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Il partito da battere è l’astensionismo



L'ultima bega della legislatura uscente è scoppiata nell'eurogruppo Identità e democrazia, in cui coabitano la francese sovranista Marine Le Pen (sulla quale pesano le accuse ei sospetti di ricevere soldi da Putin, interessata con ogni mezzo alla disgregazione politica dell'Unione) , e Matteo Salvini, alcuni conservatori polacchi filorussi e il gruppo neonazista Alternative für Deutschland di Maximilian Krah. Dopo che quest'ultimo ha avuto parole gentili per le Waffen SS («non tutti erano criminali»), trattandole al pari di un'organizzazione di scout. Le Pen, leader del Rassemblement national, e Salvini hanno preso le distanze, ma nel frattempo il caso aleggia sulla campagna elettorale. Trattandosi di famiglie allargate, quelle del Parlamento spesso provocano parecchio imbarazzo tra i suoi aderenti appartenenti a 27 Paesi. Sono sette le famiglie politiche dell'Europarlamento. La più numerosa e antica è quella dei cristiano-democratici del gruppo europeista conservatore del Partito popolare europeo (Ppe), cui aderisce Forza Italia di Antonio Tajani. Il secondo è quello dei Socialisti e dei Democratici (S&D) di cui fanno tra gli altri parte il Pd di Elly Schlein e il Psoe spagnolo, anch'esso di orientamento progressista e contrario al Patto sulle migrazioni. Vi sono poi i liberali di Renew Europe, nome derivato dall'adesione di Renaissance, l'ex République en Marche del presidente francese Emmanuel Macron.

Qualora dovessero superare la soglia di sbarramento del 4 per cento, potrebbe contare sui movimenti Azione di Carlo Calenda e Italia viva di Matteo Renzi che ha stretto un'alleanza con la lista Più Europa di Emma Bonino. Vi sono poi gli ambientalisti di Alleanza libera europea (Ale), di cui fa parte l'italiana Europa verde di Angelo Bonelli. La sinistra radicale è rappresentata dal gruppo omonimo e sostiene l'uscita dell'Europa dalla Nato. Se andiamo a destra troviamo i sovranisti dei Riformisti e conservatori europei (Ecr), euroscettici, autoproclamati “eurorealisti” e non “anti-europei” in cui entra Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni. Fanno parte del gruppo anche lo spagnolo Vox, il francese anti-immigrazione e anti-islamista Reconquête di Éric Zemmour, il polacco Diritto e giustizia (Pis). Mancano conferme ufficiali, ma anche Fidesz, del presidente ungherese Viktor Orbán, potrebbe unirsi dopo il voto. Di Identità e democrazia si è già parlato: fa propaganda su sicurezza e blocco dell'immigrazione clandestina, anch'esso erede di gruppi euroscettici. Oltre a queste sette famiglie politiche c'è il gruppo dei Non iscritti (ufficialmente non un gruppo parlamentare) di cui fanno parte i 14 deputati dei 5 Stelle, anch'esso in odore di euroscetticismo. Ennesimo partito di europarlamentari critici con l'Europa, paradosso crescente dell'Unione europea.

Tutti i leader italiani sono scesi in campo come capilista per contendere i voti degli incerti (l'astensione nei sondaggi è il primo partito), ma nessuno di loro andrà a Strasburgo. Tra i primi compiti dei nuovi 705 eurodeputati ci sarà quello di scegliere il presidente della Commissione europea. Verrà rilanciato il sistema dello Spitzenkandidat (in tedesco, candidato di punta): ogni partito seleziona un candidato e diventa presidente quello del partito più votato, per evitare accordi sottobanco. Nel 2014 con Jean-Claude Junker, del Ppe, il sistema funzionò, ma nel 2019 con Ursula von der Leyen, che non aveva partecipato alla gara, si tornò al vecchio metodo degli accordi tra Governi. Per la prossima legislatura i giochi sono aperti.





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