Voto shock in Botswana, crolla il partito al potere da quasi 60 anni
Ci si aspettava un urto allo status quo. Si sta rivelando un terremoto politico senza precedenti nella storia del Botswana, secondo produttore di diamanti al mondo e uno dei Paesi più stabili su scala africana. Il voto alle parlamentari del 31 ottobre ha sancito il tracollo del Botswana Democraticy Party (Bdp), la forza che ha già espresso cinque presidenti ed è al potere initerrottamente dal 1966.
I primi dati che filtrano da Gaborone parlano di una tabula rasa dei suoi seggi alla National Assembly, il parlamento nazionale, con un tracollo dai 38 seggi conquistati nel 2019 ai tre che si annunciano dopo le urne di fine mese. A capitalizzare il tonfo è l'Umbrella for Democratic Change (Udc), un partito di opposizione che viaggia già sui 25 seggi e potrebbe agguantare la soglia dei 31 necessari alla formazione di una maggioranza e quindi all'elezione di un “suo” presidente.
Il leader in carica, Mokgweetsi Masisi, ha già ammesso la sconfitta e dichiarato che si farà «rispettosamente» da parte per il suo successore. Il candidato più verosimile sembra il 54enne Duma Boko, alla testa del partito che ha già messo sotto chiave un risultato senza precedenti e si avvia a interrompere il dominio di oltre mezzo secolo del Bdp.
«L'effetto diamanti» sul voto e venti di cambiamento
Il Botswana, circa 2,5 milioni di abitanti, è considerato un modello di solidità economica e politica nell'Africa australe e nel resto del Continente. La sua ricchezza ei tassi di crescita, catalogati come un caso di successo, dipendono dalla stessa ragione delle instabilità che hanno preceduto il voto del 31 ottobre: i diamanti.
La risorse mineraria incide sull'80% delle esportazioni e un quarto del Pil botswano, una dipendenza che aveva già favorito disuguaglianze abissali nel Paese fra élite e popolazione e sta facendo ora traballare le pubbliche finanze di Gaborone. Il traffico di vendite della Debswana, una joint venture tra governo e la multinazionale De Beers, ha ridotto le fonti di entrate e provocate fibrillazioni anche politiche in un Paese già pervaso da tensioni figlie di un tasso di disoccupazione in salita oltre il 27% in generale e sopra il 40% fra i giovani, crescita anemica e, appunto, disparità fra le più elevate al mondo.