L’indie-rock italiano anni ’90 in 50 nomi
Di recente, sulla nostra pagina Facebook si è innescata con i lettori un’interessante discussione sui migliori esponenti della scena rock alternativa italiana degli anni ’90.
Il tutto partiva in origine da un articolo che dedicammo al fenomeno, in cui indicammo 10 nomi di area indie assolutamente da ricordare, che ne seguiva un altro dedicato invece ai big del genere, o meglio, a coloro che erano riusciti ad arrivare a un pubblico più ampio.
In quelle due TOP i nomi inclusi erano i seguenti: Frankie Hi-Nrg Mc, Prozac+, Timoria, Subsonica, Bluvertigo, Carmen Consoli, Gianluca Grignani, Verdena, Marlene Kuntz, Afterhours, C.S.I., Divine, Disciplinatha, Estra, Zerozen, Wolfango, Virginiana Miller, Mao, Ritmo Tribale, Soon, 24 Grana, Massimo Volume e Scisma.
La natura di pezzi simili porta sempre a determinate scelte ed altrettante rinunce, ed essendo così vasta la materia cui attingere, considerato il periodo assai prodigo di uscite discografiche di rilievo (a tal proposito, ci piace farvi recuperare anche questo ulteriore articolo dedicato alle tante espressioni artistiche emerse in seno al Consorzio Produttori Indipendenti, fra i tanti anche Afa, Yo Yo Mundi, Santo Niente, Marco Parente, Santa Sangre, Estasia, Andrea Chimenti, Mira Spinosa, Ulan Bator, Il Grande Omi, Ci S’ha, Antennah) abbiamo deciso di stilare un altro listone, comprendente addirittura 50 nomi.
Alcuni di questi sono certamente notissimi ma lo stesso li troverete messi in fila assieme ad altri che magari sono stati, in alcuni casi, ingiustamente dimenticati, e che ritenevamo giusto a maggior ragione ripescare per l’occasione.
Nel farlo è stato esercizio prezioso andare a raccogliere alcune segnalazioni dei nostri attenti ed esperti lettori, che con tanta passione hanno animato quella discussione online.
Ecco quindi di seguito una nuova carrellata di artisti e gruppi italiani degli anni ’90 che ci sono rimasti nel cuore (e che, come avrete capito, non erano ovviamente già presenti nelle 2 precedenti TOP 10 già citate, mentre un pugno di nomi era già presente in quella dedicata al C.P.I.), consapevoli che qualcun altro di meritevole giocoforza sia stato escluso.
LA CRUS
Gruppo milanese i cui componenti provenivano da esperienze seminali rilevanti (Mauro Ermanno Giovanardi dai Carnival of Fools e Cesare Malfatti dai Weimar Gesang, completava il primo nucleo Alessandro Cremonesi, elemento tanto occulto quanto fondamentale), i La Crus fecero subito parlare di sé per la grande qualità della loro proposta, dove la canzone d’autore veniva rivestita di suoni modernissimi, memore della lezione del trip hop di stampo bristoliano. Ne è un fulgido esempio “Un giorno in più (insieme a te)” tratto dal terzo disco, pubblicato nel 1999, “Dietro la curva del cuore”.
MAU MAU
Nella loro prima incarnazione si chiamavano Loschi Dezi, già molto apprezzati nel torinese, ma è come Mau Mau che Luca Morino e compagni riuscirono a colpire l’immaginario collettivo con una proposta assai contaminata, multicolore, dove melodia e ritmo la facevano da padroni, non offuscando comunque i contenuti narrativi. Un disco come “Eldorado” da cui traiamo l’evocativa traccia eponoma è ben rappresentativo del loro interessantissimo percorso.
TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI
Davide Toffolo, noto fumettista, era attivo sin dal decennio precedente, in quanto parte del Great Complotto, una delle emanazioni più genuine del primo punk italiano, ma è con i Tre Allegri Ragazzi Morti che va a ridefinire la sua poetica, innestando tematiche per lo più adolescenziali (almeno in una prima fase) in una vivacissima miscela pop-punk. Le loro maschere a forma di teschio sono divenute presto un must della musica alternativa italiana e un brano come “Mai come voi” un piccolo inno di ribellione giovanile (e non solo).
