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Con l’autonomia differenziata a rischio l’unità del Paese



«Il Paese non crescerà se non insieme». Lo ripetono da sempre i vescovi italiani. E tornano a dirlo, con forza, di fronte al progetto di autonomia differenziata che, sottolinea la Dichiarazione approvata dal Consiglio permanente della Cei «ci preoccupa». A dare timore è «qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie. In questo senso, il progetto di legge con cui vengono precisate le condizioni per l'attivazione dell'autonomia differenziata – prevista dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione – rischiando di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica», spiegano i vescovi.

Ricordano il «principio di unità e corresponsabilità, che invita a ritrovare il senso autentico dello Stato, della casa comune, di un progetto condiviso per il futuro». La storia del Paese, dicono i presuli, dice che «non c'è sviluppo senza solidarietà, attenzione agli ultimi, valorizzazione delle differenze e corresponsabilità nella promozione del bene comune». Sull'esempio dell'esperienza di sinodalità delle nostre Chiese» chiediamo che anche il Paese cammini insieme. E che anzi sia proprio questa parola “insieme” «la chiave per affrontare le sfide odierne e la via che conduce a un futuro possibile per tutti. Siamo convinti infatti – e la storia lo conferma – che il principio di sussidiarietà sia inseparabile da quello della solidarietà. Ogni volta che si scindono si impoverisce il tessuto sociale, o perché si promuovono singole realtà senza chiedere loro di impegnarsi per il bene comune, o perché si rischia di accentrare tutto a livello statale senza valorizzare le competenze dei singoli. Solidarietà e sussidiarietà devono camminare assieme altrimenti si crea un vuoto impossibile da colmare».

Con l'autonomia differenziata, invece, si corre il forte rischio di minare il principio di solidarietà. «Tale rischio», dice la Nota, «non può essere sottovalutato, in particolare alla luce delle disuguaglianze già esistenti, specialmente nel campo della tutela della salute, cui è dedicata ampia parte delle risorse spettanti alle Regioni e che suscita apprensione in quanto inadeguato alle attese dei cittadini sia per i tempi sia per le modalità di erogazione dei servizi» che devono essere «garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale». Di fronte a tutto ciò, conclude la Dichiarazione, «rivolgiamo un appello alle Istituzioni politiche affinché venga siglato un “patto sociale e culturale” (Evangelii gaudium, 239), perché si incrementano meccanismi di sviluppo, controllo e giustizia sociale per tutti e per ciascuno ».





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