Addio a Grazia Ruotolo, custode della memoria di don Dolindo e ‘apostola’ dell’abbandono a Dio
Grazia Ruotolo con Luciano Regolo davanti al ritratto di don Dolindo.
Grazia Ruotolo, vedova Frattarolo, se n'è andata alle 12 in punto del 13 novembre, in punta di piedi, all'improvviso, sorprendendo i suoi cari come ha sempre fatto in tutta la tua vita, per forza, determinazione, generosità, amore per Dio e il prossimo. Per decenni si è dedicata a coltivare la memoria e ad amplificare l'impegno evangelico del servo di Dio don Dolindo Ruotolo (1882-1970), quel cugino che chiamava “zio” non solo per rispetto ma per un affetto viscerale, palpabile e indelebile negli anni. La sua casa partenopea, in via Crispi, come il suo cuore, era sempre aperta a chiunque bussasse alla porta perché voleva conoscere meglio la figura del servo di Dio, o pregare davanti alla piccola statua della Madonna di Lourdes che don Dolindo vedeva animarsi sull' altare e che lei custodiva con amore con tante altre reliquie dello “zio”. Arrivavano anche in gruppi, laici, sacerdoti, suore…
Aveva fatto pubblicare da poco il volumetto della Novena dell'abbandonoconvinta che la fiducia totale e convinta al Signore fosse la «medicina dei tempi moderni», dominati da paure ed egoismi, con quell'espressione lasciata in eredità a ogni credente dal servo di Dio: «Gesù pensaci tu». Queste parole, caparbiamente, Grazia aveva voluto che fossero il titolo del libro con le sue memorie raccolte da chi scrive e pubblicate tre anni fa dalla Ares, tradotte già in diversi Paesi del mondo, dalla Spagna alla Francia, dalla Polonia agli Stati Uniti
Per questo lavoro c'incontrammo la prima volta. Era il 19 novembre 2019, quarantanovesimo anniversario della morte di don Dolindo. Fu l'inizio di un vero e proprio viaggio con una meravigliosa compagnia, ultranovantenne ma con l'entusiasmo e il piglio di una ragazza, fortemente determinata a conservare e diffondere la memoria di questo suo parente tanto particolare che amava sin dall'infanzia e ha continuato ad amare e studiare fino al suo ultimo giorno su questa terra. Formalmente non era, come tutti la chiamavano, la “nipote di don Dolindo”, dal momento che suo padre e il mistico napoletano erano cugini di primo grado, figli di due fratelli, ma Grazia lo aveva sempre ritenuto vero zio e soprattutto guida spirituale. Era stato lui a celebrarne le nozze nel 1962 con Luigi Frattarolo ea lasciarle scritto dietro un'immaginetta uno strano messaggio in cui “profetizzava” che avrebbe visto fino alla quarta generazione della sua famiglia e soprattutto che doveva «dare a Dio tanti figli di benedizione» . Luigi, scomparso nel 1977, precocemente, e lei ne ebbero solo una, l'adorata Giusi, ma come sottolineava Grazia stessa, commuovendosi, grazie a don Dolindo, alla sua opera da far conoscere, lei ne ha avuti tantissimi, che la andavano trovare , che le chiedevano preghiere, che le domandavano di andare insieme con loro alla tomba di don Dolindo al Gesù vecchio, per bussare tre volte alla lapide e affidargli un qualche affanno.
Le conversazioni con Grazia entravano nell'anima. Era una donna brillante, ironica, di piglio, a lungo imprenditrice, ma che nascondeva dietro il decisionismo una sensibilità fuori dal comune, quella che gli ha permesso di cogliere fino nelle pieghe più intime l'eredità spirituale più preziosa dello zio sacerdote. Grazia poteva facilmente convincerti a fare come diceva lei, senza mai darti l'idea di prevaricarti proprio per questa sua combinazione genuina di forza e dolcezza.
Ora è bello immaginarla radiosa in cielo accanto allo zio “Apostolo di Napoli” come lo definì padre Pio da Pietrelcina, e continuare da lassù, al suo fianco, l'impresa di toccare i cuori e avvicinarli a Gesù.