CASINO ROYALE
Il loro debutto discografico risale al 1988 ma è negli anni novanta che i milanesi Casino Royale diventano un fenomeno assolutamente da seguire nella loro rapida evoluzione da gruppo dedito a un convincente ska (presente fino a “Dainamaita”, del 1993) a icona trip hop nel favoloso “CRX” del 1997, passando per un fondamentale lavoro di transizione come “Sempre più vicini” del 1995. Funziona perfettamente la formula a due voci (quelle di Alioscia Bisceglia e Giuliano Palma) ma a colpire è proprio l’irresistibile sound che propongono, resistente alla prova del tempo.
MODENA CITY RAMBLERS
I Modena City Ramblers degli anni novanta sono un ensemble ispiratissimo, dedito a veicolare messaggi di natura sociale e politica, senza tralasciare la vena poetica che emerge specialmente in magnifiche ballate come “In un giorno di pioggia”, “Ninnananna” o “Canzone dalla fine del mondo”. Musicalmente si affidano a un forte retaggio irlandese ma presto codificano essi stessi un genere: il combat-folk, mostrando affinità con un gruppo saliente come i Gang. Tuttora attivissimi, dopo vari cambi di formazione, mantengono un grande seguito, grazie a un naturale ricambio generazionale.
NEGRITA
In mezzo a tanti gruppi italiani coevi che cercavano di attualizzare il rock tenendo conto di quanto stava accadendo altrove, specie Oltreoceano con l’esplosione del grunge, i toscani Negrita (con base ad Arezzo) si muovevano abilmente tra i solchi di una musica più sanguigna, permeata di blues. Lo stesso nome è un omaggio ai padri putativi Rolling Stones. Il successo è graduale ma infine copioso e giunto intatto ai giorni nostri. Nel mentre sono molto maturati sia nel linguaggio narrativo che strettamente musicale, divenendo sinonimo di qualità e coerenza.
ÜSTMAMÒ
Dalle montagne reggiane alle cime della classifica, seppur per un lasso di tempo breve. Guidati dalla magnifica voce di Mara Redeghieri, gli Üstmamò paiono da subito molto originali nella loro fusione tra antico e moderno, folk ed elettronica, innovativi e sempre credibili.
UZEDA
Il gruppo catanese è un’istituzione dell’indie-rock italiano, nonché uno dei pochi in grado realmente di catturare l’interesse della stampa internazionale, grazie a una storica partecipazione nel programma di John Peel, alla lunga collaborazione con il grande Steve Albini e la firma con l’indie-label statunitense Touch and Go. Le loro canzoni sono di grande impatto, imparentate col migliore noise rock di quegli anni.
TIROMANCINO
Ormai percepiti come gruppo pienamente inserito nel mainstream, i romani Tiromancino hanno in realtà vissuto molte vite artistiche, percorrendo una solida e a conti fatti fruttuosa gavetta. La svolta è arrivata all’altezza dell’incontro con il geniale Riccardo Sinigallia ma la band capitanata dal valido Federico Zampaglione ha sempre denotato una grande personalità musicale, ricacciando le facili definizioni, specie in album schizofrenici come “Alone alieno” e “Rosa spinto”, rispettivamente del 1995 e del 1997, fino al boom de “La descrizione di un attimo”, clamoroso disco pubblicato agli albori del nuovo millennio.
99 POSSE
Il fenomeno delle posse ha attraversato per un fertile periodo tutto lo Stivale, soffermandosi tuttavia in certe aree geografiche, come nel mirabile esempio dei 99 Posse, costituitisi a Napoli nel 1991 come emanazione diretta del Centro Sociale Officina 99. Musica e parole senza alcun compromesso nel denunciare le storture del capitalismo (due esempi su tutti: “Rigurgito antifascista” e “Curre curre guagliò”, quest’ultima canzone inserita nel film “Sud” di Gabriele Salvatores). un gruppo per definizione “contro” quello formato da Luca “ ‘O Zulù” Persico, Marco Messina e Massimo Iovine, ai quali nei momenti migliori si erano uniti Meg e Sacha Ricci.
