Don Francesco Fiorillo Il dolore? Si può attraversare insieme
di Vittoria Prisciandaro
Pianta mandorli perché, nel buio e nel freddo dell'inverno, sono i primi a fiorire e gli ultimi a portare frutto. Vive in un monastero, ma resta un prete diocesano convinto, perché, dice, «siamo i nuovi monaci, tra impegno sociale e silenzio». Ama la libertà – «è il valore più alto. Solo chi è libero è capace di amare» – e per questo è diventato sacerdote: «Mi sono innamorato di questo Dio liberatore. Ma, di fondo, sono sempre il dj che ero a 18 anni, non si cambia».
Don Francesco Fiorillo ha 48 anni. È il custode e il responsabile della Fraternità monastero san Magno di Fondi, in provincia di Latina. Ha fatto il parroco per 20 anni e l'assistente diocesano dell'Azione cattolica. Quindici anni fa gli è stato affidato questo antico monastero – fondato nel 522 su un luogo che nel III Secolo era stato bagnato dal sangue dei martiri cristiani – come spazio di accoglienza.
«Entra, ti aspettavamo» è il benvenuto dell'icona all'ingresso del monastero. Ed è il messaggio che comunicano aiuole, agrumeti e olivi, i legni ei sassi lavorati con creatività a raccontare passi del Vangelo, ad allestire sedute alternative, a suscitare il desiderio di fermarsi in silenzio, a lasciare spaziare lo sguardo sui monti Lepini e il verde della campagna.
È tra le pietre diroccate del monastero dove veniva a giocare da bambino con gli amici del paese, che don Francesco scopre un cammino che fa sintesi della sua vita. «A 18 anni sentivo di essere immortale. La musica mi aveva portato in giro per l'Europa e poi in Africa, in Brasile, in India… L'adrenalina che avevo, da sola, mi bastava per andare al massimo. Non ho mai fatto uso di nessuna droga, non mi serviva». Non così gli amici che lo accompagnavano. Il più caro, durante un rave, per una pasticca di troppo, gli muore tra le braccia. Si chiude in casa per un anno: depressione, buio, vuoto.
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