La breve vita delle Gibson Firebird
“Forma del body stravagante, bilanciamento del manico errato, peso esagerato, meccaniche inutilizzabili e intonazione instabile, pickup dal suono scadente con ring orribili, costruzione bizzarra, ponte vibrato inaffidabile, posizione scomoda di switch e manopole“: così viene descritta una Gibson Firebird dai suoi detrattori.
Ma concediamo a queste chitarre il beneficio del dubbio per poter maturare un giudizio oculato, a netto di luoghi comuni e preconcetti.
Recentemente mi sono passate tra le mani una Gibson Firebird III vintage originale del 1964 ed un simile modello del 1965.
È un’occasione ghiotta per riscoprire le chitarre Firebird e i bassi Thunderbird originali, prodotti da Gibson a Kalamazoo, Michigan tra ottobre 1963 e maggio 1965: i cosiddetti modelli “Reverse”.
Ripercorriamo la loro storia avvincente e esaminiamo tutto ciò che occorre sapere sulle loro uniche caratteristiche tecniche e timbriche!
Lo scenario
Verso il termine del 1960 la linea Les Paul, nel suo design originale introdotto nel decennio precedente, fu messa fuori produzione.
Tutta la linea subì un radicale processo di restyling; gli venne data la forma con corna appuntite che qualche anno dopo sarebbe stata ribattezzata “SG”.
Gli accordi economici e di consulenza tra la società Gibson e il chitarrista Les Paul vennero gradualmente interrotti, per un singolare intreccio di motivi personali e questioni legali.
La Fender Electric Instruments Company, in circa 15 anni di attività, aveva raggiunto lo status di azienda leader e aveva ormai conquistato una parte significativa del mercato delle chitarre elettriche solid-body.
In questo scenario, Gibson aveva bisogno di una nuova linea di solid-body, per tenere il passo con il concorrente californiano. Andando incontro ad un decennio di rinnovamenti epocali, questa nuova linea di chitarre doveva sfoggiare un design “modernista” e caratteristiche tecniche innovative, per attrarre una nuova generazione di musicisti.
Il “Korina Trio”
In realtà Gibson non era affatto nuova al concetto di design “modernista”. Nel 1958, il presidente, Theodore “Ted” McCarty creò una linea di solid-body radicalmente innovativa, nel tentativo di “svecchiare” il catalogo Gibson, ritenuto di stampo tradizionalista.
Il team di McCarty aveva progettato 3 modelli futuristici realizzati in Limba, un legno africano simile al Mogano, conosciuto negli USA con il nome commerciale di “Korina”.
Questi modelli erano: la Flying V, a forma di freccia, la Explorer, a forma di fulmine e la Moderne, che non riuscì a superare lo stadio di prototipo.
Queste chitarre erano in anticipo sul loro tempo e vennero accolte con grande superficialità. Commercianti e musicisti le consideravano divertenti attrazioni da baraccone, non strumenti degni dell’attenzione che avrebbero meritato.
Entro il 1959 furono consegnate solo 22 Explorer e 98 Flying V, mentre i pochi prototipi della Moderne scomparvero addirittura senza lasciare traccia.
Come noto, questi tre modelli furono riscoperti e riproposti nel corso degli anni successivi e conoscono oggi larga diffusione.
Dunque, nel 1962, Ted McCarthy voleva lanciare una linea innovativa di chitarre ma, memore del fallimento commerciale del “Korina trio” di quattro anni prima, questa volta mirava ad un design meno radicale.
McCarty si imbatté nella persona ideale a cui affidare l’arduo compito di creare un design “proiettato nel futuro, ma non troppo”; questa persona era Ray Dietrich.
Ray Dietrich: dalle auto alle chitarre
Raymond “Ray” Dietrich era un progettista e designer automobilistico di prim’ordine, rinomato per le linee pulite ed eleganti delle sue creazioni.
Nato nel 1894, fu professionalmente attivo dal 1914 fino a tutti gli anni ’50. Nel 1920, all’età di 26 anni, aveva già abbastanza esperienza da fondare una propria azienda di progettazione e realizzazione di carrozzerie.
