro serio. È un figlio di puttana. È duro, senza dubbio, e completamente diverso da Brighten. Ed è quello che volevo, finire in un posto diverso. C'è sicurezza in questo album. Penso che ci siano i miei migliori testi e la mia migliore esecuzione, e certamente uno dei miei migliori cantatio.
Il quarto album solista di Cantrell si apre con una potentissima e ossessiva “Vilified” dove Jerry urla contro la diffusione dell'IA mentre nella successiva “Off the Rails”, il suono raggiunge picchi elevatissimi di metallo accompagnato dalla martellante batteria di Gil Sharone (Sonno di squadra, bambini rubati) e dal basso poderoso di Roberto Trujillo dei Metallica.
Ma le collaborazioni non terminano certo con i due citati pezzi da novanta. La traccia del titolopreceduta da una ipnotica e mesta “Afterglow”, vanta la presenza dell'amico Duff McKagan e di Mike Bordonbatterista dei Non più fedei quali arricchiscono la sezione ritmica con un portentoso scanalatura trascinante ed incalzante fino alle battute finali che si connettono alla straordinaria “Echoes of Laughter”, una ruvida ballata impreziosita dalla voce di Greg Puciato dei Piano di fuga di Dillinger e dai cori di Lola Colette nel perfetto e contagioso ritornello: “Ho corso tutta la notte per trovare una risposta, tu sei andata via/I canyon risuonano delle tue risate alla luce del giorno (“Ho corso tutta la notte per trovare una risposta, te ne sei andato/I canyon echeggiano della tua risata alla luce del giorno”).
Coprodotto da Joe Barresi (Strumento, Queens of the Stone Age, Melvins), “I Want Blood” è stato registrato presso lo studio JHOC dello stesso Barresi a Pasadena, in California e nel quale trovano il loro habitat nota naturale di fanghi metallici dalle deriva di rugoso blues rientrano in “Throw Me a Line” nonché di “classic” grunge in “Hold Your Tongue”, dove il coro sembra fatto apposta per l'inserimento dell'ugola del compianto Layne, “Mi sono divertito (Appeso e seccato)/Hai tenuto a freno la lingua (Giovane ci hai provato)/Mi sono divertito (Appeso e seccato)/Hai tenuto a freno la lingua”.
Gli anni novanta si mostrano anche nel destino della minacciosa “Let It Lie”, il cui muscoloso incedere porta alle sonorità di Alice in catene memoria, soprattutto nell'assolo del geniale asciafino a giungere a “It Comes”, ballata nostalgica, tenebrosa e funerea (“Sto andando lentamente alla deriva/Lasciami andare, è tutto finito/Dalla compagnia cenciosa/Ci abbiamo provato, è tempo di dire addio/Non vedo solo cicatrici/Note in una sinfonia, arriva”) nella quale le luci e ombre accennate in apertura si fondono per calare il sipario su questo album necessario, una fulgida testimonianza di come non si può fare a meno di Jerry Cantrell.