LACUNA COIL
Tra i gruppi italiani più conosciuti all’estero, capaci di scalare perfino la classifica di Billboard ai tempi di “Karmacode” (in pieni anni duemila), i Lacuna Coil della fascinosa Cristina Scabbia rappresentano la migliore espressione dell’heavy metal nostrano, non sfigurando di certo al cospetto dei numeri uno del genere. Attivi sin dagli anni ’90, ottengono i primi considerevoli riscontri di pubblico con “In a Reverie” del 1999, che pur muovendosi in quell’ambito inizia a mostrare segni di un passaggio verso una musica più misteriosa e cupa (ma anche forse più accessibile) dove trovano spazio elementi gotici ed elettronici.
AFRICA UNITE
La quota reggae-dub italiana (più che dagli istrionici Pitura Freska o dai radicali Reggae National Tickets della futura star Alborosie) è rappresentata dagli Africa Unite, una band molto longeva, essendosi formata agli inizi degli anni ’80 (dei membri originari al giorno d’oggi sono rimasti solo i mitici Bunna e Madaski). Il segreto della loro attività, che continua a mietere dischi sempre interessanti e ispirati, è da trovarsi in una mai sopita voglia di mantenere contemporaneo questo mondo musicale, non rinunciando quindi alla sperimentazione. Il loro nome è da tempo una garanzia.
CRISTINA DONÀ
Gli anni ’90 italiani si sono caratterizzati anche per la forte presenza femminile sul palco, di musiciste capaci di proporre un linguaggio rock assolutamente personale, coniugando classe, talento e soprattutto contenuti. Tra queste, una che forse ha sempre goduto più del favore della critica che non del pubblico (almeno in termini di grandi numeri, chè di appassionati fan invero ne conta molti da sempre) è Cristina Donà, autrice di album memorabili come “Tregua” (1997) e “Nido” (1999) che inaugurano la sua carriera come meglio non si potrebbe, mettendone in luce il grande talento di cantautrice.
KARMA
Sembrava davvero non dovesse finire così la carriera dei Karma, che nel 1996 dopo aver pubblicato due ottimi album di rock psichedelico con chiari legami con il grunge a stelle e strisce, sparirono letteralmente dalle scene. Si è dovuto attendere molto ma alla fine quel senso di incompiutezza è stato spazzato via dal convincente “K3″, pubblicato un anno fa e subito considerato tra i migliori del 2023. La band, guidata da David Moretti, non ha perso lo smalto dei giorni migliori, ribadendo le peculiarità dense di fascino oscuro presenti sin dall’omonimo disco d’esordio datato 1994.
SANGUE MISTO
È vero, l’argomento rap è piuttosto periferico sulle nostre pagine ma se si parla di musica italiana anni ’90 non si può proprio prescindere da un album come “SxM”, in cui Neffa, Deda e DJ Gruff condensarono immagini e storie, utilizzando un proprio slang riconoscibile. Lo fecero prendendo il meglio dalla scena hip hop del periodo, rimanendo però aderenti alla realtà che vivevano tutti i giorni. Erano anni di grande fermento, con il rap che cercava una via alternativa ma più vera per esplodere anche da noi, dopo le prime seminali (e fondamentali) esperienze di altri collettivi come l’Isola Posse All Stars e l’Onda Rossa Posse. I Sangue Misto però rappresentavano il top.
BANDABARDÒ
È difficile scrivere dell’epopea della Bandabardò senza farsi attraversare da un velo di tristezza per la scomparsa del suo leader, Erriquez Greppi, avvenuta nel 2021. Negli anni ’90 avevano creato un linguaggio assai personale, muovendosi in conosciuti territori folk al confine però con la musica d’autore. Merito della straordinaria penna di Greppi e della versatilità compositiva che veniva pienamente espressa grazie al talento del chitarrista Finaz e gli altri della banda. Lontani da inni o slogan, nonostante alcune perle siano ormai ben scolpite nella memoria.
