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Il diritto di contare, la storia vera di Mary W. Jackson e delle ‘donne computer’


Mary Jackson 1977, Foto Nasa,

La storia di Mary W. Jackson, prima donna nera ingegnere alla Nasaesemplare e pionieristica in sé non avrebbe avuto bisogno probabilmente del film Figure nascoste (2016), versione italiana Il diritto di contare (2017, su Rai Uno in prima serata il 30 ottobre 2024) tratto dall'omonimo libro di Margot Lee Shetterly per essere raccontata e riconosciuta nel mondo, ma è un fatto che il film, prendendo la sostanza dalla sua storia vera con l'aggiunta di qualche inevitabile licenza poetica, abbia contribuito a dare impulso al suo riconoscimento pubblico e internazionale, tanto che nel 2020, e non a caso proprio dopo il film, l'ente aerospaziale statunitense ha deciso di intitolarle il suo quartier generale a Washington.

I crismi dell'eccezionalità per imporla come simbolo dei diritti civili del resto la vicenda umana di Mary W. Jackson li ha avuti davvero tutti fin dall'inizio: la segregazione razziale in corso, le origini da uno stato del Sudil tetto di cristallo per una donna e, in più, il pregiudizio che vuole ancora oggi – figuriamoci cento anni fa – le ragazze poco portate per i numeri.

Nata il 9 aprile del 1921 a Hampton in Virginia, da una famiglia attiva nella Bethel AME, la chiesa episcopale metodista africana della cittàà, Mary è cresciuta in quel contesto animando tra le altre cose il gruppo scout per parecchi anni. Si è diplomata con il massimo dei voti alla George P. Phenix Training school riservata ai neri e nel 1942, ha conseguito con i massimi onori accademici la doppia laurea in matematica e in fisica alla Hampton University.

Come prevedibile la sua strada è stata in salita, per anni ha accettato diversi lavori non tutti proporzionati al suo titolo di studio. Ha insegnato in una scuola per afroamericani nel Maryland, ha fatto la receptionist al King Street USO club della sua città d'origine e poi la contabile all'istituto del dipartimento per la salute. Sposata nel 1944 con un militare della marina americana, ha interrotto due volte il lavoro per un periodo, dopo la nascita di ciascuno dei suoi due figli.

La svolta nella sua vitacome ha ricordato Clayton Turner attuale direttore del centro di ricerca Langley della Nasa nel corso della cerimonia di intitolazione del quartier generale, è venuta nel 1951, quando Mary W. Jackson ha iniziato a lavorare come “computer umano” per la Naca, ente antesignano nella Nasa, nella West computer area. Era un ufficio in cui vigeva la segregazione (cucine e servizi separati) e in cui donne, per lo più matematiche, anche nere, erano reclutate per controllare con l'aiuto della calcolatrice i calcoli eseguiti dalle macchine e metterli a disposizione dei ricercatori. È in questo ufficio che Mary ha incontrato Dorothy Vaughananche lei nera, matematica e programmatrice di computer, dal 1949 dirigente della West area e Caterina Johnsonche vi è arrivata nel 1952, dopo anni di insegnamento e con una laurea in matematica presa a 19 anni al West Virginia State College, una delle università storicamente afroamericane d'America.

Il lavoro di queste donne ha avuto un ruolo fondamentale nel successo della missione Friendship 7 di John Glenn nel 1962, primo americano a compiere almeno un'orbita attorno alla terra. Nel film si vede una scena in cui John Glenn chiede che “la ragazza” (riferendosi a Katherine Johnson) controlla manualmente i calcoli generati dai computer elettronici, fondamentali per la missione. La richiesta secondo la Nasa è realmente avvenuta ma i tempi cinematografici sono compressi, perché: «questo avvenne ben prima del lancio e per calcolare l'output di 11 diverse variabili con otto cifre significative le ci vuole un giorno e mezzo. I suoi calcoli corrispondevano esattamente a quelli del computer, e questo diede a John Glenn, e a tutti gli altri, la fiducia che il software critico del computer era affidabile».

