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Juric non è l'unico colpevole. Anzi



Cinquantaquattro giorni di lavoro, undici partite, quattro successi, tre pareggi, quattro sconfitte, percentuale vittorie 36,36%. Il lavoro di Ivan Juriclicenziato appena messo piede negli spogliatoi dopo il 2-3 della Roma all'Olimpico contro il Bolognaè in questi numeri. Solo A Crotone (55,56%) nella stagione della promozione in serie A (2015-2016), a Mantova (36,59%) in Lega Pro ea Torino (40,48%) nel secondo campionato alla guida dei granata aveva fatto meglio. La media in carriera è 34,75%, livello medio-basso, ma non è tutta colpa sua se a Roma gli è andata male: i responsabilità principale sono chi gli ha affidato la panchina (l'ex amministratore delegato Lina Souloukouconsigliata dal procuratore Beppe Riso) e chi, da mesi, sta gestendo in modo estremamente discutibile il club (Dan e Ryan Friedkin). La proprietà americana si occupa di cinema: hanno regalato alla piazza romana un film orrore. Anche Juric ha le sue colpe, ci mancherebbe: non ha capito dove stava, si è giocato male la migliore chance della sua carriera ed è riuscito in poco tempo ad arrivare contro mezza squadra. Non si può affrontare la vita sempre come un corpo a corpo: bisogna capire dove sei, alzare la testa, guardare lontano. Juric osserva sempre i suoi piedi.

Ora, nuovo giro di giostra, in un 2024 che ha riportato la Roma indietro di 20 anni, alla stagione 2004-2005, in cui si alternarono quattrotecnici e la salvezza arrivò ai titoli di coda. Da gennaio a oggi, siamo passati da Mourinho a De Rossi e da De Rossi a Juric. Risultato: fallimento su tutta la linea. Mourinho non piaceva ai radical chic del calcio perché”troppo difensivola Roma gioca male”. Invece ora… Mourinho è stato una magnifico avventuraun sogno che ha accompagnato i romanisti per due stagioni e mezzo. Faceva tutto: allenatore, dirigentemotivatore, comunicatore. Ha vinto la Conferenza e perso la finale di Europa League ai rigori, dopo l'arbitraggio discutibile dell'inglese Taylor. Dopo Mou, il diluvio.

La Roma, dai proprietari in giù, deve entrare nell'ordine di idee che bisogna sporcarsi le mani. Chi avrà la missione di sostituire Juric, dal favorito Mancini all'icona Ranieridal suggerimento Allegri (mai contattato) al prezzemolino Paolo Sousa (ora impegnato negli Emirati), fino alle piste straniere Terzic (finalista di Champions con il Borussia il 1° giugno scorso), Vasaio e Lampardo (a proposito di coach inglesi, l'ultimo a vincere il campionato nazionale fu Howard Wilkinson nel 1992 con il Leeds) ha l'obbligo di calarsi nella parte di gestire una squadra costretta a salvarsi. C'è da evitare la B, altro che Europa.

Altra domanda: difficile fare peggio di Juric, ma neppur il miglior allenatore può compiere miracoli. Alla fine, in campo vanno i giocatori e se manca la qualità, è dura. Le quattro sconfitte di fila del Manchester City di Guardiola sono un esempio. Con le seconde linee, la squadra si è normalizzata. La Roma attuale, tranne qualcuno, è sotto il livello di normalizzazione. Il mercato estivo, Konè ea tratti Dovbyksi è rivelato un fallimento: 92,6 milioni di spesa, 27 di entrate, passivo di 65,6 mln. Una rosa costruita maschio, riuscendo persino a peggiorare la catena di destra dove Celik è insostituibile, vista l'impresentabilità dell'arabo Saud Abdulhamid. In difesa, l'emarginazione di Hummels è incomprensibile: Juric ha puntato su Ndickabravo, ma non eccelso. Soulé si porta dietro il cartellino prezzi di 25,6 mln. Pellegrini e Cristante sono in crisi profonda. Paredes conta i giorni per andarsene. Shomurodov ha enormi limiti. Le Fée per ora è decisamente peggio di Bove. Un quadro sconfortante, che sta mandando in tilt anche SvilarAngelino, e Pisilli. Solo Dybala, El-ShaarawyKonè, Baldanzi e, in parte, Dovbyk si sono sottratti alla mediocrità: meno del minimo sindacale. Urgono un paio di rinforzi a gennaio, un allenatore capace di reggere l'urto di questa situazione, un direttore generale competente. La Roma è una barca alla deriva: dodicesimo posto in classifica, un tecnico da non sbagliare, un direttore sportivo (il francese Fiorentino Ghisolfi) che sembra un passacarte, un popolo in ebollizione. E meno male che adesso non c'è Nerone.



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