ALMAMEGRETTA
Formatisi a Napoli sul finire degli anni ’80, trovano una formazione stabile con l’ingresso di Raiz (Gennaro Della Volpe), spostandosi musicalmente verso ambiti vicini al reggae e abbracciando via via il dub e l’elettronica specie dopo l’incontro con il compianto Stefano Facchielli (in arte D.RaD. Quella degli Almamegretta è musica che guarda all’unione di culture diverse, eppure il legame con la propria terra è ben radicato, anche grazie al sapiente utilizzo del dialetto napoletano. Album come “Animamigrante” (premiato esordio) e “Sanacore” raccolgono consensi aprendo la strada al capolavoro “Lingo”, album di caratura internazionale.
YO YO MUNDI
Gruppo folk rock originario di Acqui Terme (AL), da sempre con tensioni artistiche più ampie che comprendevano ambiti quali il teatro, il cinema e la letteratura, in tanti anni di esperienza (a partire dallo storico “La diserzione degli animali del circo”, del 1994) gli Yo Yo Mundi hanno sempre proposto lavori di gran qualità. Guidati dal carismatico leader Paolo Enrico Archetti Maestri puntano ancora oggi sulla forza dei contenuti, con una matrice musicale mai comunque in secondo piano,
MOLTHENI
Umberto Maria Giardini è anima curiosa e inquieta, che colpisce subito al cuore gli ascoltatori quando a nome Moltheni irrompe sulle scene con i primi singoli, di grande impatto emotivo (“In centro all’orgoglio” e “Il circuito affascinante”) poi raccolti nel debut-album “Natura in Replay”, pubblicato nel 1999. Ne attraverserà da allora di vite artistiche, fino ad arrivare ai giorni nostri nella quale la sua dimensione di cantautore ha raggiunto vette qualitative altissime.
PUNKREAS
Il lato più spontaneo, genuino e irriverente del punk italiano degli anni ’90 è rappresentato dai Punkreas, i quali, in perfetta modalità do it yourself, esordirono agli albori del decennio catturando grande interesse e attenzione da parte di un pubblico che, anche grazie al passaparola, accorre sempre più numeroso ai loro primi, infuocati, concerti. D’altronde Cippo, Flaco, Paletta e compagni sul palco sono coinvolgenti e trascinanti, e toccano temi di grande presa specie per i giovanissimi.
SUPER B
Durarono un soffio, eppure lasciarono il segno con la riuscitissima cover di “Amore disperato” di Nada (che da poco stava avviando la sua rinascita artistica, trovando in fondo non poche affinità con il mondo sonoro degli anni ’90 qui trattato). Il rischio che l’avventura musicale dei Super B potesse limitarsi a una one hit wonder c’era tutto, ma ascoltando i loro due unici album pubblicati (l’omonimo del 1998 e “Record” del 2000) non possiamo che riscontrare un certo gusto negli arrangiamenti e la freschezza pop della loro offerta musicale, la stessa che di lì a poco avrebbe fatto la fortuna di gruppi come i Velvet.
INTERNO 17
Band fiorentina in orbita I.R.A. Records che vive il suo momento di gloria, purtroppo effimero, nella seconda metà degli anni ’90. La proposta degli Interno 17 sposa rock classico e contemporaneo, con un linguaggio fresco e incisivo: caso emblematico è l’affascinante singolo “Liquido”, che ebbe buona visibilità nel 1998. Dopo una lunga pausa, sono tornati attivi discograficamente nel 2009 con una rinnovata formazione.
DELTA V
Flavio Ferri e Carlo Bertotti formarono i Delta V a metà del decennio, con l’idea di sviluppare un progetto che, pur mantenendo una matrice alternativa (nella ricerca musicale così come nel lavoro certosino di produzione) avesse dei chiari connotati pop. Ci riuscirono alla grande, avvalendosi nel corso della loro ricca carriera di diverse voci femminili, tutte bellissime e assolutamente funzionali all’idea originaria del gruppo. Rivisitare grandi classici (come “Se telefonando” o “Un’estate fa”, cantate rispettivamente da Francesca Touré e Gi Kalweit) in chiave elettropop fu una felicissima intuizione ma anche con brani autografi come “Sul filo” e “Il primo giorno del mondo” (interpretate dalla bella e brava Lu Heredia) i Delta V confermarono il valore di una proposta innovativa.
