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Perché anche per Bankitalia servono più immigrati (regolari)



Il tradizionale discorso del governatore all'assemblea della Banca d'Italia l'ultimo giorno di maggio, soprattutto nelle “considerazioni finali”, fotografa la situazione economica (e non solo) del nostro Paese e detta l'agenda sugli appuntamenti e sulle scelte da affrontare sulla strada della ripresa dell'Azienda Italia. Quest'anno potresti definirlo un discorso quasi demografico, poiché è venato da una serie di importantissimi dati e indici di natalità e mortalità, legati indissolubilmente con l'occupazione. «L'agenda è chiara, e può essere realizzata», premette Panetta. «E va realizzata per tornare a crescere e per contare in Europa, e con l'Europa contare nel mondo». Del resto l'era dell'autarchia è finita da un pezzo. Ogni economia è inserita in una rete intricatissima, globale, di relazioni internazionali, politiche, economiche e finanziarie. La capacità di azione comune, resta l'unico modo «per superare l'attuale fase di appannamento». Dunque più Europa. Poiché «l'avanzamento dell'integrazione europea è la risposta ai mutati equilibri geopolitici e al rischio di irrilevanza cui i singoli Stati membri sarebbero altrimenti condannati dalla cruda aritmetica dei numeri».

Quanto all'Italia, il suo inverno demografico comincia a pesare sul lavoro. Meno occupati: non perché non c'è offerta di lavoro, ma perché è debole la domanda. Ci sono decisi segnali sull'aumento dell'occupazione ma questi «potrebbero arrivare a controbilanciare gli effetti del calo demografico e mantenere invariato il numero degli occupati». Il ragionamento è molto semplice, matematico, potrebbe dire. L'aumento della produttività e dell'occupazione non servirà a far crescere l'Italia ma le impedirà di decrescere per via del calo demografico. I disoccupati sono andati a rimpiazzare i vuoti dovuti all'inverno delle culle. Tra l'altro Panetta ipotizza che un sostegno all'occupazione deriva non solo dai disoccupati ma da un flusso di immigrazione regolare superiore a quello ipotizzato dall'Istat. Secondo Panetta il flusso «occorrerà gestirlo, in coordinamento con gli altri Paesi europei e «rafforzando le misure di integrazione».

C'è poi il tema dei giovani e di un Paese che manda via i suoi figli, spesso dopo che li ha istruiti a dovere: «Molti hanno cercato migliori prospettive di lavoro all'estero», 525mila tra il 2008 e il 2022, così che «l'esodo indebolisce la dotazione di capitale umano del nostro Paese». Panetta è ottimista: «Non siamo condannati alla stagnazione. La ripresa registrata dopo la crisi pandemica è stata superiore alle previsioni ea quella delle altre grandi economie dell'area». Alcuni indicatori «sembrano oggi dirci che un'inversione di tendenza è possibile». L'inquilino di Via Nazionale però avverte che «non dobbiamo farci illusioni: la nostra economia soffre ancora di problemi gravi, alcuni radicati e di difficile soluzione» e cita in primis il ritardo economico del Sud e l'elevato debito pubblico, questioni ineludibili per la politica economica. Il debito pubblico italiano è «una storia zavorra che ci costringe ogni anno a impegnare considerevoli risorse pubbliche per pagare interessi, sottraendole all'innovazione e allo sviluppo». Potremo liberarci del fardello del debito «soltanto coniugando prudenza fiscale e crescita». Per affrontare il problema lo stock del debito serve «un piano credibile volto a stimolare la crescita e la produttività, e nel contempo realizzare un graduale e costante miglioramento dei conti pubblici». Bisognerà portare il rapporto debito/Pil «su una traiettoria stabilmente discendente».

Poi Panetta conferisce quello che era già stato ampiamente annunciato, un'inversione di tendenza dei tassi monetari, con un allentamento che porterà beneficio in primo luogo sui mutui. C'è poi il grande tema del Pnrr di cui siamo stati abbondantemente beneficiari, prima nazione Ue come entità di risorse. Utilizzare al meglio i fondi del Pnrr in tempi contenuti «è arduo per le amministrazioni. Ma è cruciale per risolvere la crescita potenziale dell'economia». Il Pnrr – spiega ancora Panetta – «impegna l'Italia ad attuare riforme e fornisce cospicue risorse per l'ammodernamento del sistema produttivo e della pubblica amministrazione: secondo le nostre elaborazioni, 16 miliardi per la digitalizzazione, 19 per la ricerca e l'innovazione, 33 per le infrastrutture di trasporto e 17 per gli investimenti delle imprese». La piena attuazione degli investimenti e delle riforme previste dal Pnrr, oltre ad aumentare il prodotto di oltre 2 punti percentuali nel breve termine, avrebbe effetti duraturi sulla crescita dovuti ad incrementi di produttività stimabili tra 3 e 6 punti percentuali in un decennio.

nella foto, il governatore della Banca d'Italia Fabio Panetta, dal sito ufficiale della Banca d'Italia.





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