Con la battuta d’arresto della Grande Depressione degli anni ’30, Dietrich dovette chiudere la sua piccola ditta indipendente e divenne primo capo progettista della Chrysler, fino al 1938. Quando scoppiò la seconda guerra mondiale, Dietrich finì con il lavorare per la produzione bellica presso la Checker Motor Corporation, con sede a Kalamazoo, nel Michigan.
Dopo la guerra, la Checker Motors riprese la propria produzione di taxi; Dietrich progettò la carrozzeria del modello di taxi Checker A2, che segnò un nuovo standard nel settore.
Al culmine della sua carriera, Dietrich riavviò la sua attività di costruzione di carrozzerie come libero professionista, vantando clienti di grande prestigio.
Andò ufficialmente in pensione nel 1960, all’età di 66 anni, scegliendo di rimanere a Kalamazoo che, coincidenza vuole, all’epoca era anche sede del quartier generale della Gibson.
Nell’ottobre 1962, Dietrich tenne in città un incontro sul design automobilistico; nel pubblico c’era Ted McCarty che approfittò ad avvicinarlo.
Alla fine, McCarty propose a Dietrich di rientrare dalla pensione e collaborare con Gibson per lavorare sul progetto di un nuovo modello di chitarra elettrica solid-body con criteri innovativi di design e costruzione. Probabilmente Dietrich venne attratto dall’idea di misurarsi con un’esperienza del tutto nuova per lui e accettò la sfida.
La chiameremo “Firebird”
Ovviamente Dietrich e McCarthy ebbero un briefing tecnico in cui discussero i dettagli tecnici del progetto. Ritengo ragionevole supporre che a Dietrich fossero stati mostrati i design del Korina Trio e alcuni modelli realizzati dai principali concorrenti, tra cui in particolare la Fender Jazzmaster.
Ad ogni modo, per McCarty sviluppare progetti originali era una questione di principio ed un punto di orgoglio. Dichiarò: “Non avremmo mai voluto che la nostra chitarra sembrasse la copia di una Fender. Una cosa che Gibson non avrebbe mai fatto, almeno finché ero lì, era copiare chiunque altro”.
Nove giorni dopo, Dietrich presentò un portfolio con 8 diversi progetti originali dalle forme futuristiche. Stando a quanto viene riferito, il reparto vendite Gibson approvò per la produzione l’ultimo disegno della serie.
Come promesso, il design di Dietrich si discostava notevolmente dal concept delle classiche solid-body del decennio precedente. Il risultato ricorda più da vicino i modelli modernisti in Korina del 1958; in particolare, la forma del body potrebbe essere descritta come una versione arrotondata e addolcita dell’Explorer.
Partendo dall’idea di Dietrich, venne sviluppata un’intera linea di strumenti; sarebbero state chiamate chitarre “Firebird“, con i modelli di basso “Thunderbird” a fare da pendant.
Il nome Firebird si riferisce alla Fenice, l’uccello mitologico che rinasce risorgendo dalle proprie ceneri. Qualcuno afferma che questo nome fu suggerito da McCarty come augurio di rinascita per Gibson, che per inciso non era affatto in cenere.
Altre fonti sostengono che i nomi fossero stati presi in prestito da Dietrich dall’industria automobilistica, il che sembra più verosimile.
In realtà, nessuno sembra ricordare che la Gretsch produceva già dal 1955 una chitarra chiamata “Jet Firebird”, usata da Bo Diddley. Inoltre, Bo Diddley, secondo George Gruhn, progettò due modelli personalizzati, simili ma distinti tra loro: la “Jupiter” e la “Thunderbird”.
Queste chitarre moderniste furono costruite appositamente per lui dalla Gretsch nel 1961. Dunque è mia opinione personale che la buona amicizia tra Ted McCarty e Fred Gretsch abbia influito più di altri fattori nella scelta dei nomi Firebird e Thunderbird.
In ogni caso, Dietrich disegnò anche gli eleganti loghi serigrafati che decorano i battipenna dei due modelli.