FLOR DE MAL
Gruppo catanese, capitanato dal cantante e chitarrista Marcello Cunsolo, i Flor de Mal finirono presto sotto l’ala del produttore Francesco Virlinzi, pubblicando i primi tre album con la sua Cyclope Records, abbreviando il proprio nome in Flor all’altezza del bellissimo “Aria”, pubblicato nel 1995. Un’esperienza intensa segnata dall’amicizia con i R.E.M., con i quali condivisero molti palchi in giro per il mondo, e dall’affetto e calore di un pubblico stregato dalle loro canzoni dove l’apparato melodico emergeva sempre in mezzo a strutture anche complesse.
QUINTORIGO
Quando nel 1999 i Quintorigo si palesarono al Festival di Sanremo nella sezione Nuove Proposte, spiazzarono davvero tutti con una canzone come “Rospo”. Non potevano d’altronde passare inosservati, perché sentire su quel palco un gruppo mettere insieme musica classica, jazz e rock sembrava davvero utopistico. Ci riuscirono grazie a un talento smisurato e alla voce inconfondibile di John De Leo, una delle migliori di sempre in ambito italiano, con i suoi richiami a Demetrio Stratos.
SANTO NIENTE
Umberto Palazzo è di fatto un big della scena anni novanta, anche se forse alla guida dei Santo Niente, sua emanazione diretta dopo la dipartita dai Massimo Volume (dove fu tra i fondatori), non ha mai ottenuto il successo che meritava. Rimangono tuttora album assai interessanti i due pubblicati nel decennio preso in esame, puro rock senza compromessi, tra noise e feroce psichedelia, accompagnati da testi a tratti visionari. Personaggio multiforme, in anni recenti ha imboccato una convincente strada cantautorale, con deliziosi album caratterizzati da una forte impronta pop.
PITCH
Fu estremamente accattivante la proposta artistica dei Pitch, nome che ai tempi dell’esordio con “Bambina atomica” (prodotto da un certo Manuel Agnelli) inseriva la P tra parentesi. I loro anni novanta sono esemplificati in due album ravvicinati, nel ’97 e nel ’99, in cui un rock abrasivo e a tratti violento veniva mitigato dal bel canto della leader Alessandra Gismondi (autrice in quel periodo pure di “Lasciami leccare l’adrenalina” degli Afterhours), un’ artista che nella dimensione live sapeva catturare l’attenzione col suo indubbio magnetismo.
SAUTIVA
Di fatto sono i Dhamm, gruppo vicino a certo hair metal melodico che ottenne successo al Festival di Sanremo, i quali cercarono già una svolta rock con il sottovalutato “Disorient Express” (1997). Delusi dagli scarsi riscontri di un album in cui credevano molto, cambiano ragione sociale in Sautiva continuando in una direzione più “alternativa”. La bella voce di Alessio Ventura (poi attivo anche con i DB Boulevard) e la chitarra di Dario Benedetti sono ancora protagoniste in canzoni ispirate come “Vertigini”
MADREBLU
Autori di un’elegante commistione di trip hop e rock in un apparato chiaramente pop, i Madreblu ottennero buona eco grazie soprattutto a un irresistibile singolo come “Gli angeli”, che entrò nei principali airplay radiofonici. L’espressiva voce di Raffaella Destefano caratterizza al meglio una proposta fresca e al contempo assolutamente ricercata nei suoni di Gino Marcelli.
OTTO OHM
Ensemble romano tuttora in attività e che a mio avviso avrebbe tutto per essere riconosciuto al pari di esponenti della miglior musica d’autore (grazie alle innegabili doti del leader Andrea “Bove” Leuzzi), ha avuto il suo momento di massimo splendore all’altezza dei due album pubblicati nella prima metà degli anni zero. Un brano come “Crepuscolaria”, pubblicato nel 2000, rimane un piccolo classico, con i suoi rimandi a un reggae solare ma al tempo stesso malinconico, tratto saliente della poetica del gruppo.
