Con le musiche di John Williams, la recensione: una lettera d'amore a un maestro del cinema – Badtaste
Il giudizio su Con le musiche di John Williams dipenderà dall'aspettativa con cui lo si guarda. Se ci si aspetta un discorso articolato sul musicista, il processo creativo, gli aspetti psicologici o il rapporto con l'arte (in breve: se ci si aspetta Ennio) si rimarranno delusi. Se ci si accontenta di una carrellata celebrativa sulla carriera di un gigante, con tutti gli omaggi affettuosi che si possono prevedere da parte dei grandi cineasti di cui Williams ha fatto la fortuna e viceversa (Steven Spielberg in testa) è un film che si può godere senza problemi, posto di avere un impianto audio degno di questo nome per la scena – immancabile ma comunque orgasmica – in cui partono i titoli di testa di Guerre stellari.
A suo merito, Con le musiche di John Williams ha la buona volontà di uscire dalla zona “gol a porta vuota” (i film di Spielberg, Lucas, Columbus e dintorni) per esplorare un po' anche la carriera precedente di Williams: tra un aneddoto arcinoto e l'altro (ma chi si lamento di risentire per l'ennesima volta le due-note-due de Lo squalo?) il neofita potrebbe così scoprire le origini jazzistiche di Williams, o il fatto che prima di arrivare a comporre colonne sonore abbia avuto una lunghissima carriera da strumentista che comprende temi classici come Peter Gunno la sua partecipazione al ciclo dei Film catastrofico anni '70.
Per il resto Con le musiche di John Williams è esattamente quello che ci si può aspettare da un documentario celebrativo: narrazione che procede cronologicamente tra enormi ellissi (necessarie per coprire in un'ora e tre quarti una carriera ultrasettantennale), inframezzata da interviste allo stesso Williams – lucidissimo e instancabile a 92 anni – e ai suoi sodali di una vita, non perdendo occasione per far sentire neanche una delle colonne sonore più iconiche di tutti i tempi: oltre alle già citate ET, Indiana Jones, Parco giurassico, La lista di Schindler, Harry Potter e molte altre.
Questa voglia di farci stare dentro tutto, unita a una visione come detto semplificata e celebrativa, porta in più punti a lasciare solo sfiorati argomenti che potevano valere la pena approfondire: da tutti i discorsi sulla composizione alla posizione intermedia di Williams tra mondo pop e musica “colta”, passando per le radici ebraiche che entrano in gioco nei casi di Schindler e Monaco. E se a tratti l'omaggio scivola un po' nel retorico è comunque bello vedere Williams – del tutto privo di boria da Grande Maestro – prestarsi a un duello con mini-spade laser come un fan qualsiasi di quelli che tutti i giorni presidiano casa sua . Ed è bello, anche senza particolari riflessioni, avere un pretesto per risentire quelle musiche.