“Caro figlio, vorresti gestire la nostra impresa di famiglia?” “Veramente no”. Come cambia la percezione del lavoro, quale ruolo alla scuola. INTERVISTA a Daniela Balestra – Orizzonte Scuola Notizie
Caro figlio ti piacerebbe subentrare nella gestione della nostra impresa di famiglia. Veramente no. I ragazzi e le ragazze, specie dopo il Covid-19, pensano sempre di più all’essere e alla qualità della vita che non al sacrificio necessario per realizzare e costruire una carriera professionale. Una crisi sempre più evidente che sta creando grandi difficoltà al ricambio generazionale delle piccole imprese che rischiano di chiudere a causa di una perdita di appeal nelle nuove generazioni. Non si tratta di scarsa voglia di lavorare, come spesso si legge e si dice. Si tratta di un nuovo atteggiamento che le imprese fanno bene a studiare e interpretare se vogliono salvaguardare un patrimonio economico importante che è al contempo un patrimonio culturale e sociale.
Abbiamo a questo proposito raccolto il grido di dolore di Confartigianato Imprese di Cuneo, una delle province locomotiva economica del nostro Paese. Una provincia estesa, la più grande del Piemonte, una delle più estese d’Italia, ciò che le è valso il titolo di Provincia Granda. Qui le piccole imprese, che nel corso di lunghi decenni hanno fatto grande il territorio, come succede in tante altre realtà italiane, sono alle prese con il ricambio generazionale alla guida delle aziende di famiglia, che per la prima volta nella storia appare difficile da garantire, quasi impossibile, tanto da rendere concreto il rischio della chiusura o della perdita di una identità economica tanto importante.
Il momento storico, soprattutto a seguito della pandemia da Covid-19 con i conseguenti e repentini cambiamenti di stili di vita e di lavoro, è caratterizzato da una pesante perdita di identità e da uno smarrimento significativo di molti ragazzi e ragazze di fronte a quesiti quali “chi voglio essere?”, “cosa voglio fare da grande?”. Si pensa sempre di più alla qualità dell’esistere, come dicevamo, che non a una identità professionale, con tutte le conseguenze che questo comporta sul piano economico. “Una volta – ci spiega Daniela Balestra, vicepresidente vicario di Confartigianato Cuneo, alla quale abbiamo rivolto le nostre domande di questa intervista – il giovane si identificava con il ruolo che si costruiva nel tempo. Oggi si dà più importanza al presente. Il nostro obiettivo è cercare di capire qual è il modo migliore per dialogare con i più giovani”.
Le famiglie, è la convinzione dei responsabili di Confartigianato Imprese Cuneo, “avvertono sempre di più un grande bisogno di assistenza, consulenza e confronto su tematiche socio-psicologiche relative al rapporto genitori-figli”, anche sul piano della loro identità professionale”. Il tema della transizione dall’infanzia all’età adulta, si prosegue, “è infatti oggi particolarmente rilevante, non solo per il naturale percorso di crescita dei figli, ma anche per i numerosi cambiamenti che si sono susseguiti rapidamente negli ultimi anni. Dallo sviluppo tecnologico, alla necessità di individuare la propria strada e valorizzare i propri talenti per rispondere alle richieste del mercato del lavoro, fino alla difficoltà, anche economica, di immaginare una vita adulta autonoma e indipendente. Inoltre, i giovani sono oggi sottoposti a molte pressioni, sia dalla famiglia che dall’influenza dei social media”.
Partendo da questo contesto, l’associazione di categoria, con il sostegno di Fondazione CRC nell’ambito del progetto Wellgranda, ha organizzato la prima edizione della “Scuola per Genitori”, un format di tre appuntamenti con specialisti nella materia, per riflettere e confrontarsi sui nuovi trend che stanno impattando la società moderna e sulle sfide emergenti che le famiglie si trovano ad affrontare. L’iniziativa è realizzata con il patrocinio del Comune di Cuneo e il sostegno di Intesa Sanpaolo. Tutti gli incontri si svolgeranno presso il “Cinema Monviso” con orario20.30 – 22.00.
Mercoledì sera, 23 ottobre, è toccato a Lucio Zanca, manager, consulente e autore specializzato in team working multigenerazionale, orientamento, career mentoring, docente di Orientamento al lavoro all’Università di Bologna e autore del libro Welcome to the jungle (Ed Gribaudo), in un omonimo intervento intitolato “Welcome to the jungle.
