La madre di Matilde Lorenzi: “Inseguite i vostri sogni”
VALGIOIE (TO) — Signora Elena Rosa Cardinale, mamma di Matilde Lorenzi, e adesso come si fa ad andare avanti?
«Questa è una bella domanda, ma non so risponderle. Io spero di sognare Matildina e che mi dica lei come fare».
Non l'ha ancora sognata in queste notti?
«No, non è accaduto, forse perché sto ancora cercando di trattenerla. Ma devo metabolizzare, capire, tornare a respirare come prima, anche perché ci sono Lucrezia, Giosuè e Matteo. E io ringrazio il cielo per la presenza degli altri tre nostri figli: se tornassimo a casa soltanto io e mio marito sarebbe un incubo nell'incubo».
Vieni sta nonna Rosina?
«E' iper frastornata. Per l'immenso dolore, per l'età e per gli acciacchi. Le cose che toccano il cuore sono il male più brutto, ma io spero che resista e tenga duro. E noi dovremo essere bravi a starle accanto».
Quanto la sente vicina Matilde?
«Guardi, io non sono mai riuscita a parlare in pubblico. Non è nelle mie corde, di solito preferisco ascoltare, proprio come Matilde. Non ero mai riuscita a fare un discorso in pubblico davanti a così tanta gente; ieri invece ho avuto una serenità che non conoscevo. Ma so chi me l'ha data: è stata lei».
Ieri mattina ha anche rivolto un appello ai ragazzi: “Dovete voler bene a voi stessi”. Che cosa intendeva dire?
«I giovani vivono una vita in trabusto: colpa dei social, della cattiva socializzazione, magari anche di noi genitori. Di certo, tanti ragazzi vivono senza ideali, da lì nasce il mio “volersi bene”. Capire se è la vita che vuoi fare davvero. Se non lo è, c'è il tempo per cambiare; a meno che non te lo tolgano, com'è accaduto a Matilde».
Matilde, in fondo, ha fatto la vita che voleva fare.
«E' vero. La vita è fatta di tanti tasselli, un puzzle da costruire con i valori che Matilde aveva. Tutti noi dobbiamo cercare di far passare un messaggio positivo, altrimenti abbiamo perso. Oggi gente vedo scorrere il telefono in silenzio: ma la vita non è quella».
La comunità che avete attorno vi sta mandando messaggi forti, in questi giorni.
«Noi, lunedì, siamo crollati in un incubo inimmaginabile. Ma abbiamo percepito attorno a noi tanto calore da parte di tutti. Anche di sconosciuti che hanno dato un senso alle lacrime».
Come dire, la forza del gruppo.
«Sattamente, una persona da sola non può fare nulla. Conta l'esserci, per una parola buona, per darsi una mano. E noi l'abbiamo percepito in maniera intensa e vogliamo ringraziare chi c'è stato accanto in questi giorni terribili».
Lei che mestiere fa?
«Da quando, nel 1998, è nata Lucrezia, io ho cambiato mestiere: adesso lavoro in casa, faccio la mamma».
Perché deciso di fare la mamma a tempo pieno?
«Noi abitiamo a Valgioie, un paese piccolo, bello ma scomodo, e io ho dovuto fare una scelta. Ero impiegata in una grande azienda di Pianezza, alle porte di Torino; in un certo senso, fu un sacrificio. Lasciai parte alcuni miei sogni, ma poi ne ho realizzati altri ancora più grandi».
Qual è l'insegnamento più prezioso trasmesso ai suoi figli?
«L'esempio. Le parole volano via facilmente, contano i fatti».
Che ragazza era Matilde agli occhi di mamma?
«Mati era solare e determinata; si poneva tanti obiettivi che cercava di sostenere con il senso di sacrificio».
Lei da ragazza somigliava a Matildina?
«La mia determinazione si esprimeva diversamente, da giovane non ho avuto la possibilità di fare sport. Ma anch'io, come lei, mi ponevo sempre nuovi obiettivi cercando di perseguirli a costo di tanti sacrifici. E poi c'è un'altra cosa».
Quale?
«Sia io che Matilde, prima di aprirci con le persone dobbiamo conoscerle. Ieri il suo skiman mi diceva: 'I primi tempi pensavo di starle antipatico, era distaccata. Poi pian piano si è sciolta e si è creato un rapporto fantastico».