New York, il popolo di Trump invoca il salvatore: «Basta tasse, via gli immigrati»
Ebrei contro musulmani, ma uniti da Trump
Tra la gente di Trump c'è di tutto. Almeno in questo appuntamento di New York. Ci sono i personaggi folkloristici della destra, con baffi a manubrio, bandiera a stelle e strisce sulle spalle e perfino il cappello da cowboy; ci sono i vecchi con la camicia di flanella a quadrettoni. Ma ci sono anche donne e uomini dall'aspetto distinto, come partecipassero a una funzione religiosa, famiglie intere con bambini. E molti giovani, forse sono la maggioranza: bianchi, ma anche neri, ispanici, gruppi di asiatici, ebrei con la kippah ei boccoli, musulmani.
La capacità di comunicare di Trump abbraccia tutti, coinvolge e convince, non senza contraddizioni. James Kaplan, uno studente universitario, ebreo di Brooklyn è accompagnato dai fratelli e dal padre. «Voterò per Trump perché non farà sconti ai musulmani, ci andrà giù pesante come ha fatto quando ha vietato a molti di loro di entrare nel nostro Paese», dice con una rabbia, che guardando al Medio Oriente, mette i brividi.
A poche decine di metri Steve Darwish la pensa in modo molto diverso. Ha poco più di vent'anni e tratti somatici mediorioentali. La sua famiglia è negli Usa, nel New Jersey, da tre generazioni, ma i legami con la Siria e con la religione sono ancora forti. «Trump – spiega – fermerà Israele, ha detto che lo farà e lo farà. Ti sembra impossibile? Non ti preoccupare, lui sa come fare, avrà la forza e la determinazione per farlo, lui è così, è il nostro salvatore».Trump, l'uomo contro le reghole e il sistema?
Due signore di una certa età, bianche, bionde e ingioiellate, mostrano insofferenza per chi fa domande tra la gente. Qui se non hai una maglietta di Trump o un cappello del Maga ti guardano con sospetto. «Non è così difficile capire che Trump è l'unica possibilità di salvezza degli Stati Uniti», dicono. «Joe Biden e Kamala Harris hanno fatto un disastro, hanno distrutto il nostro Paese. Non ci sono più principi, la vita è diventata una scommessa, la famiglia non esiste più. Toccherà a Trump e al suo vice JD Vance rimettere insieme le cose, per questo li voteremo», concludono mentre sfoderano un opuscolo di un'associazione di destra contro l'aborto.
Un uomo di circa sessantanni si avvicina, dice di chiamarsi John Smith e di venire dall'Alabama: «Fai aspettare ancora l'America», afferma con mezzo sorriso, adattando, per tutti quelli che aspettano di entrare, lo slogan di Trump sulla grandezza dell'America. Poi dà una sua eccentrica motivazione sul sostegno a Trump: «Non voglio stare negli schemi e voterò Trump perché è uno di noi, uno che farà fuori tutte le regole: spazzerà via la Federal Reserve, la Cia, i poteri forti, non ne possiamo più, l'America – ripete – siamo noi non le cose di Washington».