Economia Finanza

Dagli Stati in bilico al voto “etnico”. Le chiavi per vincere (e le incognite)




Nel giorno in cui i cittadini americani sono chiamati a scegliere il loro prossimo presidente, il clima che si respira negli Stati Uniti è quello di una nazione divisa esattamente a metà in cui anche fattori considerati fino a qualche anno fa secondari possono influire sul voto.

Determinante sarà il risultato nei sette principali stati altalenanti che faranno pendere l'ago della bilancia a favore di Donald Trump o Kamala Harris e la scelta degli elettori di Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, Nord Carolina, Pennsylvania, Wisconsin. Il voto della classe operaia nell'area della «Rust Belt» (gli stati del nord-est) sarà molto importante ed è stata fondamentale nel 2016 per sancire la vittoria di Donald Trump che, scegliendo JD Vance come candidato vicepresidente, punta a intercettare di nuovo questo elettorato.

Rispetto al passato è inoltre cresciuto il peso delle minoranze a cominciare dalla comunità afroamericana e ispanica. Se la prima è più favorevole a Kamala Harris tra i latinos è invece alto il consenso di Donald Trump ma in entrambi i casi non mancano le eccezioni. Potrebbe infatti aumentare la percentuale di maschi afroamericani che voteranno il tycoon nonostante l'endorsement di numerosi personaggi del mondo dello spettacolo per Kamala Harris. Un altro fattore, come spiega a Il Giornale Lorenzo Montanari, vicepresidente dell'Americans for Tax Reform, sarà il voto cattolico: «I cattolici giocheranno un ruolo chiave negli swing states come la Pennsylvania, Nevada, Arizona e Michigan. Secondo il Pew Research Center la Harris è appoggiata dal 47% di cattolici mentre il 52% appoggerebbe Trump. Il rifiuto di Kamala Harris di partecipare alla Cena di Gala dello scorso ottobre 17 del Cardinal Timothy M. Dolan è stata interpretata come uno smacco al mondo cattolico americano». A proposito di minoranze l'appoggio a Trump della comunità musulmana (la più grande degli Usa) del Michigan potrebbe garantirgli i voti necessari per vincere lo stato. Di contro la posizione di Kamala Harris sul tema dei diritti e sull'aborto potrebbe favorirla nel voto dell'elettorato giovanile anche grazie al traino dei referendum. Eppure le incognite non terminano con il risultato del voto ma anzi le maggiori incertezze rischiano di verificarsi nelle prossime settimane. In caso di una (improbabile) vittoria schiacciante con un vasto margine di uno dei due candidati non dovrebbero avvenire particolari scossoni ma, se dovesse verificarsi un risultato incerto con una vittoria di Trump o della Harris negli swing states con un margine ridotto, la situazione sarebbe molto diverso.

Dovremmo, nel migliore dei casi, prepararci a una lunga battaglia legale con ricorsi che potrebbero avvenire a livello locale, statale e federale. Se invece la situazione dovesse degenerare potrebbe avvenire proteste come avvenuto nel gennaio 2021 a Capitol Hill, già nei giorni scorsi Donald Trump ha denunciato il rischio di brogli e le componenti più estreme del movimento Maga (Make America Great Again) sono già pronte a scendere in piazza. A differenza del 2021 però le forze dell'ordine sono più preparate e pronte ad affrontare la situazione anche se rimane il timore di derivare violente in una nazione in cui l'uso delle armi è molto diffuso. Intorno alla Casa Bianca e a Capitol Hill sono state disposte barriere mentre gli Stati di Washington, Oregon e Nevada hanno allertato la Guardia Nazionale come misura precauzionale contro i rischi di rivolte.

Dall'altro lato una vittoria di

Donald Trump potrebbe generare proteste delle frange più radicali di movimenti come Black Lives Matter, Me Too o dei gruppi Antifa, e la conseguenza più pericolosa di un contesto politico statunitense polarizzato come non mai.



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