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«I cristiani, grazie a Dio, sono capaci di tutti gli amori del mondo, anche per i nemici»



«Anche ai nostri giorni l'amore è sulla bocca di tutti, sulla bocca di tanti influencer e nei ritornelli di tante canzoni. Si parla tanto dell'amore, ma che cos'è l'amore?».

È la domanda posta da papà Francesco nella catechesi dell'udienza generale dedicata alla carità, la terza virtù teologale, definita, citando le parole di San Paolo, «la più grande di tutte», più della fede e della speranza. «Alla sera della vita non saremo giudicati sull'amore generico, ma proprio sulla carità», avverte il Pontefice, «essa è il culmine di tutto l'itinerario che abbiamo compiuto con le catechesi sulle virtù».

Francesco arriva in piazza San Pietro a bordo della papamobile dove ha fatto salire quattro bambini per il tradizionale giro tra la folla di fedeli. Il Papa, nella catechesi, ha invitato a non fare confusione tra l'amore “generico” e la carità e per questo ha citato la Lettera ai Corinzi in cui Paolo chiede ai cristiani «l'altro amore»: «Non l'amore che sale, ma quello che scende; non quello che prende, ma quello che dona; non quello che appare, ma quello che si nasconde. Paolo è preoccupato che a Corinto – come anche oggi tra noi – si faccia confusione e che della virtù teologale, quella che ci viene solo da Dio, in realtà non ci sia alcuna traccia. E se anche a parole tutti sanno affermare di essere persone coraggiose, di voler bene alla propria famiglia e ai propri amici, in realtà dell'amore di Dio ben poco».

Noi, ha detto Francesco al braccio, «siamo abituati a chiacchierare dei nemici. Noi siamo abituati, davanti a un insulto o maledizione, a rispondere con un altro insulto e un'altra maledizione». Ma Gesù ci ha dato un comandamento preciso: “Amate i vostri nemici”. «Non dimentichiamo questo: amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperare nulla», l'appello di Francesco a commento del Discorso della montagna. «Ci accorgiamo subito che è un amore difficile, anzi impossibile da praticare se non si vive in Dio», ha ammesso il Papa: «La nostra natura umana ci fa amare spontaneamente ciò che è buono e bello. In nome di un ideale o di un grande affetto possiamo anche essere generosi e compiere atti eroici. Ma l'amore di Dio va oltre questi criteri. L'amore cristiano abbraccia ciò che non è amabile, offre il perdono – quanto è difficile perdonare, quanto a ci vuole perdonare! – benedice quelli che maledicono. È un amore così ardito da sembrare quasi impossibile, eppure è la sola cosa che resterà di noi», ha assicurato Francesco.

L'amore, ha aggiunto il Papa, «è la porta stretta attraverso cui passare per entrare nel Regno di Dio. Perché alla sera della vita non saremo giudicati sull'amore generico, saremo giudicati proprio sulla carità, sull'amore che noi abbiamo avuto in concreto. “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”, le parole di Gesù. Questa è la cosa bella, la cosa grande dell'amore».

Francesco si è soffermato anche sulla parola “agape” che normalmente traduciamo con “carità”: «I cristiani sono capaci di tutti gli amori del mondo: anche loro si innamorano, più o meno come capita a tutti. Anche loro sperimentano la benevolenza che si prova nell'amicizia. Anche loro vivono l'amor di patria e l'amore universale per tutta l'umanità. Ma c'è un amore più grande di questo, un amore che proviene da Dio e s'indirizza verso Dio, che ci abilita ad amare Dio, a diventare suoi amici, e ci abilita ad amare il prossimo come lo ama Dio, col desiderio di condividere l'amicizia con Dio, col desiderio di condividere l'amicizia con Dio», ha spiegato il Papa: «Questo amore, a motivo di Cristo, ci spinge là dove umanamente non andremmo: è l'amore per il povero, per ciò che non è amabile, per chi non ci vuole bene e non è riconoscente. È l'amore per ciò che nessuno amerebbe; anche per il nemico. Questo è teologale, questo viene da Dio, è opera dello Spirito Santo in noi».

Al termine della catechesi, nei saluti ai fedeli, il Papa si è soffermato sull'attualità: «Lo Spirito Santo ci solleva sempre a un grande amore disinteressato verso i poveri, i malati e gli indifesi, come i bambini non sono ancora nati», ha detto salutando i pellegrini polacchi. «Oggi è con noi una campana portata dalla Polonia, chiamata “La voce dei non nati”, che sarà portata in Kazakistan. Essa ricorderà la necessità di proteggere la vita umana dal concepimento alla morte naturale. Saluto gli ideatori di questa iniziativa: la Fondazione polacca “Sì alla vita”, che porta il nome dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria».

Poi ha rinnovato l'appello a pregare per la pace: «Preghiamo per la pace. Non dimentichiamo la martoriata Ucraina, non dimentichiamo la Palestina, Israele, il Myanmar. Preghiamo per la pace, preghiamo per tutti i popoli che soffrono la guerra», ha detto Bergoglio salutato dall'applauso dei fedeli, in un appello a braccio al termine dell'udienza generale. «Tutti insieme, col cuore grande, preghiamo perché ci sia la pace definitiva. E niente guerra, niente! Perché la guerra è sempre una sconfitta, sempre».

Infine, il Papa ha rivolto il suo pensiero «alle popolazioni dell'Afghanistan, duramente colpite dalle tragiche inondazioni che hanno causato numerose perdite di vite umane, tra cui bambini, e continuare a causare distruzioni di molte case», ha detto, «prego per le vittime, in particolare per i bambini e le loro famiglie e faccio appello alla comunità internazionale affinché fornisca subito gli aiuti e il sostegno necessario a proteggere i più vulnerabili».





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