La strategia di Trump sul “futuro artificiale”
Sarà un algoritmo in stivali di cuoio, cappello a tesa larga e cinturoni a guidare le mandrie attraverso le praterie del Texas occidentale, monitorando i movimenti degli animali e individuando tempestivamente qualsiasi segno di stress o pericolo. Grazie all'intelligenza artificiale, non solo le mandrie saranno condotte con maggiore precisione, ma presto sarà possibile tenere sotto controllo la salute del bestiame, tracciando l'intera filiera, dalla nascita del vitello alla bistecca, incrociando dati biologici, meteorologici e alimentari. Tutto cambia, nulla cambia. È una buona metafora per comprendere la politica degli Stati Uniti in materia di Intelligenza Artificiale. Molti si chiedono cosa cambiare con la seconda presidenza di Donald Trump. La risposta è semplice: nella sostanza, nulla. La linea resterà aggressiva, a prescindere dai mutamenti, piccoli o grandi, che ci saranno nella politica estera. Il fine è quello da garantire la supremazia americana, anche attraendo cervelli dall'estero, contenendo avversari e rivali (russi, cinesi, attori non governativi) e bilanciando sicurezza, innovazione e diritti. Fu Trump a inaugurare questa linea nel 2019 con l'Ordine Esecutivo «Mantenere la Leadership Americana nell'Intelligenza Artificiale» e con il successivo Ordine Esecutivo del 2020, «Promuovere l'uso di un'intelligenza artificiale affidabile». Da allora, la strategia americana è rimasta solida. L'ultimo atto di rilievo della presidenza Biden è stato la firma del «Memorandum sul Rafforzamento della Leadership degli Stati Uniti nell'IA», che amplia l'Ordine Esecutivo del 2023, «Sviluppo e Uso Sicuro, Protetto e Affidabile dell'Intelligenza Artificiale ». Quest'ultimo intervento pone l'accento su privacy, protezione dei lavoratori, sicurezza e leadership globale degli Stati Uniti, a conferma di un impegno che non si interrompe.
L'Unione Europea insiste nel voler normare tutto, con regolamenti come il GDPR, che soffocano sul nascere la stessa disciplina europea sull'IA. Questo irrigidimento espone l'Europa a una debolezza crescente: l'ossessione per la privacy e la lentezza burocratica rischiando di rendere il Vecchio Continente (e l'Occidente) un bersaglio facile per le guerre ibride. Non che Washington si disinteressi ai diritti: sia gli ordini esecutivi di Biden che di Trump contengono importanti sezioni sulla privacy e sull'uso responsabile dell'IA. Ma vi si chiarisce anche che senza una leadership strategica dell'Occidente, nel mondo non ci sarà spazio per i diritti. Nel 2017, Putin dichiarò che «il paese che si affermerà come leader nel campo
dell'intelligenza artificiale dominerà il mondo». La Cina ha preso questo messaggio sul serio, stanziando oltre 20 miliardi di euro per l'IA nel piano Cina 2025 per consolidare la sua leadership tecnologica globale. Anche per questo, gli Stati Uniti, con investimenti che sfiorano i 2 miliardi di dollari solo per il 2024, vedono l'IA come una priorità di sicurezza nazionale, come ha dichiarato Gina Raimondo, l'attuale Segretario al Commercio. Thierry Breton, Commissario UE per il Mercato interno, insiste invece sull'allineamento «ai valori europei», come se tale allineamento non fosse una premessa ontologica dell'Ue, bensì il frutto di una regolamentazione. Checché se ne dica, Stati Uniti ed Europa sono inevitabilmente legati, non solo dall'economia e dai valori, ma anche dalla geopolitica.
L'innovazione nel campo dell'IA non consente incertezze: per restare al sicuro, la collaborazione tra le due sponde dell'Atlantico non è un'opzione, ma una necessità. Come si dice, una catena è forte quanto il suo anello più debole.
*Professore ordinario di Diritto pubblico comparato UNINT, Roma