I nostri figli cercano orizzonti e segnali di speranza”. Cosa vogliono davvero i nostri figli? Come affronteranno le sfide del mondo del lavoro? Che futuro li attende? Sono domande che ogni genitore si pone e che per questo s’è deciso di iniziare a rifletter insieme su “come accompagnare i nostri figli nelle loro scelte, come essere di sostegno nei momenti di difficoltà e come aiutarli a progettare la propria strada”. Nelle intenzioni dei promotori, la volontà di fornire “strumenti utili per instaurare un dialogo costruttivo con i nostri ragazzi e informazioni chiave sul mondo del lavoro contemporaneo, con l’obiettivo di renderli responsabili e sicuri delle loro scelte”.
Per mercoledì 4 dicembre 2024 è prevista la relazione di Osvaldo Poli, psicologo e psicoterapeuta con “Per essere buoni genitori. Gli errori educativi, il carattere dei figli, i sensi di colpa”. Gli errori educativi “non sono mai intenzionali”, ammettono gli organizzatori di Confartigianato, “ma è opportuno conoscere gli aspetti del proprio carattere che li inducono. Il virus che più spesso tarocca il software genitoriale è il senso di colpa: il bene educativo dei figli richiede di non lasciarsi guidare da esso”. Infine, venerdì 17 gennaio 2025, la psicologa e psicoterapeuta Stefania Andreoli con “Perfetti o felici. diventare adulti in un’epoca di smarrimento”, che è anche il titolo del suo libro edito da Rizzoli Bur .
Che cosa significa essere adulti oggi? Come diventare tali? “Se negli ultimi decenni l’identità adulta è stata principalmente fondata sul lavoro e sulla possibilità di costruire un proprio ruolo sociale e professionale – spiega Confartigianato Imprese Cuneo – oggi quel modello appare in crisi e non più in grado di offrire le certezze fornite finora. Anche per questo, nella stanza delle parole dove la psicoterapeuta Stefania Andreoli riceve i suoi pazienti, negli ultimi anni ha cominciato a emergere una istanza generazionale comune: quella dei venti-trentenni e dei trenta-quarantenni, in cerca di aiuto per capire come trovare il proprio posto in un mondo sempre più schiacciato sul presente e che sembra aver perso ogni slancio verso il futuro.
In un momento in cui le accuse reciproche prevalgono sul dialogo e la richiesta di omologarsi a un irraggiungibile ideale di perfezione vince sul guardarsi davvero, potrebbero essere proprio i giovani adulti, e i nuovi modelli di cui sono portatori in quanto figli del loro tempo, a indicare la soluzione rivoluzionaria capace di aiutare tutti a essere più in ascolto di sé stessi e degli altri e, finalmente, anche più felici”.
Daniela Balestra, che cosa vi ha spinti a organizzare questa Scuola per genitori?
“Noi avertiamo sempre più il tema della transizione dei giovani verso il lavoro che cambia e allora abbiamo deciso di organizzare alcuni incontri – si tratta di tre serate con esperti – per capire sempre di più il percorso di crescita dei nostri figli. E’ un modo per investire sul futuro delle nostre imprese e per verificare se il nostro mondo è sempre attrattivo per loro visto che le nostre imprese, che spesso sono imprese di tipo familiare, incontrano difficoltà a trovare lavoratori e a garantirsi un passaggio generazionale”.
E’ anche un modo per mettersi in discussione?
“Ci mettiamo sicuramente in discussione per cercare gli strumenti necessari che ci aiutino ad andare incontro alle nuove esigenze. Una volta il giovane si identificava con il ruolo che si costruiva nel tempo. Oggi si dà più importanza al presente e il nostro obiettivo è cercare di capire qual sia il modo migliore per dialogare con i più giovani”
Da un lato il passato, reso grande dall’energia delle vostre piccole imprese, dall’altro il futuro che rischia di sfuggire di mano.
“Non vogliamo stare ancorati al passato. Piuttosto vogliamo sfruttare i temi dell’innovazione e del progresso ma dobbiamo saperli coniugare con il valore delle piccole imprese artigiane e vogliamo dare l’opportunità ai nostri giovani adulti di dialogare con gli esperti. Non significa che bisogna essere perfetti e felici ma occorre cercare una strada di dialogo per diventare adulti in un’epoca in cui i valori tradizionali delle imprese e delle famiglie sono messi in discussione”.
Qual è il pubblico che vi aspettate in questi incontri?
“Un pubblico di famiglie che vogliono cercare di guardare al futuro con più ottimismo. Sarà un modo per confrontarci con i nuovi trend secondo cui i giovani intendono il proprio futuro”
C’è molto disorientamento, secondo voi?
“Sì, soprattutto dopo il Covid il loro atteggiamento è cambiato”
Come?
“Si dà più importanza ai bisogni della persona e al benessere personale, rispetto al tradizionale sacrificio legato alla costruzione di un futuro lavorativo. Il nostro ambito imprenditoriale non è la grande industria con titolari e dipendenti. Quando assumiamo i giovani vogliamo che crescano all’interno delle nostre aziende, alcune sono familiari, come detto, altre sono piccole: il nostro obiettivo è quello di tutelare i nostri lavoratori e di tenerli per più tempo possibile, poiché notiamo in loro una grande difficoltà a legarsi alle nostre realtà produttive. Dunque, vorremmo capire come confrontarci in maniera corretta e proficua proprio per non allontanarli”.
