L'internazionale Lgbt caccia gli israeliani e cancella Tel Aviv
Un anatema vero e proprio. La sigla Lgbt israeliana cacciata, e Tel Aviv cancellata come sede della prossima conferenza mondiale. Sono decisioni clamorose quelle dell'Ilga, l'Associazione internazionale lesbica e gayassociazione internazionale che riunisce più di 400 gruppi di tutto il mondo, impegnati nella promozione dei diritti di gay e lesbiche. Quattrocento gruppi meno uno, adesso.
Ilga Word ha infatti annunciato le sue mosse, che si inseriscono perfettamente in quel clima di ostilità anti-israeliana che è maturato nella sinistra estrema e «si è svegliato», negli Usa arrivano in Europa. È stata sospesa l'iscrizione all'internazionale di «The Aguda», l'organizzazione della comunità Lgbtq+ di Israele, che aveva proposto la città israeliana come sede dell'appuntamento statutario del 2026 o del 2027, a questo punto scartata con tante scuse: «Sappiamo che vedere l'offerta di Tel Aviv presa in considerazione ha causato rabbia e danni alle nostre comunità – si legge – Negli ultimi giorni abbiamo ascoltato e compreso il significativo e legittimo sconcerto riguardo alla candidatura di un'organizzazione membro per ospitare la Conferenza mondiale a Tel Aviv, Israele».
Uno-due micidiale. Una dichiarazione spiega che la scelta è in linea con «il rispetto della nostra costituzione». Sicuramente è in linea con l'avversione per lo Stato ebraico che dopo il 7 ottobre è maturata nel mondo progressista, liberale, incappato nell'accecante cortocircuito per cui si considera come nemica Israele, democrazia che garantisce i diritti civili e politici a tutti – ebrei e arabi – mentre si parteggia, direttamente o meno , per una «resistenza palestinese» che è innervata da sigle omofobe e integraliste.
Per avere idea dell'impatto di simili contraddizioni, basta ricordare che «David Keshet Italia» l'organizzazione ebraica italiana Lgbt, pochi mesi fa ha deciso di non partecipare alle manifestazioni del «Pride» in tutto il Paese per timore di subire aggressioni dovute al clima di odio sviluppatosi intorno alla loro partecipazione. E oggi «Keshet Italia» protesta per la decisione assunta contro «Aguda», definendola «paradossale», sostenendo che contraddice l'impegno Ilga per l'uguaglianza e facendo notare che le organizzazioni provenienti da regimi totalitari e oppressivi non vengono considerate responsabili per le azioni dei loro governi.
Ad «Aguda», simbolo di un Paese democratico che riconosce e promuove i diritti Lgbt e gli altri diritti civili, è accaduto. E Aguda, fondata nel 1975, e nota per sostenere anche cittadini arabi e rifugiati palestinesi, reagisce alle decisioni ostili, dichiarando di sentirsi «profondamente delusa dal fatto che Ilga ha scelto di boicottare coloro che lavorano per i diritti Lgbtq+ e si battono per una società più giusta».
Mosaico, portale della Comunità di Milano, riporta anche la posizione di «Ponte più ampio», gruppo Lgbtq+ pro-Israele, che ha definito le scelte di Ilga «scandalose a inaccettabili». «Ilga è libera di contestare le politiche del governo israeliano o di qualsiasi altro, ma dovrebbe rivolgere tali preoccupazioni a quel governo, non emarginando e scomunicando la comunità queer di quel paese», ha dichiarato il gruppo Wider Bridge.
Mosaico riporta anche la posizione del rabbino americano Jill Jacobs, direttore del gruppo mondiale per i diritti umani «T'ruah»: «Questa azione non fa nulla per fermare la guerra o proteggere i diritti delle persone Lgbtq+, compresi i palestinesi. Punisce solo le persone che lottano per la sicurezza e l'uguaglianza. Ilga ha affiliazione in altri paesi che commettono violazioni massicce dei diritti umani. Israele non dovrebbe essere diverso».