Iran, l'inferno islamico con le ghigliottine per le dita
Un titolo di utile promemoria su cosa sia l'Iran sotto il regime islamico, se mai fosse necessario visto il suo curriculum interno ed internazionale da brividi, arriva questa notizia dalla città di Urmia: due fratelli di origine curda, Shahab e Mehrdad Teimouri, condannati per un furto commesso nel 2019, hanno subito l'amputazione di quattro dita della mano destra.
La punizione medievale è stata inflitta sulla base della tradizionale legge coranica, la Shariache trova accoglimento nel codice penale della Repubblica islamica. I carnefici l'hanno eseguita all'interno della prigione della città dell'Iran nord-occidentale per mezzo di una sorta di Ghigliottina in miniatura. Secondo i resoconti di Human Rights Activists News, i due amputati sarebbero poi stati trasferiti in ospedale “per cure mediche”.
Inutile ricordare che le amputazioni sono vietate dal diritto internazionale come forma di punizione crudele, inumana e degradante. E questo in base alla Convenzione contro la tortura e secondo il Patto internazionale sui diritti civili e politici, che Teheran ha sottoscritto. Ma stiamo purtroppo parlando di un regime abituato a non rispettare i diritti più elementari dei propri cittadini.
All'interno delle prigioni iraniane, e in particolare in quella famigerata di Evin dove vengono rinchiusi i prigionieri politici, pestaggi, violenze sessuali, torture e negazione di cure mediche sono all'ordine del giorno.
Da Evin sono passati loro malgrado migliaia di uomini e donne iraniani che hanno manifestato in vari modi la propria contrarietà al regime, spesso donne che si rifiutano di indossare quel velo islamico che in Iran viene imposto per legge e che certi attivisti occidentali pretendono invece che sia un simbolo di resistenza all'omologazione che la nostra cultura imporrebbe ai musulmani.