Una nuova linea in catalogo
Gibson introdusse la nuova linea di strumenti nella primavera del 1963, anche se non arrivarono nei negozi prima di ottobre.
La linea di chitarre Firebird era composta da 4 modelli, ciascuno rivolto a diversi segmenti di mercato; furono denominati con i numeri romani dispari: I, III, V e VII. I numeri pari II e IV vennero assegnati ai 2 modelli di basso Thunderbird.
In sostanza, le Firebird seguivano lo stesso schema a 4 modelli utilizzato nelle linee Les Paul e SG, con le versioni “Junior“, “Special“, “Standard” e “Custom“.
C’era però una differenza: le Les Paul e SG “entry-level”, presentavano il pickup di vecchia scuola P-90, mentre i modelli Standard e Custom, di fascia alta, sfoggiavano il più prestigioso humbucker.
Più “democraticamente”, i 4 modelli Firebird, montavano tutti lo stesso tipo di pickup: una nuova versione dei mini-humbucker usati su alcune chitarre Epiphone.
La più economica Firebird I, corrispondente a una Junior, aveva un solo pickup mini-humbucker, ponte/attaccacorde “wraparound” con sellette di compensazione, e manico senza binding, con tastiera in palissandro e segna-posizione a punto.
Il prezzo di listino era di $ 189,50; moltiplicando per 10 si ottiene un’approssimativa corrispondenza con l’attuale controvalore in Euro.
La Firebird III, ad un prezzo di $ 249,50, aveva specifiche simili ad una SG Special della stessa epoca: montava 2 pickup con selettore a 3 vie, manico con binding e la Vibrola Maestro corta, con il semplice braccetto con “manico a cucchiaio”.
La Firebird V, di fascia alta, aveva un prezzo di $ 325, vantava intarsi trapezoidali e ponte tune-o-matic, come un SG Standard. La Vibrola aveva un lungo coperchio nichelato con la decorazione incisa di una lira e un braccetto rifinito con manico in plastica.
Al top della gamma c’era la Firebird VII, con 3 pickup, tastiera in ebano con binding, segna-posizione a blocco, primo tasto compreso e hardware placcato in oro.
Queste specifiche, simili a quelle della SG Custom, portavano il prezzo a $ 445, rendendola la più costosa 6 corde solid-body nel catalogo Gibson di quegli anni. I prezzi non includevano la custodia, che veniva offerta a $ 46.
Anche i 2 modelli di basso Thunderbird avevano humbucker di nuova concezione. Furono i primi bassi prodotti da Gibson con scala lunga da 34 pollici, come il Fender Precision ed il Jazz Bass.
Il Thunderbird II aveva un solo pick-up e aveva il prezzo di $ 290, il Thunderbird IV aveva 2 pickup e costava $ 370. Non esisteva un basso Thunderbird VI a fare da pendant alla chitarra Firebird VII; forse per evitare confusione con il Fender Bass VI, uscito un paio di anni prima.
Fender aveva adottato con successo le vernici della DuPont Duco, prese in prestito dal mondo automobilistico, in modo da offrire in opzione ai propri clienti una gamma di attraenti colori personalizzati. Per stare al passo con la concorrenza, Gibson seguì a ruota.
Infatti, i “Custom Colors” costituirono una parte importante della campagna promozionale per le Firebird. La finitura standard era sunburst trasparente, ma venivano offerte 10 diverse opzioni di colori personalizzati, per un supplemento di $ 15.
Una chitarra diversa
Come ho anticipato in apertura, ho avuto la fortuna di imbattermi in questa bellissima Firebird III vintage del 1964, in perfette condizioni. È arrivata da Rumble Seat Music, a Nashville, Tennessee.
Il blocco centrale in mogano è vivamente figurato e mostra venature uniche che sono valse a questa particolare Firebird il soprannome di “Fishbone” (lisca di pesce).
Questo prezioso strumento appartiene ora al mio buon amico Viktor Németh di Budapest, che possiede una prestigiosa collezione. La Firebird III, di livello medio, era la versione più popolare tra le quattro disponibili. Il ponte/attacca-corde combinato, con sellette di compensazione per l’intonazione, è soprannominato “stairstep tailpiece” (a scaletta).
