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Il Papa prega per Valencia e per chi soffre per le guerre



Accanto a se ha la Virgen de los Desamparados, la Madonna che si prende cura dei poveri, patrona di Valencia. Papa Francesco comincia l'udienza generale con un pensiero alla città spagnola «che soffre tanto» e aggiunge che «ho voluto che fosse qui la patrona di Valencia, l'immaginetta che gli stessi valenciani mi hanno regalato». Chiede di pregare «in particolare» per la città devastata dall'alluvione e «per le altre parti della Spagna che stanno soffrendo per l'acqua». Poi continua la catechesi sullo Spirito Santo spiegando che è Lui che ci insegna a pregare. E che bisogna pregare per tutti, «anche per la suocera». Il Pontefice sottolinea che «lo Spirito Santo è nello stesso tempo soggetto e oggetto della preghiera cristiana. Egli, cioè, è Colui che dona la preghiera ed è Colui che è donato dalla preghiera. Noi preghiamo per ricevere lo Spirito Santo e riceviamo lo Spirito Santo per poter pregare veramente, cioè da figli di Dio, non da schiavi. Pensiamo un po' questo: pregare da figli di Dio, non da schiavi» Che significa pregare con libertà, non per dovere. Pregare con il cuore e «quando non senti la voglia di pregare», ammonisce il Papa, «fermati e chiediti perché non hai voglia di pregare, cosa succede nella tua vita. Questo vuol dire pregare da figli e non da schiavi».

La prima cosa da fare è invocare lo Spirito. «C'è, a questo riguardo, una parola ben precisa di Gesù nel Vangelo: “Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!”». Anche noi sperimentiamo di saper dare cose buone ai piccolini, da genitori, da nonni, da zii. Allora tanto più Dio darà a noi lo Spirito. «Nel Nuovo Testamento», ricorda il Pontefice, «vediamo lo Spirito Santo discendere sempre durante la preghiera. Scende su Gesù nel battesimo al Giordano, mentre “stava in preghiera” e scende a Pentecoste sui discepoli, mentre “erano perseveranti e concordi nella preghiera”». Quello della preghiera è «l'unico “potere” che abbiamo sullo Spirito di Dio». Se «preghiamo viene. Non si resiste alla preghiera. Preghiamo e viene». Ricorda che «sul Monte Carmelo i falsi profeti di Baal si agitavano per invocare il fuoco dal cielo sul loro sacrificio, ma non accadde nulla perché erano idolatri, adoravano un Dio che non esiste; Elia si mise in preghiera e il fuoco scese e consumò l'olocausto. La Chiesa segue fedelmente questo esempio: ha sempre sulla bocca l'implorazione “Vieni!” ogni volta che si rivolge allo Spirito Santo. Lo fa soprattutto nella Messa perché discenda come rugiada e santifichi il pane e il vino per il sacrificio eucaristico».

Ma c'è un aspetto, «il più importante e incoraggiante per noi: lo Spirito Santo è Colui che ci dona la vera preghiera. San Paolo afferma questo: «Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio”».

Lo Spirito ci insegna a pregare anche se noi non sappiamo come fare. «Il motivo di questa debolezza della nostra preghiera veniva espresso in passato con una sola parola, usata in tre modi diversi: come aggettivo, come sostantivo e come avverbio. È facile da ricordare, anche per chi non sa di latino, e vale la pena tenerlo a mente, perché da solo contiene un intero trattato. Noi esseri umani, dicevamo quel detto, “mali, mala, male petimus”, che vuol dire: essendo cattivi (mali), chiediamo cose sbagliate (mala) e in modo sbagliato (male). Gesù dice: “Cercate prima il regno di Dio e il resto vi sarà dato in sovrappiù”; noi invece cerchiamo prima di tutto il sovrappiù, cioè i nostri interessi, tante volte, e ci dimentichiamo del tutto di chiedere il regno di Dio. Chiediamo al Signore il Regno e viene tutto con Lui».

Lo Spirito Santo, però, «viene, sì, in soccorso della nostra debolezza, ma fa qualcosa di molto più importante ancora: ci attesta che siamo figli di Dio e mette sulle nostre labbra il grido: “Padre!”. Noi non possiamo dire “Padre”, “Abbà”, senza la forza dello Spirito Santo». Pregare, sottolinea il Pontefice non è come parlare al telefono con Dio, «no, è Dio che prega in noi! Preghiamo Dio per mezzo di Dio. Pregare è arrivare dentro di Dio e che Dio entra dentro di noi. È proprio nella preghiera che lo Spirito Santo si rivela come “Paraclito”, cioè avvocato e difensore. Non ci accusa davanti al Padre, ma ci difende. Sì, ci convinciamo del fatto che siamo peccatori, ma lo fa per poterci far godere la gioia della misericordia del Padre, non per distruggerci con sterili sensi di colpa. Anche quando il nostro cuore ci rimprovera di qualcosa, Egli ci ricorda che “Dio è più grande del nostro cuore”». Ed è per questo che ci perdona prima ancora che noi possiamo finire la parola «perdono». «Tutti siamo peccatori», ripete Francesco, «ma considera forse qualcuno di voi che ha paura per le cose che ha fatto, che ha paura di essere rimproverato da Dio e non riesce a trovare pace. Mettiti in preghiera, chiama lo Spirito santo e Lui ti insegnerà a chiedere perdono. Dio non sa molta grammatica e quando noi chiediamo perdono non lascia finire la parola perdono e già ci ha perdonati, diciamo “per..” e il Padre ci ha già perdonati».

E se lo Spirito Santo intercede per noi ci insegna anche a intercedere noi per i frateli, a pregare per un malato, per una persona, persino per la suocera. «Questa preghiera è particolarmente gradita a Dio perché è la più gratuita e disinteressata. Quando ognuno prega per tutti, avviene che tutti pregano per ognuno; la preghiera si moltiplica. Ecco un compito tanto prezioso e necessario nella Chiesa, in particolare in questo tempo di preparazione al Giubileo: unirci al Paraclito che “intercede per tutti noi”. Ma non dobbiamo «pregare come i pappagalli». Dobbiamo dire «Signore, ma con il cuore, aiutami Signore, ti voglio bene Signore e quando pregate il Padre nostro pregate con il cuore, non con le labbra».

Infine fa recitare una Ave Maria per Valencia davanti alla Madonna de los Desamparados. e fa pregare «per la pace». «Non dimentichiamo la martoriata Ucraina», dice, «che soffre tanto, non dimentichiamo Gaza e Israele. L'altro giorno sono stati mitragliati 153 civili che andavano per la strada. Molto triste. Non dimentichiamo il Myanmar e non dimentichiamo Valencia».





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