Trump al Garden lancia la sfida finale
Donald Trump lancia lo sprint finale verso il voto del 5 novembre con un bagno di folla al Madison Square Garden. Ieri sera l'ex presidente è tornato nella sua New York, e circa diecimila persone si sono date appuntamento vicino all'arena nel cuore di Manhattan già dalle prime ore della mattina, mentre intorno a mezzogiorno, quando ancora mancavano cinque ore al comizio, la fila per entrare si era allungata lungo oltre due Avenue. «Amiamo Trump, e anche se fuori fa freddo, vale la pena aspettare perché vogliamo essere sicuri di entrare», spiega al New York Post Patty Vitala, 57enne del New Jersey che insieme ad un gruppo di amiche è in coda dal pomeriggio di sabato. Nella roccaforte democratica i repubblicani puntano soprattutto a rafforzare i vulnerabili candidati in corsa per mantenere i loro seggi alla Camera, pur se il magnate non nasconde il sogno di mettere a segno un'impresa come quella compiuta l'ultima volta da Ronald Reagan nel 1984.
Il The Garden, casa dei New York Knicks, è il luogo dove Marilyn Monroe cantò «Happy Birthday, Mr President» a un 45enne John Fitzgerald Kennedy, e dove Bill Clinton accettò la nomination democratica nel 1992. E ancora ha ospitato presidenti come Grover Cleveland , Herbert Hoover e Franklin D. Roosevelt, e come ricorda il Nyt la sua storia è stata segnata anche, nel 1939, da un comitato a sostegno di Adolf Hitler, dove 20mila sostenitori si scagliarono contro la «stampa controllata dagli ebrei» e incoronarono George Washington «America's First fascist», il primo fascista d'America. Per il comitato di Trump – a cui hanno preso parte anche il patron di X e Tesla Elon Musk, il suo candidato vice JD Vance, l'imprenditore presidente della Ultimate Fighting Championship Dana White, e l'ex candidato indipendente alla Casa Bianca Robert F Kennedy Jr. – sono state decise imponenti misure di sicurezza, anche se non sono state riscontrate minacce. L'ex comandante in capo ha scelto l'arena per pronunciare il suo «discorso conclusivo», con l'obiettivo di mettere ancora una volta «in luce i problemi che affliggono la nostra nazione», come ha affermato un membro della sua campagna. La possibilità di salire sul palco calcato in passato da star come Billy Joel e Elton John è stata per lui e il suo passato da showman televisivo, un'occasione da non perdere, e non solo dal punto di vista economico (visto che l'appuntamento si è tradotto in una raccolta fondi milionaria). La vicepresidente Usa, da parte sua, punta a raggiungere gli elettori «quartiere per quartiere», stando al suo staff, con particolare attenzione alle comunità nere e ispaniche, per tentare di conquistare sino all'ultimo voto nei sette stati in bilico, decisivi in quelle che per i sondaggi sono tra le elezioni più combattute nella storia degli Stati Uniti.
In Michigan a darle man forte è arrivata Michelle Obama, la più carismatica delle first lady, ancora oggi fonte d'ispirazione per milioni di persone. «Alla Casa Bianca abbiamo bisogno di un adulto», ha detto lanciando un appassionato appello agli elettori, in particolare agli uomini, spronandoli a sostenere Harris ea farlo per le loro mogli, le loro figlie e le loro fidanzate.
Dicendosi «frustrata e arrabbiata» perché la corsa è troppo serrata per i suoi gusti, l'ex first lady ha riconosciuto la «rabbia» di molti americani per la «lentezza del cambiamento», ma ha puro avvertito che se queste elezioni non vanno per il verso giusto e Trump e il suo divieto per l'aborto torneranno nello Studio Ovale, «le donne diventeranno un danno collaterale della vostra rabbia. Vi chiedo di prendere seriamente le nostre vite».