Caratteristiche estetiche a parte, questa è l’unica differenza sostanziale con la Firebird V, che monta invece il classico ponte ABR-1.
Le chitarre Firebird vantano diversi elementi di innovazione. La paletta ricorda una versione speculare del design Fender: ha sei meccaniche in linea con la meccanica del Mi cantino prima in linea e la meccanica del Mi basso più lontana dal capotasto.
Inoltre, la forma asimmetrica del corpo presenta un corno più pronunciato dalla parte dei cantini e una spalla rientrante dal lato dei bassi, il che è l’opposto di una Jazzmaster o di una Stratocaster. Questo aspetto di chitarra “alla rovescia” valse alle Firebird originali il soprannome di modelli “Reverse“.
Dietrich e McCarty, per differenziare ulteriormente la paletta dal caratteristico look di casa Fender, presero l’insolita decisione di adottare meccaniche stile banjo. La differenza è che queste meccaniche Kluson hanno un rapporto di trasmissione convenzionale per chitarra di 12:1, mentre le meccaniche “planetary” tradizionali da banjo hanno di solito un rapporto di 4:1, che non sarebbe realmente utilizzabile su una chitarra, specialmente con scala lunga.
Come su un banjo, queste meccaniche sono montate perpendicolarmente alla paletta e rimangono nascoste sul retro, per una linea elegante e pulita. La loro posizione inoltre è tecnicamente ottimale: consentono un perfetto allineamento delle corde, dal solco del capotasto alla meccanica, a tutto vantaggio della stabilità dell’accordatura.
La pronunciata inclinazione di 17 gradi della paletta, elimina la necessità di qualsiasi blocca-corde. Anche se le meccaniche delle Firebird non godono di popolarità trai chitarristi, io le trovo efficaci, affidabili, comode ed eleganti.
Ma la caratteristica più particolare delle Firebird Reverse è la costruzione “neck-through body”. Rickenbacker aveva utilizzato questa tecnica costruttiva sin dalla metà degli anni ’50 con le chitarre solid-body “Tulip Style Combo” (1955) e i bassi modello 4000 (1957) e 4001 (1961).
Gibson rilanciò questa tecnica costruttiva in una variante particolarmente sofisticata.
I manici delle Firebird e dei bassi Thunderbird sono composti da nove strisce di tavole alternate di mogano e acero incollate insieme, per resistenza e stabilità ottimali. Questo laminato di tavole lunghe arriva fino alla base inferiore della chitarra.
“Ali” asimmetriche in mogano vengono quindi incollate su ciascun lato della sezione centrale principale, che funge anche da base di supporto per hardware e pickup. In termini semplici, il manico si estende lungo tutta la chitarra come un blocco di legno continuo, dalla paletta al bottone inferiore per la tracolla.
Il design delle Firebird appare ancora oggi sorprendentemente attuale. Dietrich diede allo strumento una vivace sensazione di tridimensionalità. La struttura centrale del neck-through è leggermente più spessa delle ali: forma due piccoli gradini o “linee di carattere”, tipiche del design automobilistico. Il corpo forma un angolo ergonomico con il manico.
Inoltre, una cornice smussata più sottile circonda la paletta, da cui il soprannome di “Sculptured Headstock” (paletta scolpita).
I mini-humbucker adottati sulla Firebird erano anch’essi di nuova concezione. I mini-humbucker Epiphone standard, successivamente adottati anche sulla Les Paul Deluxe, hanno una struttura simile ai classici pickup PAF. La versione Firebird presenta le stesse dimensioni ma è progettata in modo completamente diverso, con la caratteristica immediatamente riconoscibile di non avere pole-piece regolabili.
Internamente hanno una doppia barra di magneti Alnico V, con le due bobine o avvolgimenti che circondano direttamente i magneti. Questi pickup hanno un livello di uscita più elevato e un suono più corposo rispetto ai mini-humbucker tradizionali.
Interessante notare che, le riedizioni di mini-humbucker contemporanee montate di serie, sono molto diverse nei materiali, nella costruzione e nel suono rispetto ai loro blasonati predecessori.