SUSHI
Il gruppo torinese formata dai fratelli Ale e Otti Bavo (completavano l’organico Paolo Menegotto e Ciuski Barberis), ha all’attivo solo due album (“Un leggerissimo disturbo da panico” e “Un mondo terribilmente volgare”) prima dello scioglimento e di confluire in altri progetti condivisi, ma entrambi rimarchevoli per la loro volontà di fondere la musica elettronica – in tutte le sue salse, da quella più ballabile a quella più oscura e riflessiva – con il pop.
MEGANOIDI
La parabola artistica dei genovesi Meganoidi vive il suo apice a partire dal nuovo millennio, mandando ai posteri un classico indie come “Zeta Reticoli” nel 2003, ma la base del gruppo si forma nella seconda metà degli anni ’90, dapprima dedito a proporre del solido punk ma presto capace di virare positivamente verso sonorità ska. Una sintesi perfetta che trova sbocco nello storico Ep “Supereroi vs Municipale”, del 1998.
LUCIFERME
Potevano apparire fuori tempo massimo i fiorentini Luciferme quando emersero ai tempi del loro album di debutto, datato 1996. Scoperti da Gianni Maroccolo, proponevano infatti una musica memore della lezione della miglior new wave italiana, con un frontman carismatico come Francesco Pisaneschi che sapeva infondere classe a ogni pezzo. Approdarono anche a Sanremo fra le Nuove Proposte nel 1998, onorando alla grande la kermesse con l’evocativa “Il soffio”.
AGRICANTUS
A detta di molti si tratta della miglior band di world music partorita alle nostre latitudini. Sono passati decenni da quando il primo nucleo degli Agricantus si formò in terra siciliana e solo dopo svariate esperienze e anni di studi e ricerche, i tempi sono diventati maturi per delineare una propria formula, originale e comunque aperta a ulteriori contaminazioni. L’ingresso al canto della bravissima artista svizzera Rosie Wiederkehr ha contribuito poi a rendere ancora più evocativi brani dove l’incontro musicale tra tradizione del sud e sapori etnici dà origine a qualcosa di intrigante e magnetico.
LA SINTESI
Band milanese fondata all’inizio degli anni ’90 quando i suoi componenti erano ancora giovani studenti, arrivano relativamente presto al successo, grazie anche all’interessamento e all’amicizia con Morgan dei Bluvertigo che trova in loro, e nel leader Lele Battista in particolare, una certa affinità intellettiva. Autori di un sofisticato quanto piacevole pop-rock (un po’ stile anni ’80) si fanno notare tra le Nuove Proposte di Sanremo nel 2002, prima di un inatteso quanto prematuro stop discografico. È del 2024 infine la notizia, inattesa e bellissima, della loro reunion.
CESARE BASILE
Uno dei più interessanti cantautori italiani in assoluto, con alle spalle una solida carriera (in gruppi come i Candida Lilith e i Quartered Shadows) e davanti a sé una strada ancora tutta da percorrere, sempre all’insegna della curiosità e della qualità. Non è mai banale Cesare Basile, prova ne sia il suo ultimo clamoroso album “Saracena”, pieno di storie e suggestioni, con un utilizzo del dialetto siciliano ormai preminente e assai funzionale.
LAGHISECCHI
Dietro la patina pop di un esordio come “Radical Kitsch”, nel 1998, si nascondeva molto di più, perché i Laghisecchi, band guidata dal talentuoso Michele Bitossi (poi attivo con i Numero6 e in veste solista), sia a livello musicale che narrativo sapevano osare, richiamando un immaginario lo-fi e indie (che stava emergendo negli USA con nomi come Beck e Pavement) adattandolo però magistralmente in chiave nostrana, senza tralasciare una forte componente intimista. Sono solo due gli album usciti con questa sigla ma entrambi traboccanti di idee e creatività.
ESTASIA
Quanto erano affascinanti gli estAsia di Romina Salvadori! Una voce indimenticabile la sua, onirica e suadente, si incastrava a meraviglia in un tessuto sonoro ondeggiante tra world music ed elettronica, conferendo al tutto un indubbio fascino. Un classico esempio della loro proposta musicale, che purtroppo di fatto si è fermata a un solo titolo (“Stasi”, pubblicato da I Dischi del Mulo nel 1998), è dato dalla splendida ed eterea “Solidea”.
