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Quelle anime in balia del mare, così li abbiamo salvati



A bordo della LIFE Support, Mar Mediterraneo

Questa mattina, verso le 11:30, sono salito a bordo del RIB, il gommone superveloce della nave di Emergency che ha rappresentato il volto della salvezza per 38 persone alla deriva nel Mediterraneo, nelle acque internazionali della zona Sahara. I naufraghi si trovavano a bordo di un'imbarcazione che sembrava fatta di plastica, con i motori rotti. Indossavano giubbotti di salvataggio molto rudimentali: 14 donne, 20 uomini, 4 minori, tra cui due non accompagnati.

La segnalazione del caso in difficoltà è arrivata prima delle ore 9 da Alarm Phone ed è stata successivamente confermata anche sul canale 16 del VHF da un mayday relè con cui ci è stato fornito anche un aggiornamento sulla sua posizione. La barca è stata avvistata con i binocoli dalla plancia di comando, poco dopo aver ricevuto la segnalazione. Dal ponte della nave sono stati calati in acqua i gommoni veloci, i RIB, su cui ci eravamo esercitati nei giorni scorsi. Sul mio RIB, il numero 1, c'erano il pilota, il boat leader, un infermiere italo-palestinese e una mediatrice culturale italiana.

In pochi minuti abbiamo raggiunto la barca alla deriva. Le persone a bordo erano abbastanza tranquille: aveva smesso di piovere, c'era il sole e il mare era calmo. La mediatrice culturale si è alzata in piedi e ha rassicurato i naufraghi parlando in arabo, dicendo loro di stare tranquilli, che non eravamo libici e che avremmo portati in Italia, in un porto sicuro. La prima cosa che abbiamo fatto è stata mettere in sicurezza le persone, lanciando loro giubbotti di salvataggio.

Dopo che i migranti hanno indossato i giubbotti, è iniziato il trasbordo sulla nostra imbarcazione. Il primo a salire è stato un uomo di circa 50-60 anni, forse il più debilitato, scalzo e sofferente, che si è steso accanto a me in fondo al gommone. Poi è salito un ragazzo più giovane e via via le altre persone. Tutto si è svolto con tranquillità, in una calma surreale: le persone non erano agitate, un ragazzo si è subito girato verso di me e ha detto “grazie”. Poco dopo, un altro ha aggiunto “sei bella, sei bella” per ringraziarci di averli salvati dal naufragio nel Mediterraneo.

È partito poi anche il secondo RIB, su cui sono state caricate le restanti persone. Tutti sono stati portati a bordo della “Life Support”, la nave di ricerca e soccorso di Emergency, dove sono stati presi in cura dallo staff medico. Fortunatamente, non ci sono particolari emergenze sanitarie. Le persone si sono cambiate, rifocillate, lavate e alcune di loro stanno ancora riposando nella parte coperta della nave, mentre altre sono sul ponte esterno. Ho parlato con alcuni di loro, in gran parte provenienti da Siria, Nigeria, Palestina e Niger, la maggioranza siriani. Alcuni mi hanno detto che vorrebbero raggiungere l'Olanda, come una famiglia con parenti nei Paesi Bassi, mentre un altro ragazzo vorrebbe andare in Germania. Tutti hanno tirato un sospiro di sollievo per questa operazione di soccorso, che li ha sottratti a una situazione di estrema difficoltà.

Erano partiti alle 2 di notte del 30 ottobre dalla città libica di Misurata e hanno passato la notte in mare. Mi hanno raccontato che è stata una notte molto difficile, dove ogni speranza risorgeva alla vista di una luce in lontananza, che fosse una nave di passaggio o soltanto le stelle. Poi, finalmente, è arrivata la “Life Support”: la salvezza, la fine di un incubo. Un ragazzo appena sale a bordo si fa il segno della croce e manda un bacio al cielo.





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