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Life is Strange: Double Exposure, la recensione. Il vero LiS 2 è qui, ma c’è da esserne contenti? La serializzazione di Max Caulfield, tra Final Fantasy VII e Marvel


Max Caulfield è tornato, ed è qui per restare. Ma a che prezzo? La nostra recensione di Life is Strange: Double Exposure vi spiega tutto…

Per certi versi, non mettiamo in discussione La vita è strana: doppia esposizione. Mettiamo in discussione l'efficacia nel 2024 di giochi dal piglio esclusivamente narrativo, in cui si cammina, peraltro lento pede, e si fa niente o poco più.

Negli ultimi giorni abbiamo rinunciato alla recensione di Neva proprio per questo, perché il titolo di Nomada Studio, pur evolvendo in maniera minimale la cifra del gameplay, sviluppava la sua macchina dei sentimenti sullo stesso codice di Gris, relegando la dimensione del gioco ad un semplice inciampo. E la cosa ha francamente stancato a livelli che non abbiamo più niente da dire al riguardo.

Con Life is Strange Double Exposure c'erano tutti gli ingredienti per il disastro, tant'è vero che avevamo deciso di fermarci e lasciare la recensione ad un collega dopo un episodio e mezzo. Poi, Deck Nine è stata brava a chiudere il secondo episodio con una svolta, un cliffhanger che sembrava presagire percorsi narrativi interessanti e inesplorati, e così abbiamo voluto continuare.

Arrivati ​​alla fine sentendoci quasi derubati delle circa dodici ore che abbiamo investito nel gioco (che ovviamente non ha evoluto il gameplay in alcun modo, anzi: la meccanica che gli dà il titolo se la tiene per l'ultimo episodio e basta), siamo quasi in obbligo di buttare giù qualche riga. Ma le attese costruite su quella svolta e su quel cliffhanger sono state inevitabilmente disattese.

Il capitolo della maturità —

Il punto più importante a favore di Double Exposure è narrativo. La Max Caulfield che vediamo in azione qui è enormemente più maturazione e scritta meglio rispetto al primo capitolo, che era molto infantile, e molto cringe, soprattutto per i canoni odierni. E il modo in cui il gioco gestisce i traumi ei postumi delle azioni che prendiamo è assai raffinato.

la vita è strana doppia esposizione

Beninteso, come leggerete, le scelte in realtà sono limitatissime e, quando ce ne sono, cambiano poco della sceneggiatura e del panorama circostante; ma il modo in cui i personaggi reagiscono, il fatto che hanno bisogno di tempo per assorbire quanto accaduto e non siano dei semplici interruttori on/off da attivare al passaggio del protagonista, è un qualcosa di raro nei giochi “choices important”, specie quelli un minuto tanto ridotto. Da questo punto di vista, è molto credibile.

In termini di scelte, c'è un punto in particolare di Life is Strange: Double Exposure in cui è parso evidente che Deck Nine ha voluto fare una cosa, e una cosa sola. Ed è abbastanza triste che oggi l'impatto del giocatore sia ridotto al lumicino per una pretesa autoriale che sotto Dontnod non c'era (relativamente) mai stata, in una serie nota per come ha diviso il suo fandom, e ancora oggi non abbia stabilito quale sia il canone tra addio a Chloe – che, per inciso, sta sempre lì alla finestra. E non è che narrativamente parlando di questo lo definiremo un prendersi le proprie responsabilità degli autori – e devastato totale di un'intera città.

I personaggi sono ben scritti, hanno una loro profondità, un prima e dopo il nostro passaggio. Tuttavia, la premessa di base è abbastanza debole, compreso che ci sia già un legame tanto stretto tra Max e la Chloe di turno (che, stavolta, non si limita a subito le decisioni di Max ma è complice, se non artefice diretta, della “tempesta” di turno – e questo è francamente l'unico cambiamento rispetto all'originale Life is Strange, di cui Double Exposure è copia carbone quasi pedissequa nel modo in cui si lascia la porta aperta per un prequel basato su Maya-Rachel ). Max è arrivato da pochissimo in città ed è già migliore amica, ha già qualcuno per cui dovrebbe avere un dubbio esistenziale? E, senza il vincolo degli spoiler, sarebbe da porre in dubbio puro perché questa migliore amica perché fa quello che fa, dipanando la trama nei capitoli finali. La fiacchezza del tutto ci ha ricordato Aiden Pearce di Watch Dogs, che mette il mondo sottosopra per la… nipote. Un po' poco.

