«La caccia alle streghe è ancora tra noi»
Natale Benazzi.
Nel noir “La notte del dodici”, di Dominik Moll, gli investigatori che indagano su una ragazza cosparsa di benzina e dati alle fiamme si chiedono come mai gli uomini continuano a bruciare le donne come nel Medio Evo. Natale Benazzi, storico, teologo, saggista e consulente editoriale, in “Streghe” edito da Il Pellegrino, affronta l'argomento scavando con lucidità in una pratica che causò dalle 70 mila alle 300 mila vittime, orribilmente straziate. Oggi basterebbe considerare le giovani indiane sacrificate tra le fiamme perché colpevoli di non avere una dote. Caccia alle streghe, “malacarne” o femminicidio: la sostanza è la stessa e ha cause che vengono da lontano, come il patriarcato. Un bellissimo saggio da leggere per le donne, da meditare per gli uomini. «L'eresia e la persecuzione delle donne sono sempre stati temi che mi interessavano e che prima o poi avrei voluto trattare», spiega Benazzi. «L'idea di collegare questi fenomeni alla realtà odierna, come i femminicidi, mi è venuta guardando ciò che accade oggi. Nel tempo, il libro ha assunto un carattere sempre più concreto e attuale, paradossalmente».
Quali furono le origini del fenomeno della caccia alle streghe? Fu una conseguenza dell'Inquisizione?
«La stregoneria era già condannata fin dai tempi biblici, dove maghi e stregoni erano considerati idolatri. Nei primi secoli del Cristianesimo, tuttavia, il nemico principale era l'eretico, non il “mago”. Solo con il Medioevo la figura della strega e quella dell'eretico iniziano a sovrapporsi: la Chiesa poteva perseguitare gli eretici, ma era lo Stato, l'Impero, a poterli condannare a morte. Questa collaborazione tra potere politico e religioso contribuisce alla caccia alle streghe».
Può farci un esempio di come il potere politico e quello religioso si unissero per condannare qualcuno?
«Giovanna d'Arco è un esempio perfetto: il suo processo fu politico, ma per condannarla trovarono una giustificazione religiosa, altrimenti sarebbe stata solo una prigioniera di guerra. Giovanna rappresentava una minaccia troppo grande per essere semplicemente imprigionata».
Perché le streghe vennero bruciate?
«Bruciarle era un atto simbolico di purificazione totale, una forma estrema di distruzione. Il fuoco simboleggiava il consumo totale della loro anima “impura”. Anche l'annegamento era usato, una sorta di “antibattesimo”».
È vero che c'erano modi diversi di bruciarle, come lasciare la legna bagnata per prolungare la sofferenza?
«Sì, alcune testimonianze parlano di legna bagnata per prolungare la sofferenza con una combustione più lenta. Ma non esistono documenti ufficiali che confermino l'uso di queste pratiche. Si voleva fare spettacolo, rendere la punizione un esempio per tutta la popolazione».
In che modo la figura della “strega” è stata costruita nell'immaginario collettivo?
«Nell'immaginario popolare, la strega era vista come una donna in rapporto col demonio. La maggior parte di queste “streghe” erano vittime di delazioni e calunnie. Bastava una semplice accusa e la persona era condannata, senza possibilità di difendersi».
Si può dire che il fenomeno delle delazioni fosse la base della caccia alle streghe?
«Assolutamente. A Salem, ad esempio, la caccia alle streghe fu innescata da un gruppo di ragazze che, per gioco, accusarono altre donne. Alla fine, molte innocenti vennero trascinate in una spirale di accuse senza alcuna via di uscita».
Quante furono le vittime di queste persecuzioni?
«Le tempi più attendibili parlano di circa 70.000 vittime, anche se alcune fonti esagerano con cifre fino a 300.000. Spesso si trattava di donne sole, medichesse o guaritrici, accusate di stregoneria per il semplice fatto di raccogliere erbe nei campi».
Ci furono casi di esecuzioni politicamente motivate come quella di Giovanna d'Arco?
«Sì, anche se Giovanna è un caso emblematico. Esistono alcuni casi in cui le donne vennero accusate di stregoneria per scopi politici o personali. Ad esempio, in alcuni casi parroci accusavano le loro amanti di stregoneria per liberarsene».
Il fenomeno delle streghe è stato circoscritto all'Europa o si trovano esempi simili anche in altre culture?
«Il fenomeno della caccia alle streghe è principalmente europeo, ma in altre culture, come nel mondo islamico, troviamo pratiche simili di violenza contro le donne, come la lapidazione in caso di adulterio. Anche lì, la donna è vista come un soggetto da controllare e, se necessario, da eliminare».
Quando ha avuto termine questo fenomeno in Europa?
«Sebbene i roghi si siano ridotti con l'Illuminismo, la caccia alle streghe è durata fino al XVIII secolo, soprattutto in paesi cattolici come Francia e Spagna. Paradossalmente, lo Stato Pontificio fu tra i meno attivi nella persecuzione».
C'è stata una specifica catena religiosa responsabile della caccia alle streghe?
«Inizialmente i Domenicani ebbero un ruolo, ma con il tempo anche Francescani e altri ordini si sono impegnati nella “difesa della fede” attraverso la caccia alle streghe. Fu un fenomeno che coinvolse molti ordini religiosi, in particolare a Milano, sotto l'influenza di Carlo Borromeo».
Qual è la lezione principale che il suo libro vuole lasciare ai lettori?
«Il libro vuole sottolineare l'importanza della libertà della coscienza. Quando il potere politico e quello religioso si arrogano il diritto di giudicare la coscienza individuale, si crea una tragedia. La coscienza è un territorio franco e deve essere rispettata. Se permettiamo che venga giudicata, rischiamo di ripetere gli errori del passato».