Ci sono altri tre dettagli particolari sulle Firebird di produzione vintage originale. Il corpo presenta tre bottoni reggi-cinghia, in modo da poter scegliere tra due bottoni alla sinistra: uno sul tacco del manico e uno sulla spalla, per un bilanciamento e una regolazione dell’altezza ottimali.
La disposizione delle manopole per i controlli è diversa da quella standard: i controlli del volume sono entrambi in alto mentre le manopole del tono sono alla fila inferiore. Sotto un certo aspetto, questa disposizione ha più senso, in quanto la posizione dei controlli corrisponde a quella dei pickup. Infine, la cavità per i controlli presenta vernice schermante color argento.
La prova su strada
Quando ci si accosta ad una Firebird, occorre tener ben presente ciò che abbiamo imparato nel video sui 7 acerrimi nemici del chitarrista: “per entrare completamente in sintonia con una qualunque chitarra, occorre del tempo e un pizzico di spirito di adattamento“.
Suonare una Firebird non è come suonare una Les Paul o una Strato; occorre abbracciare la sua particolare filosofia costruttiva.
La Firebird è più lunga di 10 cm, quindi potrebbe essere necessario adattarsi ad una diversa ergonomia, diverse posizioni di meccaniche, manopole, selettore e così via. La sua combinazione unica di caratteristiche tecniche e costruttive, conferisce alle vecchie Firebird un timbro e una playability differenti.
Le Firebird vintage hanno una loro voce caratteristica. In particolare il pickup al manico vanta incredibile attacco e chiarezza, che si traduce anche in un’ottima resa degli acuti con il selettore in posizione centrale.
Inoltre, i pickup si adattano molto bene agli effetti, mentre la costruzione neck-through conferisce un sustain senza rivali.
Il problema principale con le vecchie Firebird è che le custodie vintage erano troppo poco profonde per alloggiare adeguatamente il grado di inclinazione della paletta.
Infatti, quando la chitarra viene riposta nella sua custodia originale, la meccanica all’estremo della paletta rimane a diretto contatto con il fondo della custodia.
In questo punto critico il manico si rompe facilmente, nel malaugurato caso in cui la custodia dovesse accidentalmente cadere; il che purtroppo è accaduto a molte Firebird vintage.
Il fallimento commerciale e il restyling
Sfortunatamente, agli inizi del 1965, la Firebird era ben lontana dal soddisfare le aspettative di vendita della casa. Nel 1964 Gibson vendette meno di 2500 Firebird, rispetto alle quasi 7500 SG.
Tra il 1963 e la metà del 1965 furono spedite complessivamente meno di 1000 unità della V e soltanto 300 pezzi circa della VII. I modelli Reverse erano realizzati con materiali di alta qualità attraverso un elaborato processo produttivo. Ciò determinava prezzi al dettaglio elevati, soprattutto considerando che i principali concorrenti utilizzavano manici senza binding, assemblati rapidamente con quattro viti.
Di conseguenza, nell’estate del 1965, Gibson decise di cessare la produzione del design originale “Reverse”.
Le intere linee di Firebird e Thunderbird subirono un restyling sostanziale, volto a tagliare i costi di produzione e, di conseguenza, a ridurne i prezzi al dettaglio.
Alcune fonti riportano che Fender avesse minacciato di intentare una causa a Gibson, contestando la forma asimmetrica del body della Firebird e rivendicarono diritti di esclusiva sul “offset body design”, in particolare riferimento ai brevetti di Jazzmaster del 1958 e di Jaguar del 1960.
Tale controversia legale non ebbe mai un seguito; personalmente ritengo che non abbia realmente giocato un ruolo nella decisione di rinnovare la linea Firebird e cambiarne i connotati.
Infatti, paradossalmente, la versione revisionata del design si avvicina ancora di più allo stile di casa Fender. La gloriosa era di McCarthy si stava avvicinando alla fine. Mentre i modelli “Reverse” richiedevano una complessa tecnica di costruzione, la nuova versione delle Firebird venne progettata per ottimizzarne il processo produttivo e per conferirle un aspetto più convenzionale.
