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ALBUM: Trauma Ray – Chameleons


Quando ero ben più giovane avrei definito i Trauma Ray come “metallosi”. Era un termine che usavo spesso per identificare in un certo modo delle band che non potevo catalogare come metal ma che avevno in sè un suono, delle pulsioni o comunque qualcosa che li avvicinava al mondo che io seguivo con tanta passione.

Mi piace rispolverare questo termine, perché i Trauma Ray mi sembrano veramente così. Metallosi. E non è certo un dispregiativo. La strada è quella che io Deftones ci hanno illustrato in tanti anni di onorata carriera, quella fatta di carezze e tempesta, di sogni quasi soavi che poi diventano devastanti e rabbiosi. La band texana spesso viene inserita anche in un contesto shoegaze e non è cosa poi così strana, visto che certe strutture sonore saturano l'aria a dovere, ma il tutto è sporcato e imbastardito con una forte pulsione post-hardcore e vi dirò che, a mio avviso, fa pure capolino più di un rimando ai Attrezzo.

Il punto di forza è proprio quella perfetta unione di dolcezza e intensità bruciante, non parlo solo di alternanza di momenti (favolosi i momenti di totale dream-pop e abbandono in “Elegy” che sembrano quasi appartenere agli Immersione lenta), ma anche di perfette commistioni, penso ad esempio alla magnifica title track, così devastante e corposa, rabbiosa, pesante e tremendamente uggiosa, ma con quela cantato così evocativo e quase soave, vera luce in mezzo al buio pesto: roba sopraffina. Quando percorrono la strada dei mid-tempo, con questa andatura così cadenzata e insistente in mezzo a chitarre potenti ma anche così dolenti, beh, i Raggio traumatico dimostrare un potenziale pazzesco. “ISO” ha un taglio evocativo, una specie di canto religioso che si dipana tra le chitarre, mentre la chiusura carezzevole e minima di “USDDOS” è quieto finale dopo tanto rumore e dopo tanto muoversi nel fango…un necessario momento di beatitudine che ci fa stare bene. Finale azzeccatissimo.

Già pronti per ambire al grande pubblico.

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