La mediazione dei conflitti: un nuovo paradigma per la giustizia
La mediazione dei conflitti, tema caldo di cui si parla sempre di più sia nelle aule giuridiche sia nella società civile, si è guadagnata un posto d'onore nell'ambito di Bookcity con un incontro all'Avvocatura del Comune di Milano. Relatori di altissimo profilo per una profonda riflessione sull'istituto, ma soprattutto interventi di formazione che hanno aperto nuove strade percorribili.
Al centro, il libro Il senso della mediazione dei conflitti. Tra diritto, filosofia e teologia (Giappichelli), di Roberto Bartoli, Luciana Breggia, Pietro Bovati, Letizia Tomassone, a cura di Maria Martello, già giudice onorario presso la Corte d'Appello di Milano, formatrice e fautrice da più di trent'anni del metodo filosofico-umanistico per la risoluzione dei conflitti individuali, che, in apertura, ha lanciato l'idea di un simposio permanente: «Se scopriamo che ci piace questa ipotesi nuova di rendere giustizia alla persona, noi dovremo trasformare questo incontro nel primo simposio permanente, un laboratorio per continuare a monitorare e vigilare su quanto avviene intorno alla mediazione, per evitare che ci venga scippata di mano questa grande opportunità di miglioramento della società». Poi l'affondo: «Ci sono due vulnus da sanare. Innanzitutto è un danno culturale e non è nella logica della mediazione suddividerla in ambiti applicativi. Il secondo è che non si è mai riflettuto abbastanza sul modello di formazione del mediatore». Con un sogno: «Che, oltre al mediatore in tutti gli ambiti del contenzioso, diventiamo un popolo di mediatori. Se davvero la scuola fin dai primi anni portasse avanti un progetto di formazione alle relazioni dei nostri bambini, e ve lo dico sulla base di una esperienza monitorata qui in Lombardia in una seconda elementare, noi avremmo oltre che delle persone più equilibrate e ricche interiormente, degli studenti con abilità cognitive più sviluppate degli altri».
Fabio Roia, presidente del tribunale di Milano, fa il suo richiamo di Maria Martello all'importanza del sabato ebraico: «Noi di sabato, a volte, ci fermiamo per programmare la settimana, non per guardare quello che abbiamo fatto. Questa riflessione che incrociamo nel libro è molto importante perché, se vogliamo mettere la persona al centro dell'universo, del conflitto, delle relazioni, noi abbiamo bisogno di questi momenti dove ci fermiamo a pensare a cosa abbiamo costruito, che danni eventualmente abbiamo provocato con questa ansia della prestazione». Continua: «Leggendo il libro ho scoperto una figura completamente nuova del mediatore, che non è chiamato ad applicare solo il diritto, ma uno statuto umanistico-filosofico della mediazione che cerca di mettere al centro la persona invece del quantum, della controversia fine a se stessa. Abbiamo sempre pensato al mediatore come a una figura che poteva intervenire sulla statistica dei conflitti, come una sorta di depotenziatore dei numeri dei procedimenti pendenti presso i vari organismi giudiziari. A Milano quest'anno abbiamo avuto solo il 5% di cause definite attraverso la mediazione su circa 60mila procedimenti introitati dal tribunale in tutte le diverse articolazioni. Troppo poco: credo che ci sia un problema di non riconoscimento del mediatore come figura alta, alternativa al giudice. Credo che la persona coinvolta in una lite voglia il giudice in quanto espressione di un potere, in questo caso giudiziario, rispetto a un mediatore che non riconosce come espressione di potere. Bene fa il saggio a basarsi sulla riforma Cartabia che ha aumentato la necessità di introdurre la mediazione come precondizione per l'esercizio del contenzioso, e la pone come una giustizia completamente diversa e con pari dignità, non stampella della prima. Di questa abbiamo bisogno».
