Istruzione

Ho una laurea e 24 CFU, posso considerarmi un docente abilitato? La Cassazione ci spiega differenza tra laurea e abilitazione, questione ontologica – Orizzonte Scuola Notizie


Nel caso in commento la Cassazione nella sua ordinanza ribadisce la differenza anche tra titolo di abilitazione e semplice possesso del titolo di studio, aspetto su cui ci soffermiamo.

Il fatto

Nel caso in commento la Corte d'Appello aveva accolto l'appello proposto dal docente nei confronti del Ministero dell'Istruzione avverso la sentenza del Tribunale di primo grado che aveva respinto la domanda del docente in questione, in possesso di laurea in giurisprudenza nonché di 24 Crediti Formativi Universitari (CFU) in materie psico-antro-pedagogiche e metodologie didattiche, intesa ad ottenere la dichiaratoria del suo diritto ad essere inserita nella prima fascia delle graduatorie provinciali per le supplenze e nella seconda fascia delle graduatorie di istituto per il biennio 2020 /2022. La Corte d'Appello, la cui sentenza è stata impugnata dal Ministero, e su cui si pronuncia la Cassazione, accogliendo il ricorso del Ministero, ha evidenziato che è immanente nel nostro sistema giuridico il principio della uniformità dei titoli di accesso alla professione di docente , che trova la sua ratio nell'intento di assicurare la medesima professionalità dei titolari di ruolo o di cattedra e dei supplenti e che è stato esplicitato dal dmn 201 del 2000 e dal dmn 131 del 2007, contenenti norme regolamentari di attuazione dell'art. 4 della legge n. 124 del 1999, con i quali si è previsto che «i titoli di studio e di abilitazione per l'inclusione nelle graduatorie di circolo e di istituto sono quelli stabilità dal vigente ordinamento per l'accesso ai corrispondenti posti di ruolo».

Il Ministero ripercorre l'evoluzione della normativa e richiama le pronunce della Corte costituzionale e dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato per sostenere che da tempo il legislatore ha richiesto per l'insegnamento oltre al titolo di studio, attestante la conoscenza della disciplina specifica, anche il titolo abilitante che comprova l'idoneità all'insegnamento; aggiunge che l'art. 5 del d.lgs. n. N. 59 del 2017 non ha inteso affermare in via generale l'equipollenza alla abilitazione dei requisiti alternativi che consentono la partecipazione al concorso perché, al contrario, ha ribadito la diversità ontologica fra titolo di studio e abilitazione e, come già accaduto in passato, ha inteso unicamente derogare, in via transitoria ed ai limiti fini previsti dalla norma derogatoria, al principio secondo cui nella normalità l'assunzione a tempo indeterminato del docente postula il possesso di entrambi i requisiti. La Cassazione CivileOrd. Sez. L Num. 26914 /2024 sostiene le ragioni del Ministero.

La differenza tra abilitazione e titolo di studio

Il ricorso del Ministero è fondato, per le ragioni illustrate da Cass. 15 marzo 2024 n. 7084 – e dalle conformi Cass. 7 maggio 2024, n. 12416, Cass. 6 giugno 2024, n. 15838 – con la quale, all'esito della ricostruzione del quadro normativo cui si fa rinvio ex art. 118 disp. att. merluzzo. proc. civ., è stato affermato che «In tema di supplenze temporanee, nella II fascia delle graduatorie di circolo e di istituto di cui all'art. 5, comma 3, del dm del 13 giugno 2007, vanno inseriti i soli aspiranti titolari di abilitazione, ai quali non possono essere equiparati quelli che vantino esclusivamente il possesso congiunto della laurea e di 24 crediti formativi universitari o accademici, ai sensi dell'arte . 5, comma 1, d.lgs. N. 59 del 2017, nel testo vigente dal 1° gennaio 2019 fino alla sua modifica, avvenuta con dln 36 del 2022, conv., con modif., dalla legge n. 79 del 2022, i quali, invece, devono trovare posto nella III fascia delle menzionate graduatorie».

Il principio di diritto enunciato, che va ribadito anche in questa sede, si fonda sulla diversità ontologica fra “titolo di abilitazione”, che si consegue solo all'esito dei diversi percorsi abilitativi che il legislatore, nel corso degli anni, ha previsto e disciplinato, e “titolo di studio”, nonché fra il primo ed i requisiti di partecipazione alle procedure concorsuali, il cui superamento è stato equiparato dal legislatore all'abilitazione all'insegnamento.

Concludere la Cassazione che si tratta di una distinzione sempre sottolineata dalla giurisprudenza della Corte (cfr. in motivazione Cass. 11 maggio 2021 n. 12424) e dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. CdS n. 2166/2023; CdS n. 8983/2022); CdS n. 2264/2018) e che nella fattispecie trova specifico riscontro nell'art. 5 del d.lgs. n. N. 59/2017, erroneamente valorizzato dalla Corte territoriale per trarne argomenti a favore dell'originario ricorrente ha, pertanto, errata la Corte territoriale nel ritenere, ai fini del richiesto inserimento nella II fascia delle graduatorie di circolo e di istituto equipollente al titolo abilitante il conseguimento della laurea e di 24 crediti formativi, sicché la sentenza impugnata deve essere cassata.



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