«La violenza è un nostro problema, sta nelle nostre famiglie: è agita da uomini normali»
Presidente Differenza Donna
“Il patriarcato non c'è più, le violenze sessuali aumentano a causa dell'immigrazione”. Le parole del ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara durante la presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin a un anno dalla sua morte risuonano sui social e sulla rete provocando sconcerto. Ne parliamo con Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna, associazione che dal 1989 lavora per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza di genere.
Come avete reagito alle parole di Valditara?
«Abbiamo reagito con sgomento e con una gran voglia di chiamarli tutti per farli divenire consapevoli dei danni che compiono nei confronti del nostro paese e delle donne e degli uomini di questo paese. Quelle frasi sono una riproposizione di stereotipi e pregiudizi patriarcali che con tanta fatica stiamo cercando di superare e questo sforzo di superamento e' indispensabile perché senza superarli non si scalfisce la violenza maschile contro le donne che viene passata in maniera del tutto indisturbata da generazione a generazione senza neanche accorgercene. Lo stereotipo è che la violenza contro le donne non riguardi le nostre vite ma solo quella di uomini malati disagiati e quindi stranieri cioè distanti dalla nostra cultura. La realtà e lo studio scientifico del fenomeno ci dice che la violenza e' un nostro problema sta nelle nostre famiglie e' agita da uomini normali con un lavoro anche ad alto livello culturale sociale economico».
Oltretutto in un contesto totalmente sbagliato come quello della presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin, uccisa per mano dell'ex compagno italiano.
«Il femminicidio di Giulia Cecchettin è stato così simbolico e significativo proprio perché ha spazzato via ogni possibile stereotipo che allontana la violenza dalle nostre vite e dalla società sino a negarla e confinarla in ambienti vicini a noi. La questione è davvero importante perché, finché non capiamo che riguarda tutte e tutti noi, non romperemo la catena che continua a trasmettere alle nuove generazioni antiche orride manifestazioni di violenza la più diffusa è quella in cui invece si deve sperimentare solidarietà amore reciprocità desiderio di affermazione e realizzazione delle persone care vicine a noi».
Quali sono i dati reali della violenza sulle donne?
«L'Istat nelle sue indagini, così come i dati del 1522 numero nazionale antiviolenza e stalking della Presidenza del Consiglio dei Ministri che gestiamo come Differenza Donna, ma anche i dati del Ministero degli Interni dicono ovviamente all'unanimità che le violenze vengono agitate nelle relazioni intime in famiglia in maniera trasversale ossia in tutte le classi sociali economiche professionali, parliamo cioè di uomini avvocati, magistrati, operai, artigiani, medici, parlamentari agiscono violenza nei confronti delle loro partner o ex partner e quindi anche nei confronti delle/dei loro figli/e che certamente hanno assistito ai maltrattamenti agitati in casa. Le violenze in famiglia sono la stragrande maggioranza delle violenze, le altre forme sono una parte residua».
Torniamo alla negazione del patriarcato… in una società come la nostra così smaccatamente maschilista, addirittura nei testi di scuola…
«Nei testi scolastici delle elementari, medie e superiori abbiamo ancora una presentazione delle materia con una ottica patriarcale cioè con la esclusione del protagonismo delle donne e una affermazione del maschile universale. Questo significa che i testi usati sono uno strumento per il mantenimento della disparità di potere tra uomini e donne che è alla base della violenza e delle discriminazioni come ci dice la Convenzione di Istanbul».
Da dove si parte per un cambiamento reale? l'educazione all'affettività, per esempio, come chiede papà cecchettin potrebbe essere decisiva?
«La prevenzione deve essere stratificata e contenere tanti livelli diversi».