Si deve chiamare vino anche se non c’è alcol? Disputa in corso tra produttori e ministro
«Per i vini trattati va autorizzato l'uso del termine “vino” come previsto dalla normativa comunitaria in materia. L'uso del termine “vino” va quindi esteso anche ai dealcolati”. A sostenerlo è l'Unione italiana vini all'indomani della dichiarazione del ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida che, alle celebrazioni del ventesimo anniversario dell'Istituto Grandi Marchi aveva detto che «una norma per regolamentare i dealcolati ci sarà e sarà messa a punto dal ministero dell'Agricoltura perché lo chiede il settore, ma mi batterò fino all'ultimo per evitare che queste bevande si possano chiamare vino».
La dichiarazione del ministro Lollobrigida, oltre la questione terminologica, ha toccato anche un altro punto che aveva allarmato nei giorni scorsi i produttori italiani di vino: ovvero il vero e proprio cortocircuito che si era venuto a creare nelle scorse settimane quando, un emendamento al decreto accise, aveva contemplato l'introduzione di un'accisa a carico del settore dei vini dealcolati. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno visto che si prevede l'introduzione di un'accisa a carico di prodotti, i vini dealcolati, che in Italia al momento non si possono produrre. Al momento, infatti, è ancora vigente il Testo Unico del Vino del 2016 che sancisce che perché una bevanda si possa chiamare “”vino” deve avere un titolo alcolometrico minimo di 8,5 gradi.
Per questi motivi i produttori italiani che negli ultimi anni hanno cercato di realizzare vini dealcolati per incontrare una domanda in crescita sui mercati internazionali, hanno dovuto recarsi all'estero per produrli.
Adesso quindi un primo importante chiarimento. La norma del Mef sulle nuove accise è stata ritirata e il quadro normativo su questo segmento della produzione enologica italiana sarà predisposto dal ministero dell'Agricoltura e della Sovranità alimentare. «Ora, superato l'impasse – hanno commentato all'Unione italiana vini – è necessario che il ministero dell'Agricoltura approvi al più presto il decreto tenendo conto degli elementi principali già discussi con la filiera. Tra questi, il processo di dealcolizzazione che dovrà avvenire in locali appositamente dedicati; il divieto della pratica per i vini Dop/Igp; considerare la soluzione idroalcolica residua (acqua di rete, tra il 95% e il 99,9%) come rifiuto e quindi non sottoposta ad accise. Uiv confida che nelle prossime settimane il Masaf potrà convocare le organizzazioni per presentare la nuova proposta di decreto».
Sul nodo terminologico, infine, Uiv ha inoltre ricordato come un Regolamento comunitario del 2021 sancisce l'obbligo di chiamare questo prodotto “vino dealcolizzato” o “parzialmente dealcolizzato”. «Le imprese italiane – concludono all'Uiv – chiedono perciò di poter operare alle stesse condizioni dei concorrenti europei, applicando la parola “vino” ai dealcolati».