Tempi che cambiano —

Qui la cosa è acuita ulteriormente dal modello di distribuzione del gioco: il primo Life is Strange ha avuto il tempo di crescerci addosso e diventare iconico grazie al ritmo cadenzato con cui i suoi episodi venivano lanciati ogni tot. Avere tutto a disposizione subito, in una sorta di non sanissimo binge gaming, rende il minutaggio già contenuto ancora più limitato quando si tratta di sviluppare un legame, cominciando ad importarsene di chi abbiamo davanti nel gioco. Tant'è vero che, salvo eccezioni secolari, non ce n'è fregato mai davvero di deludere qualcuno o conquistarlo. I dispositivi narrativi che si innescano dall'inizio alla fine risentono di questa mancanza di legame, con una sorta di discrasia tra te che non li hai a cuore e il tuo personaggio che invece sente il bisogno di parlarci a fondo per non ferirli – uno dei tanti casi in cui, causa fiacchezza del gameplay, abbiamo avvertito la necessità di prendere il nostro smartphone e scorrere Facebook (lo sappiamo: boomer) per passare il tempo.

la vita è strana doppia esposizione

Nel suo seguito essere e talvolta persino remake, Doppia esposizione sembra però mancare un po' il punto. Deck Nine ha voluto innegabilmente trovare la sua identità, e ne ha tutto il diritto. Ma quello che ha reso Life is Strange tanto seminale è stata la sua capacità di raccontare storie di tutti i giorni, pezzi di vita normale di teenager con le loro ansie e le loro paure, filtrandole attraverso la lente del fantastico. Erano le storie di tutti i giorni, lo slice of life o il coming of age, al centro dell'attenzione – non il fantastico, per giunta spinto a deriva marvelliane di cui, sempre nel 2024, non sentiamo minimamente il bisogno. L'impressione è che quest'ultimo abbia dovuto prendere il sopravvento per mandare avanti il ​​carrozzone di Life is Strange, cosa che fa, ma spingendolo verso qualcosa che non era realmente e che è lontano da quanto ha spazzato via il landscape videoludico nel 2015. Che poi: il ritorno di Max Caulfield. Ma era veramente necessario?

E anche in un contesto di non necessità: Max è un personaggio che è cresciuto e lo apprezziamo, ma sarebbe stato bello vedere una crescita che portasse ad altri ambiti. Vicende umane, psicologia, una fascia d'età di cui la società ha memoria solo quando le conviene, prevalentemente quando le deve scaricare addosso qualche colpa. E vedendo quanto brillantemente LiS DE gestisce i traumi, il “dopo”, sa ancora di più di occasione sprecata. La buttiamo lì: Max che, diventata professoressa o quasi, aiuta i suoi studenti a superare quello che lei stessa (noi stessi) aveva superato nel primo Life is Strange. Non che questo tema manchi del tutto in doppia esposizione, ma è inevitabilmente laterale, se non parallelo, rispetto alla narrazione principale. Probabilmente, questa è pura colpa di una storia che ha tantissima carne a cuocere, e non dà mai l'impressione di scegliere un filone e perseguirlo da cima a fondo, ricordandosi giusto alla fine che Max è tornata, che Max è cambiata, e che non commetterà più gli errori del passato (che vogliate o no).

La vita è strana: doppia esposizione, il verdetto —

Life is Strange: Double Exposure è uno strano miscuglio. Fa spesso fatica a giustificare la sua esistenza e, quando lo fa, porta la serie in direzioni bizzarre. È l'inizio di un nuovo franchise, quello di Life is Strange 1, alla stregua in cui Square Enix ha riso Final Fantasy VII un mondo standalone rispetto al corpo della saga mainline; una serializzazione di Max Caulfield che, se in misura minore lo aveva già fatto tra prequel e fumetti, tradisce le ragioni stesse del successo di quel racconto.

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Evolve i personaggi ma non la storia, che risulta anzi ancora più immatura e forzata. Sfuggente dal controllo del giocatore: non abbiamo sentito il bisogno di dire la nostra ma, se pure avessimo voluto, non avremmo potuto praticamente mai. Per una cosa buona che fa, e diamo atto a Deck Nine che era sì doveroso ma nient'affatto facile, ne sbaglia tante altre… e temiamo che per queste non ci potrà essere rimedio in futuro. Nemmeno ad avere il rewind di Max.



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