C.O.D.
La band trentina, nota pure con la curiosa dicitura c|o|d emerse sin dagli anni appena successivi alla loro fondazione, avvenuta nel 1993 su impulso di Emanuele Lapiana. Ciò avvenne grazie a un’avvincente miscela musicale che conteneva al suo interno dosi massicce di rock alternativo, declinato però in maniera originale per la gran varietà di arrangiamenti presenti tra le pieghe di canzoni ispiratissime. Lo zenit della prima produzione si trova all’altezza del notevole “La velocità della luce”, uscito per la Virgin, ma proprio da qui sorsero grossi problemi che per un po’ congelarono di fatto la sigla della band.
BLINDOSBARRA
Artefici di una musica ricca e variegata, nelle sue chiare influenze funky e soul, i genovesi Blindosbarra affrontarono spesso temi sociali nei loro dischi, arrivando a definire un proprio linguaggio assolutamente riconoscibile, anche quando si mischiarono alle atmosfere di stampo bristoliano. Accadde principalmente nel riuscito secondo album, “La memoria” (1996) prodotto da quel Ben Young già attivo al fianco di grossi nomi della scena trip hop come Tricky, Massive Attack e Portishead.
LINEA 77
Gruppo torinese dedito a un rock piuttosto pesante, i Linea 77 guardavano Oltreoceano ispirandosi all’esperienza di nomi quali i Rage Against the Machine, tra i primi a mietere grossi consensi con la loro fusione di elementi metal e rap. Stessa cosa in pratica fecero loro in Terra nostrana, proponendo un convincente nu-metal con in più due validissimi (e riconoscibili) cantanti. Il primo album esce nel 1998 destando interesse, ma è nel nuovo millennio (e soprattutto grazie al decisivo passaggio alla lingua italiana) che i Nostri andranno incontro a un buon successo di pubblico.
ROSSOMALTESE
Quando scopri di avere in organico due talenti assoluti come Luca Gemma e Gino De Crescenzo (poi noto come Pacifico) puoi permetterti di osare in fase di scrittura e composizione, facendo confluire all’interno delle canzoni tante istanze date dalle sensibilità intellettuali di ognuno. I Rossomaltese non sono mai stati “facili” all’ascolto ma addentrandosi in dischi come “Mosche libere” (1996) era facile, quasi scontato, venirne rapiti.
ELETTROJOYCE
Il gruppo romano, formatisi nel 1993 sotto la guida di Filippo Gatti (in seguito valente cantautore, tra i migliori della sua generazione) si fece apprezzare per una forte componente autoriale delle sue canzoni, rivestite a livello musicale con un rock incisivo e sfaccettato. Intercettati dalla Sony, danno seguito all’interessante esordio con altri due dischi che ne confermano l’assoluta bontà della loro proposta, ben sintetizzata da singoli di culto come “Licenziare” e “L’evoluzione dei pesci”.
DANIELE GROFF
Per un periodo, nemmeno breve in verità, a cavallo tra i due millenni, il nome di Daniele Groff sembrava prontissimo a spiccare il volo nel panorama mainstream, forte del gran successo dei suoi primi singoli (l’indimenticabile “Daisy” su tutti, ma pure “Adesso”, con cui fece un figurone tra le Nuove Proposte di Sanremo nel 1999) e di una poetica frizzante e originale, nella quale erano evidenti le parentele con il britpop degli Oasis (ma non solo). Non tutto andò come previsto, e stride che forse proprio il suo album più compiuto (“Mi accordo”, del 2004) non abbia ottenuto il successo auspicato, destinato infine ad essere l’ultimo suo lavoro pubblicato sulla lunga distanza. Negli anni la sua produzione si è molto diradata ma non ci si è certo dimenticati del suo talento e della sua innata capacità di scrivere belle melodie.
