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Israele, fine dei privilegi: gli ultraortodossi chiamati alle armi



di Lorenzo Rossi

Un cambio epocale scuote Israele: oggi sono state inviate le prime 1.000 lettere di arruolamento agli ebrei ultraortodossi, i cosiddetti Haredim. Per decenni, questa comunità, divenuta popolare grazie alal serie Tv Shtisel, ha rappresentato un'eccezione al servizio militare obbligatorio, giustificando l'esenzione con la necessità di dedicarsi esclusivamente allo studio dei testi sacri. Ora, con una decisione che segna una svolta storica, la Corte Suprema ha posto fine a questo privilegio, ordinando la revoca delle esenzioni e obbligando tutti i cittadini a condividere l'onere della difesa nazionale.

L'invio delle lettere segna il primo passo di un piano che prevede 7.000 convocazioni entro la fine dell'anno. Una mossa che arriva in un contesto di forti tensioni sociali e politiche. L'ordine iniziale è stato firmato dall'allora ministro della Difesa Yoav Gallant poco prima di essere rimosso dal premier Benyamin Netanyahu, ma il suo successore, Israel Katz, ha deciso di confermare e attuare la decisione.

Questa scelta affonda le radici in un dibattito che attraversa la storia di Israele. Quando lo Stato fu fondato, nel 1948, il servizio militare obbligatorio venne esteso a tutti, ma gli studenti delle Yeshiva ottennero un'esenzione temporanea. Negli anni Settanta e Ottanta, quella che doveva essere una misura limitata divenne un diritto consolidato, alimentando malumori tra le altre comunità israeliane, che iniziarono a percepire gli Haredim come beneficiari di un privilegio ingiusto. La tensione raggiunse un punto critico nel 2012, quando la Corte Suprema dichiarò incostituzionale una legge che garantiva l'esenzione, una decisione che i governi successivi non implementarono. Nel 2018, Netanyahu tentò di limitare le esenzioni con una nuova legge, ma il Parlamento bloccò il progetto. La svolta definitiva è arrivata nel giugno 2024, quando la Corte Suprema ha stabilito che non ci sono più barriere legali per l'arruolamento degli ultraortodossi, ponendo fine a un privilegio considerato discriminatorio.

L'invio delle lettere ha scatenato una reazione immediata. I leader della comunità Haredi hanno denunciato la decisione come un attacco alla loro identità, accusando il governo di voler assimilare la loro comunità religiosa. Alcuni rabbini hanno esortato i giovani a disobbedire agli ordini di arruolamento, definendo questa misura incompatibile con i loro valori. La comunità ultraortodossa ritiene che il servizio militare, con la convivenza tra uomini e donne e un ambiente prevalentemente laico, possa minare la loro integrità culturale e religiosa.

L'esercito israeliano, consapevole delle difficoltà, ha cercato di mitigare le resistenze creando unità speciali per i soldati ultraortodossi. La Brigata Hasmonea, ad esempio, è stata concepita per rispettare le pratiche religiose degli Haredim durante il servizio, offrendo un contesto che tiene conto delle loro esigenze. Ma queste misure potrebbero non bastare. La questione dell'arruolamento degli Haredim non è solo una sfida operativa, ma un banco di prova per la tenuta del delicato equilibrio tra Stato e religione in Israele.

Questo cambiamento non è privo di implicazioni politiche. Con le comunità ultraortodosse che rappresentano una componente cruciale della coalizione di governo, Netanyahu si trova a camminare su un terreno minato. L'arruolamento degli Haredim è infatti percepito come un'erosione di quel patto implicito che ha garantito loro privilegi in cambio di sostegno politico.

In Israele, l'arruolamento obbligatorio degli ultraortodossi rappresenta un cambiamento epocale, con ricadute che vanno ben oltre le questioni di sicurezza nazionale. È un test per un Paese che cerca di conciliare la modernità con una tradizione religiosa secolare, in una società sempre più polarizzata. La storia dell'arruolamento degli Haredim, che affonda le sue radici nel 1948, continua a scrivere nuove pagine, lasciando un'intera nazione in bilico tra passato e futuro.





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