Per il giurista Gian Luigi Gatta: «Il libro di cui oggi parliamo ha come pregio principale l'idea di affrontare il tema della mediazione in una prospettiva interdisciplinare e trasversale. La mediazione ha fatto strada e si sta facendo strada. Siamo in una stagione in cui vi è stato da poco un importante riconoscimento normativo con la riforma Cartabia, che ha introdotto per la prima volta una disciplina organica della materia con un testo che attribuisce al ministero della giustizia il compito di organizzare anche la gestione dei servizi di giustizia riparativa. Si avverte il bisogno che l'attività di mediazione dislocata sul territorio abbia comunque un coordinamento a livello ministeriale. La novità della mediazione è sconvolgente in particolare nel settore penale, tradizionalmente terreno di scontro e non di incontro. Se si è fatta strada nel settore civilistico come modalità alternativa di definizione dei procedimenti e in misura minore nel settore penale con l'istituzione del giudice di pace, adesso le si è dato un rilievo ancora maggiore. Pensiamo sempre alla giustizia penale come una giustizia con fine la punizione e invece l'idea dell'incontro e della narrazione di ciò che è accaduto valorizza anche la finalità di accertamento della verità da parte del processo. In alcuni articoli a commento della morte di Licia Pinelli, che ha avuto un momento di incontro al Quirinale con Gemma Calabresi, una delle sue figlie sottolinea come ciò che è mancato alla madre più che la punizione del colpevole è stato l'accertamento della verità» .
Il professore invita anche alla visione di un film irlandese del 2018, L'incontroche riguarda un incontro di giustizia riparativa tra la vittima di una violenza sessuale e l'autore, dove l'attrice che interpreta la vittima è la vittima stessa. E cita l'intervista rilasciata al Corriere della Sera da Francesca Girardi, una delle vittime di Unabomber, che ha dichiarato che ciò che darebbe la svolta a tutto sarebbe incontrarlo e domandargli perché lo ha fatto.
Il teologo Roberto Rondanina, responsabile del Movimento dei Ricostruttori parla di urgenza di realizzare una nuova giustizia «più conforme alle autentiche esigenze e ai bisogni più profondi dell'essere umano. E l'urgenza è quella di diventare più umani in tutte le nostre dimensioni. La pace perpetua, per richiamare Kant, non esiste e se ci fosse ci stupirebbe perché siamo abituati ai conflitti. La realizzazione di una nuova giustizia presuppone l'attuazione non solo di nuove procedure ma anche un cambiamento di visione dell'essere umano». E cita la Regola d'oro, il famoso insegnamento di Gesù: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ei Profeti».
Parole forti anche quelle di Luciana Breggia, già giudice civile e Presidente di sezione del Tribunale di Firenze: «Ho scoperto l'insufficienza del diritto che si è rivelato un sistema rigido, poco adatto in tanti casi. Il diritto è un'ancora di costruzione dell'uguaglianza, ma in tantissimi casi mi sono accorta che le risorse che ciascuno di noi ha non venivano messe in gioco. Grazie al decreto legislativo del 2010, che per la prima volta ha stabilito un sistema generalista di mediazione, ci siamo trovati ad esplorare un altro mondo: è dallo spaesamento che bisogna passare per avere un arricchimento. Cerchiamo di vedere la giurisdizione e il mondo della giustizia consensuale come due cerchi che si intersecano: in questa sorta di mandorla che formano ci sono delle parti comuni che è bene tenere presenti perché il cittadino domani potrà passare e da un sistema all'altro senza l 'idea che rinunci a un sistema migliore».
Per Roberto Bartoli, ordinario di diritto penale la mediazione è un concetto ancora più ampio di giustizia riparativa: «È un'autentica rivoluzione rispetto al diritto penale, un altro paradigma. Se la punizione è violenza, la mediazione non lo è, se la punizione è coercizione la mediazione è volontarietà e spontaneità, se la punizione è istituzione, stato, processo, la mediazione è società, comunità, relazione, se la punizione è pubblico ministero, avvocati, giudice, la mediazione è autore e vittima che dialogano. Il reato e la pena sconosciuti la persona, la mediazione è un percorso di riconoscimento reciproco». Conclude: «Il potere punitivo non è nella Costituzione, dove si trovano libertà, diritti, principi di garanzia: un freno al potere punitivo. La mediazione, per me, sta nel cuore della nostra Costituzione, all'articolo 3, comma 2, dove si dice che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini , impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Ma davvero il nostro sistema di giustizia punitivo consente il pieno sviluppo della persona umana o, in realtà, ne costituisce un ostacolo?».