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Franco Branciaroli: «Sono rimasto l’ultimo degli Incamminati, ma il nostro teatro va avanti»



Per il centenario della nascita di Giovanni Testori e il quarantesimo anniversario della Compagnia de Gli Incamminati, attualmente ospite del Teatro Oscar, martedì 21 maggio avrà luogo Atto Unicolettura teatrale di Franco Branciaroli dall'omonimo monologo di Giacomo Poretti. L'evento riprende alcuni dei temi e degli stilemi degli esordi della Compagnia: un uomo di mezza età, solo, affronta un nemico sconosciuto, invisibile, che gli serra il costato e la vita. Portato allo stremo, l'uomo in finale di battuta rivolge il proprio grido verso l'alto, lontano da sé.

Branciaroli, ospite d'eccezione e protagonista indiscusso della scena italiana contemporanea, è stato cofondatore insieme a Testori della Compagnia, unico superstite dopo quarant'anni di attività. Gli Incamminati «è una cooperativa che prende il nome da una celebre accademia d'arte del Seicento bolognese. Ma non è il richiamo a quei pittori a interessarci quanto l'indicazione programmatica contenuta nel sostantivo: di uomini in cammino verso la fondazione di una forma teatrale dell'oggi» dichiarava Testori il 29 ottobre 1983.

Lo abbiamo intervistato per riprendere le fila della sua e della loro storia artistica.

Dove e quando nasce la Compagnia de Gli incamminati?

Quando ci incontrammo per la prima volta, Testori era stufo di occuparsi della Compagnia e ci chiede di prenderla in mano. Per noi intendeva me, Bandera e Banterle, all'epoca studenti giovanissimi. Quest'ultimo poi è morto molti anni fa. La Compagnia aveva lo scopo principale quindi di mettere in scena i suoi testi Ora lui è entrato nell'olimpo dei drammaturghi, ma all'epoca non lo voleva nessuno perché era un artista piuttosto problematico, controverso. Inizialmente quindi la Compagnia è nata con questo scopo, poi a mano a mano ha iniziato anche a fare teatro tout court ed è diventata una Compagnia importante che festeggia quest'anno 40 anni. Per il teatro è una cosa veramente anomala, perché soggetto a cambi abbastanza repentini. Pochissime compagnie rimangono insieme per così tanto tempo.

Abbiamo fatto molti spettacoli, alcuni veramente importanti per il teatro italiano. Anche Ronconi ha fatto delle regie per Gli Incamminati: Medeasu tutti, è il più famoso, dove io vestivo i panni della protagonista.

Parecchi altri registi di fama nazionale hanno lavorato con noi.

Ora il teatro si fa con delle coproduzioni, quindi con il sostegno di teatri stabili o altri teatri. Ad esempio Il mercante di Veneziache è in scena al Manzoni adesso, è coprodotto con lo Stabile di Trieste e di Brescia.

Bandera è attualmente direttore del Teatro di Brescia. Quindi degli Incamminati originari sono rimasto solo io.

Come ha cambiato la sua vita l'incontro con Testori?

Io sono nato a Milano e sono di costituzione cristiana, come tutti i lombardi. C'è chi crede di non esserlo, ma c'è una costruzione familiare ma soprattutto popolare di fondamento cattolico. Milano era la più grande diocesi del mondo all'epoca. La mia formazione cristiana era quindi indiscutibile. Negli anni poi è stata più o meno intensamente vissuta, ma non mi considero un ateo ravveduto da Testori. Con lui si è semplicemente ravvivata una condizione esistenziale che è sempre stata congenita alla mia storia. Incontrando queste persone, si è rimessa in moto una fede un po' assopita, hanno ricalibrato la mia esistenza.

Siete riusciti, dopo la morte di Testori, a mantenere lo spirito originario della Compagnia?

Lo spirito originario era estremamente legato a Testori: era una compagnia “da combattimento”, abbracciava una particolare visione cattolica del mondo. abbiamo fatto, ad esempio, tre spettacoli enormi per un incontro di Comunione e Liberazione. Spettacoli che non hanno mai ottenuto una risonanza adeguata. Ciascuno costava un miliardo, per capire l'imponenza della produzione, eppure non venne nessun giornalista né cretico. Erano i tempi in cui Comunione e Liberazione veniva considerata come qualcosa di ignobile. Quando avevamo messo in scena Antigone, il coro lo faceva il pubblico e 20.000 persone leggevano riga per riga il testo che gli avevamo consegnato. Fu un'esperienza straordinaria.

Poi è chiaro che, dopo la morte di Testori, non è stato facile sostituire un drammaturgo del genere. Gli Incamminati avevano perso il loro Shakespeare. Quindi abbiamo ripiegato sul teatro “normale”, interagendo con Compagnie e teatri diversi.

Prima del Mercante di VeneziaUmberto Orsini e io, lui con la sua compagnia e io come Incamminati, abbiamo realizzato I ragazzi irresistibili con la regia di Popolizio.

Non è più, però, una compagnia ideologica perché il teatro, per avere una funzione al di là del mero lavoro teatrale, deve avere un drammaturgo o un grandissimo regista.





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