AFA
Degli AFA (Acid Folk Alleanza) di Fabrizio Tavernelli avevo già scritto in un articolo celebrativo sul Consorzio Produttori Indipendenti, ma mi sembra giusto riproporli anche in questa lista, perché in quattro album (pubblicati tra il 1993 e il 1999) attraversarono davvero il decennio intercettando nuove forme musicali, a partire da quella primigenia (all’insegna di un sentito folk rock), che potessero assecondare al meglio l’inesauribile vena creativa del suo autore principe. In particolare un episodio come “Nomade psichico” appare oggi come allora un mirabile esempio di disco senza tempo, straordinariamente avanti per sonorità e tematiche.
RADIOFIERA
Gruppo veneto (di Treviso) emerso negli anni ’90 e presto intercettato da una major come la Sony, i Radiofiera si distinguevano dai numerosi epigoni di area folk che in quel decennio stavano facendo parlare di sé. Era perfetta infatti la congiunzione tra folk (a livello di immaginario soprattutto) e rock nell’attitudine e nell’urgenza, a delineare infine una proposta di rara intensità. Poi anche loro col tempo avrebbero abbracciato sempre più il dialetto locale, e questo andava in fondo oltremodo a connotare di autenticità la loro poetica già strettamente indirizzata alle piccole, grandi, cose della vita quotidiana.
FRANCESCA LAGO
Francesca Lago, fascinosa cantautrice rock, offre un lascito che potrebbe sembrare irrilevante per la musica italiana del decennio preso in esame, visto che consta di un solo album pubblicato nel 1997 prima di una lunga pausa. In realtà però “Mosca bianca” è un lavoro assolutamente degno di nota, che metteva in luce il talento e la versatilità del’autrice, pienamente a suo agio in un esordio dove canzoni, nate in maniera semplice chitarra e voce, videro poi un ampio lavoro in fase di produzione che ne mise ancora di più in risalto i pregi. Il risultato infatti fu un rock schietto nelle intenzioni, eppure ben mitigato dai suoni peculiari ma non invasivi dei campionatori. Un disco che suonava assolutamente moderno e che faceva presagire una piena affermazione che purtroppo non avvenne. La ritroveremo diversi anni dopo con pubblicazioni sporadiche in lingua inglese, ormai lontana dalle luci della ribalta.
AL DARAWISH
Mi hanno sempre enormemente affascinato quelle proposte sfuggenti, dove diviene complicato assegnare una definizione racchiudendo l’esperienza in un genere codificato. E pochi gruppi come gli Al Darawish ci sono riusciti. Formatisi in Puglia dopo che i vari componenti si erano conosciuti per lo più tra una lezione di università e l’altra, nelle loro canzoni sono riusciti a bilanciare in modo egregio tutte le influenze, soprattutto culturali, dei vari elementi, attingendo quindi dalla musica palestinese come da quella greca e dalle tarantelle pugliesi. Anche la lingua utilizzata è multiforme (tra arabo, inglese e dialetti del sud), e tutto ciò rende gli album “Al Darawish” (1994) e “Radioderwish” dei veri e propri meticciati musicali.
MUMBLE RUMBLE
Giovani, arrabbiate, grintose, talentuose, anche urticanti quando necessario, le bolognesi Mumble Rumble pestavano duro sul palco e mostravano tanta personalità e carattere. La matrice punk è ben presente, più nell’attitudine in realtà che non in un suono che via via si è fatto più maturo e complesso, così come la loro proposta nel suo insieme. Spicca all’interno della loro discografia l’ispirato e convincente “Ricordaredimenticare”, pubblicato nel 1999.
NAFTALINA
Chissà se tra i nostri lettori qualcuno ancora ricorderà (se non altro per il particolare timbro vocale dell’ossigenato cantante) i giovanissimi Naftalina, che sul finire degli anni ’90 andarono in rotazione nelle emittenti musicali con il video del singolo “Se”. La loro era musica (pop) punk adolescenziale (il titolo del primo album, uscito nel 1999, “Non salti come me… T.V.T.B.” in fondo poteva andare bene pure per i Gazosa, anch’essi impegnati all’epoca con l’album di debutto), le canzoni tutte di facile presa e in effetti il gruppo ebbe un buon seguito nell’immediato. La Baby Records a quel punto intendeva probabilmente battere il ferro finché era caldo ma i Naftalina vollero provare nuove strade e il secondo album, in pratica già ultimato non vedrà mai la luce, portandoli così allo scioglimento.