Questo per voi non significa, pare di capire, che loro non abbiano voglia di lavorare, come spesso si afferma. E’ così?
“Noi vogliamo sfatare il mito che i giovani non pensano a lavorare. Secondo me siamo solo di fronte a un approccio diverso, nuovo, verso il lavoro. Ed è corretto che i più adulti si mettano in discussione e creino un dialogo e positivo e proficuo”.
Voi vedete questa disponibilità negli adulti imprenditori?
“La disponibilità diventa un’urgenza. Se non c’è un ricambio generazionale le imprese hanno solo da perdere. Da parte degli imprenditori c’è la volontà di individuare la maniera più corretta per favorire una continuità”.
Come s’inserisce la scuola in questo dilemma epocale, secondo il vostro osservatorio?
“Nel nostro territorio abbiamo scuole molto valide. Il nostro approccio al problema è quello di rendere il più possibile realistico il ciclo di studi di un ragazzo o di una ragazza che frequenta un istituto professionale. Per gli stage e tirocini c’è sempre stata tanta disponibilità. Però ci vorrebbe una maggiore attenzione sul PCTO, di cui occorre rimarcare il valore. Bisognerebbe potenziare l’alternanza scuola e lavoro, perché l’esperienza in azienda è ciò che dà la vera concretezza per approcciarsi al mondo lavorativo, oltre allo studio teorico”.
Com’è la situazione economica a Cuneo, patria della Nutella di Alba?
“Io definisco Cuneo isola felice, anche se le nostre imprese fanno difficoltà. Ci sono carichi fiscali e burocratici eccessivi. Noi rappresentiamo novemila imprese artigiane e questo sottolinea quanto sia sentito e portato avanti questo tipo di realtà economica. Il nostro ruolo è quello di fianco sindacale e di affiancamento alle imprese per aiutarle in un caos burocratico che negli ultimi anni sta mettendo a dura prova la sopravvivenza della piccola impresa. A parte la Nutella, tutte le attività importanti hanno ricadute ottime anche sulle piccole aziende. Il lavoro genera lavoro e benessere e anche le aziende grandi generano effetti positivi su quelle più piccole. Continuano a crescere le imprese femminili con tante donne che si cimentano in un proprio sogno imprenditoriale. Il settore tecnologico è quello che in questo momento gode di un clima più favorevole”.
Chi termina il ciclo scolastico quale tipo di occupazione trova in genere nel vostro territorio?
“I ragazzi trovano facilmente lavoro nelle nostre aziende perché c’è una grande domanda di lavoro. Io sono una sostenitrice della cultura e del suo ruolo ma non dobbiamo dimenticarci che anche i lavori di tipo artigianale oltre alla loro connotazione tradizionale hanno sotto una nuova veste tecnologica. Per questo, chiediamo ai genitori di indirizzare i figli verso lavori che stanno via via scomparendo”:
Quali sono i mestieri che vanno scomparendo?
“Per esempio i lavori manuali. Quello delle sarte, più nello specifico, è un lavoro che sta svanendo. C’è una grande crescita del design ma nello stesso tempo assistiamo a una decrescita di artigiani che tagliano e cuciono. Cresce il numero di giovani che si occupano di design e di moda e io sono dell’idea che per realizzare un abito, un gioiello o un oggetto di design sia determinante conoscere il background artigianale che ha consentito di creare quell’oggetto. Questo manca moltissimo”.
Che cosa serve secondo lei per invertire la tendenza? Anche la scuola dovrebbe mettersi in discussione?
“Servirebbe più dialogo con le scuole, un dialogo più concreto in merito a quelle che sono le fasi di realizzazione di un’idea. Occorrerebbe cambiare i programmi e instaurare un dialogo più concreto e realistico con le aziende. Io sono una sostenitrice della cultura, come dicevo prima, e i ragazzi devono studiare per costruire una propria identità e per trovare un lavoro corrispondente alle proprie inclinazioni. Però quando si sceglie un percorso professionale i tempi della scuola devono coniugarsi di più con le esperienze concrete delle aziende perché in questo modo quando un ragazzo termina il ciclo di studio si trova più agevolato nella ricerca di un’identità”.
E questo potrebbe aiutare a evitare tanto disorientamento?
“Sì. Quando i ragazzi arrivano nelle nostre imprese vedo in loro la voglia di crescita e di investire sul proprio futuro. Noi artigiani abbiamo adesso il compito di tirar fuori questa loro voglia di crescita e valorizzarla”.
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