Come racconta l'enciclopedia britannica, nel 1953 Jackson ha lasciato la West area per collaborare con Kazimierz Czarnecki, che le biografie hanno lasciato il suo “mentore bianco”, un ingegnere che stava conducendo esperimenti alla galleria del vento supersonica. È stato lui a porre le basi perché Jackson potesse diventare, in seguito nel 1958, la prima donna afroamericana ingegnere alla Nasa: le suggerì di incrementare le sue qualifiche entrare nel programma di addestramento, cosa non facile perché le sarebbe servito un permesso speciale per frequentare corsi riservati ai bianchi. Alla figura di Cazarnecki è ispirato nel film abbastanza fedelmente anche se con qualche dettaglio mutato il quasi omonimo personaggio di Karl Zielinski.

È cominciata così la carriera dell'ingegner Jackson, donna e nera, probabilmente l'unica negli anni Cinquanta: una carriera di tutto rispetto che ha annoverato vent'anni di pubblicazioni, ma che non si sono tradotte in opportunità di progredire in carriera nonostante il talento dimostrato e gli ostacoli superati, una cosa che come documenta il sito della Nasa l'ha convinta a dare una drastica svolta al suo percorso: «lascia l'ingegneria e subisce una retrocessione pur di occupare la posizione aperta di manager» per impegnarsi a fondo nella rottura del tetto di cristallo e per promuovere le pari opportunità in campo scientifico: nel Federal Women's Program, nell'Ufficio programmi per le pari opportunità nella Nasa e nell'Affirmative Action Program.

Mary W. Jackson ha lavorato nel centro di ricerca Langley della Nasa fino al 1985, ricevendo numerosi riconoscimenti, è scomparsa l'11 febbraio del 2005, le sue spoglie si trovano al cimitero della chiesa in cui è cresciuta a Hampton.



Il film dedicato alla sua storia si intitola nella versione originale Figure nascoste (alla lettera: persone/cifre nascoste), titolo gioca sul doppio significato di “figure”, che significa tanto persona quanto cifra: un'allusione al fatto che le storie di Mary W. Jackson, Dorothy Vaughan e Katherine Johnson fossero rimaste fin lì pressoché ignote ma anche alla bravura con i numeri. Il titolo italiano ha cercato di rendere lo stesso gioco con Il diritto di contaredove contare significa tanto “enumerare” quando “valere”. Il film ha ottenuto il suo scopo, ha destato una curiosità attorno a queste persone, tanto che il sito dell'Agenzia spaziale americana si è presa la brigata di organizzare un servizio di risposta alle domande più frequentiper fare ordine tra storia vera e licenza cinematografica.

Si scopre lì che la Nasa ha fornito al film aiuto e supporto per le fonti storiche e che la storia è uscita “tardi” perché la ricerca storica sistematica sulle donne computer di Langley è iniziata nel 1990. Come spesso accade ai film basati su vicende realmente accadute l'esigenza di sintesi porta a salvare la sostanza ma anche a qualche licenza nei dettagli, per esigenze drammatiche e per il bisogno di introdurre figure che non sono strettamente storiche ma servono a rendere l'idea di un'epoca.

Il personaggio interpretato da Kevin Kostner, per esempio, ha un nome inventato, Al Harrison, ma è liberamente ispirato a una figura realmente esistita, Robert C. Gilruthcapo dello Space Task Group al Langley Research Center e successivamente primo direttore di quello che oggi è il Johnson Space Center di Houston. «Tuttavia», spiegano le Faq della Nasa, «la struttura organizzativa dello Space Task Group era molto più complicata di come la si vede e stava cambiando rapidamente nel periodo in cui si svolgeva il film. Per chiarezza nel film, la struttura di gestione è compressa ed è stato creato il personaggio compositore Al Harrison».

Allo stesso modo i personaggi di Vivian Mitchell e di Paul Stafford sintetizzano rispettivamente ciascuno in sé più figure e situazionei: Vivian rappresenta mentalità e atteggiamenti dell'epoca in donne bianche in ruoli di coordinamento; Stafford racchiude la squadra di ingegneri con frequenti turni con cui ha lavorato Katherine Johnson allo Space Task group. Pur non essendo identificabili storicamente, rendono in modo emblematico la realtà di qualcosa che è esistito, quello che potremmo chiamare “fattore ambientale” e quel tanto di autonomia creativa che distingue un film storico da un documentario.





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