Economia Finanza

La foto del giorno: il senso di Trump per la spazzatura




Conta tutto, anche la spazzatura. A pochi giorni dal voto, in una delle più brevi campagne elettorali della storia americana – poco più di cento giorni – la partita tra Donald Trump e Kamala Harris si gioca anche sulla capacità di cavalcare gli errori dell'avversario.

I sondaggi confermano che in cima ai pensieri dell'elettorato ci sono, ancora e sempre, l'economia e il costo della vita, ma la sfida per la Casa Bianca è così serrata che ogni voto conta. È una questione di numeri: in 50 milioni hanno già espresso una estensione attraverso le procedure anticipate. Gli elettori indecisi – stando a uno studio New York Times/Siena College – Sarebbero il 3,7 per cento dell'elettorato degli Stati in bilico. Tradotto, 1 milione e 200mila persone. Un'inezia nell'oceano degli oltre 240 milioni di americani chiamati alle urne. Così, quello 0,5% rappresenta un bacino minimo eppure determinante. In questa incertezza ci sono l'inciampo politico e la prontezza di reazione. E in questo caso, l'inciampo è spazzaturaspazzatura“.

Tre giorni fa, al Madison Square Garden di New York il fumetto pro-Trump Tony Hinchcliffe ha definito l'isola di Porto Rico “un'isola di spazzatura galleggiante”. Un clamoroso autogol, considerata l'importanza del voto dei latini. E un aiuto straordinario alla campagna Dem. Che non ha fatto in tempo a passare all'incasso: il presidente Joe Biden ha definito “spazzatura” i sostenitori di Trump, ea poco sono servite la precisazione della Casa Bianca e l'immediata presa di distanze di Kamala: “Biden ha chiarito, e io mi rifiuto fermamente di criticare chiunque sulla base delle scelte di voto”. Troppo tardi. L'ombra dei deplorevoli di Hillary Clinton era già lì. E Donald ha fiutato l'occasione. È salito su camion della spazzaturasi è fatto fotografare, ha rilanciato e si è preso la scena. E qui sta la differenza.

Harris ha dovuto giocare in difesa, Trump è passato all'attacco. Profumo di spazzatura. Profumo di spazzatura, e chissà di vittoria. Perché quello del magnate è un linguaggio violento, provocatorio ed “eretico”. Ma maledettamente efficace.



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