Ciò effettivamente permise di abbassare i prezzi al dettaglio e di incrementare le vendite.
I cambiamenti principali furono: un normale assemblaggio del manico “set-neck” al posto del sofisticato “neck-through” delle “Reverse”, un corpo piatto, senza linee di carattere e una paletta piatta, senza la cornice e le smussature della “sculptured headstock”.
La paletta ora ha un convenzionale orientamento tipo Stratocaster, con la meccanica del Mi basso prima in linea, vicino al capotasto. Normali meccaniche Kluson allineate a sei sostituiscono le uniche meccaniche in stile banjo.
Nel nuovo design del corpo, la spalla dei bassi sporge oltre il corno dal lato dei cantini, per un aspetto più familiare; pertanto, le linee Firebird e Thunderbird di questa seconda generazione sono comunemente note come modelli “Non-Reverse”.
Tutti i modelli hanno tastiera in palissandro con semplici segna-posizione a punto; veniva scavata in fabbrica una grande cavità nel body, predisposta per ospitare tre pickup, nota come “cavità a piscina” o a “vasca da bagno” (bathtub route).
I pickup erano montati direttamente sulla plastica di un battipenna più largo che, nel caso dei modelli a due pickup, nascondeva lo scasso che rimaneva inutilizzato nella parte centrale.
Ciò significa che le 4 versioni delle Firebird “Non-Reverse”, dalla I alla VII, erano tutte basate sullo stesso assemblato di corpo e manico semilavorato.
Ora la I e la III montavano i pickup P-90 mentre i mini-humbucker rimasero sulla V e sulla VII. Le linee di Firebird e Thunderbird “Non-Reverse” vennero anch’esse gradualmente messe fuori produzione a partire dal 1969.
La zona grigia
Ma il mondo non è mai bianco o nero, c’è sempre una zona grigia nel mezzo. Fuor di metafora, tra modelli ‘Reverse’ e ‘Non-Reverse’, durante l’estate del 1965, lasciò la fabbrica un certo numero di strumenti di transizione che presentano una sovrapposizione di caratteristiche. Alcune chitarre straordinarie vennero fuori da questa “zona grigia”.
Ad esempio, alcune Firebird I e III “Reverse” hanno pickup di tipo “Soapbar” al posto dei mini-humbucker, per la gioia dei fan dei P-90.
Inoltre, da questa “zona grigia” arriva la seconda, meravigliosa Firebird III che ho avuto la fortuna di avere in prova. È un modello “Reverse” sotto ogni aspetto tranne che per il particolare di avere una paletta con orientamento “Non-Reverse”.
Questa paletta è orientata con meccanica del Mi basso più vicino al capotasto ma presenta ancora la cornice sporgente; è una rarissima versione speculare della “sculptured headstock” originale, con meccaniche tipo banjo.
Anche questo “rare bird” è volato nella collezione del mio amico Viktor.
Non esito a definire questa Firebird, uno dei più grandi strumenti che ho avuto la fortuna di incontrare: è leggera come una piuma, ha un “mojo” mozzafiato con un’affascinante patina da look “vissuto” e, come si può apprezzare dal filmato, un suono sbalorditivo.
I testimonial
Vediamo solo alcuni chitarristi più rappresentativi tra quelli devoti ai modelli “Reverse” originali dell’epoca.
Link Wray, leggenda della chitarra, ricevette dalla Gibson una delle prime Firebird III, con finitura personalizzata Polaris White. Sembra che nel 1965, dopo circa un anno di utilizzo, la paletta fosse già stata spezzata e riparata per ben due volte.
Nel maggio 1965, i chitarristi dei Rolling Stones Keith Richards e Brian Jones ricevettero, come parte di un endorsement da Gibson, due modelli VII color sunburst identici tra loro.
In quegli stessi giorni gli Stones erano impegnati in una session in studio a Los Angeles per registrare “Satisfaction”, quindi è plausibile che queste chitarre siano state impiegate in quella storica seduta di registrazione.
