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La speranza di cui abbiamo bisogno è ancorata in Gesù Cristo



Cari amici lettoritutti abbiamo bisogno di speranza: è qualcosa di insopprimibile nel nostro cuore e ce lo ha ricordato papa Francesco nei Vespri dell'Ascensione lo scorso 9 maggio, dopo aver consegnato la bolla di indizione del Giubileo, intitolata proprio Spes non confundit (“la speranza non delude”, vedi servizio a pag. 12).

Ma vivere in tempi segnati da tanto «grigiore», da un «tirare a campare», quando non di mancanza totale di speranza. Imprigionati e soffocati da una vita confinata – nel bene e nel male – al “qui e ora”, fatichiamo anche solo a immaginare orizzonti più ampi, mète di grande respiro, proposte di senso che ci aiutano a camminare più leggeri. Verso dove stiamo andando? Qual è la meta del nostro camminare? Sono domande che forse non abbiamo più il coraggio di formulare esplicitamente, tanto sono impegnative. Eppure di speranza hanno bisogno la società, il creato, le nazioni – ha ricordato Francesco – e anche la Chiesa. «Tutto, dentro e fuori di noi, invoca speranza e va cercando la vicinanza di Dio».

Se leggiamo bene la Bolla, vediamo in sostanza che la fede cristiana viene incontro a questa ricerca di senso. Il cristianesimo – purtroppo ne siamo poco consapevoli – ha da offrirci parole di grande spessore per la vita: speranza è una di queste. Ed è collegata a felicità, amore, misericordia, giustizia: altre “grandi parole” che leggiamo nel documento. No, non ci bastano le “piccole speranze” di cui – finiamo per accontentarci, desideriamo una speranza più grande, capace di spalancarci un orizzonte eterno.

E desideriamo anche una vita più bella quaggiù: plasmata dalla misericordia, dal perdono, riconciliata con Dio, con gli altri, con la terra che abitiamo. A questa “speranza più grande” il cristianesimo sa dare un nome: Gesù Cristo. Il Giubileo, in definitiva, vuole portarci a un incontro personale con Lui, all'esperienza della sua misericordia che ci rinnova ea riscoprire la speranza che illumina – già qui – il cammino verso la mèta. Non si tratta di avere nostalgia di una società cristiana che non esiste più e neanche di guardare al presente con uno sguardo negativo perché “freddo” verso Dio, come se Dio non potesse farsi strada anche oggi nel nostro presente.

Nell'omelia dei Vespri dell'Ascensione, papa Francesco ha citato una ferma convinzione del teologo Romano Guardini: «Dio è più vicino al nostro tempo glaciale che al barocco con lo sfarzo delle sue chiese, al medioevo con la dovizia dei suoi simboli».

E se guardiamo un po' oltre i nostri sguardi pessimisti, vedremo anche segni concreti di speranza in tante persone che portano semi di bene quaggiù, nella nostra storia, sulle orme di quel Gesù in cui pongono ogni giorno la loro speranza. In quel Gesù che «è disceso fino a noi per farci salire fino al Padre; è disceso in basso per portarci in alto». L'augurio è che tutti possiamo riscoprire in questo prossimo Giubileo la speranza, e lasciarci rinnovare da un incontro che è sempre tra noi miseri e la misericordia del Signore (sant'Agostino).





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