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Agrofarma: «Nei campi servono nuove regole per l’uso dei droni»


Sono di grande impatto visivo le immagini dei droni che volteggiano su frutteti e vigneti italiani. Una sintesi plastica del rapporto tra tradizione e innovazione ecologica. Peccato che non servano quasi a nulla. I droni, infatti, possono sorvolare i campi coltivati ​​e acquisire immagini e informazioni ma non possono svolgere forse la funzione davvero auspicata dagli agricoltori: distribuire gli agrofarmaci in maniera selettiva e mirata. E questo perché per la normativa Ue i droni che sorvolano i campi a un'altezza di 2-4 metri sono assimilati agli elicotteri o anche agli aerei che in passato effettuavano i trattamenti fitosanitari a decine o centinaia di metri d'altezza: sono vietati.

L'inquadramento normativo che finora ha reso impossibile una funzionalità che potrebbe segnare un cambio di passo sul piano della difesa fitosanitaria e della sua sostenibilità è solo l'ultima incongruenza all'interno dell'articolo dossier relativo alle norme che regolano il settore dell'agrochimica .

L'altro tema, il principale, è di certo quello relativo alla transizione ecologica e alla nuova proposta (“più maturazione” come annunciato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen) che sarà avanzata dal nuovo Esecutivo Ue dopo che la precedente (il dimezzamento degli agrofarmaci entro il 2030), qualche mese fa e tra le proteste degli agricoltori, è stata ritirata.

Tanto il tema dei droni quanto – soprattutto – quello relativo alla transizione ecologica saranno al centro dell'assemblea di Agrofarma (l'associazione dei produttori di mezzi chimici per l'agricoltura aderente a Federchimica che conta 31 aziende, 2mila addetti e un fatturato di un miliardo di euro) in calendario oggi prossimo 4 giugno all'Abbazia di Mirasole di Opera (Milano).

«La proposta prevista dalla Dalla fattoria alla tavola – spiega il docente di Economia Agroalimentare all'università Cattolica di Piacenza, Corrado Canali – era un po' troppo miope e semplicistica e non prendeva in considerazione gli effetti sulla produzione agricola Ue e neanche quelli, alla lunga, sull'ambiente. Ne sarebbe infatti derivata una drastica riduzione della produzione Ue, già deficitaria in settori come mais e proteaginose. Materie prime alla base della filiera zootecnica e quindi indispensabili per la produzione di formaggi e salumi, settori chiave del food made in Italy. Inoltre, questo drastico taglio produttivo avrebbe costretto i partner europei ad aumentare le importazioni da paesi che producono senza grande attenzione all'ambiente con un peggioramento e non un miglioramento dell'impatto ambientale».



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