Anni dopo, nel bellissimo video della cover di Bob Dylan “Like a Rolling Stone”, Ron Wood sfoggiava un modello V anni ’60, che è ancora tra le sue chitarre preferite.
Nel 1968 e 1969 Eric Clapton, ai tempi dei Cream, usò una Firebird I del 1963: la versione “senza fronzoli” a pickup singolo. Clapton inoltre introdusse alle Firebird il suo collega Stephen Stills.
PJ Harvey, performer e artista di prima classe, ha imbracciato più volte in concerto quella che sembra essere una VII vintage originale anni ’60, per un look da vera icona del rock.
Non si può parlare della VII, senza nominare Phil Manzanera dei Roxy Music. All’inizio del 1973, Manzanera ebbe la fortuna di trovare sul Melody Maker un’inserzione per una Gibson rossa. L’annuncio era di un adolescente, figlio di una famiglia facoltosa, che si era appena trasferita a Londra da Kalamazoo.
La “Gibson rossa” si rivelò essere una Firebird VII del 1964 estremamente bella e rara, nello splendido colore custom originale “Cardinal Red”.
Bastò soltanto uno sguardo per decidere: Manzanera diede al ragazzo 150 sterline e prese la chitarra, senza nemmeno attaccarla ad un ampli. Questa Firebird rossa divenne da allora sua inseparabile compagna; la dichiarazione d’amore ufficiale arrivò nel 2008, quando Manzanera dedicò un intero album alla sua chitarra.
A mio personale parere, il testimonial più rilevante e influente della Firebird V Reverse, è Johnny Winter. Il leggendario guitar hero texano, all’inizio degli anni ’70, trovò una rarissima V del 1964 in Polaris White e una V sunburst del 1963, che amava particolarmente e utilizzò ampiamente durante tutta la sua carriera.
Ognuna delle due chitarre venne replicata dal Gibson Custom Shop, in una tiratura limitata di soli 125 pezzi; la sunburst venne realizzata nel 2008, quella bianca uscì nel 2021 e vanta una finitura relic realizzata dal Tom Murphy Lab. Su tutte le sue Firebird Johnny faceva rimuovere la Vibrola originale in favore di una normale stop-bar.
Winter dichiarò che, oltre al look accattivante, amava la Firebird perché “offre il meglio di tutti i mondi”, combinando playability Gibson e qualità timbriche tipiche delle Fender.
In particolare, Winter amava il mordente in più dei mini-humbucker, che lui addirittura preferiva ai tradizionali PAF “full-size”.
Guitar diary
Se posso concludere con una breve nota autobiografica, quando ero adolescente, ero un grande fan di Johnny Winter; avevo un grande poster nella mia camera da letto con la celebre copertina dell’album Captured Live.
Nel 1991 andai a visitare Londra con la mia compagna, attuale moglie, e in tutta la città non avevamo trovato neanche un solo negozio di strumenti. Ad un certo punto, per un puro caso, svoltammo l’angolo da Charing Cross Rd. a Denmark St. e ci imbattemmo in un’imponente schiera di vetrine piene di chitarre mozzafiato. In particolare, fui attratto da una Gibson Firebird “Reverse” V in Polaris White.
All’epoca appariva alquanto esclusiva, infatti era una delle prime riedizioni introdotte dopo diversi anni. Queste reissue montano il ferma-corde stop-bar al posto della Vibrola. Sembrava proprio la Firebird nel mio poster di Johnny Winter; la comprai e divenne la mia prima Gibson.
Ho sempre amato la Gibson Firebird ‘Reverse’, è uno dei modelli di chitarra più emblematici di sempre. Suonare originali vintage degli anni ’60 è stata un’esperienza fantastica.
In effetti, gli strumenti che ho provato sono leggeri, bilanciati e vantano un suono eccezionale, per non parlare del loro aspetto fantastico e della loro storia affascinante.
Questo probabilmente spiega perché il valore delle rare Firebird originali è aumentato vertiginosamente negli ultimi anni e le varie riedizioni, più o meno riuscite, hanno ormai conosciuto ampia diffusione sul mercato.