Ricette

I big del vino cambiano identità: sempre meno coop e più cantine a capitale privato


Nel vino italiano le cantine a capitale privato si stanno rafforzando rispetto a quelle cooperative che restano un player chiave ma non dominano più il settore come una volta. È quanto emerge dall'indagine annuale di Mediobanca sul settore vinicolo. Per la prima volta da anni nella classifica delle principali cantine italiane per fatturato il podio non è dominato dalle cooperative che storicamente hanno occupato o tutti e tre i posti o almeno due su tre.

Quest'anno alle spalle del gruppo coop Cantine Riunite-Givleader con 670 milioni di fatturato, ci sono il polo vinicolo Argea (449,5 milioni) e Marchi di vino italiani (società anche quotata a Borsa Milano con un giro d'affari di 419,1 milioni). Il riequilibrio tra imprese private e cooperative è evidente anche dalla Top 10 delle maggiori aziende italiane nella quale per la prima volta le aziende private sono 5 (Argea, Iwb, Santa Margherita, Antinori e Fratelli Martini) alla pari delle coop (Giv, Caviro, Cavit e Mezzacorona e La Marca).

Si tratta di risultati frutto di un processo avviato già da qualche anno e improntato alla finanziarizzazione e alla “premiurizzazione” del vino italiano. L'intensa campagna di fusione e acquisizione cui si è assistito negli ultimi anni ha portato alla nascita di alcuni nuovi protagonisti o al rafforzamento di giocatori storici.

Come ad esempio il Polo Argea, oggi seconda azienda italiana, controllata dal fondo Clessidra e nata dalla aggregazione del leader del Prosecco Botter e Mondodelvino. L'azienda ha poi completato il proprio portafoglio con il leader dei vini abruzzesi, Zaccagnini. «Siamo una compagine un po' nuova – spiega l'ad di Argea Massimo Romani – un'aggregazione non cooperativa di cantine. Un polo di aziende con un partner finanziario forte e che hanno scelto di stare insieme in base alle sinergie. Ma soprattutto siamo un player in grado di rispondere con tempestività alle sfide dei mercati internazionali. In grado di investire anche nella valle della filiera e con capacità di analisi e di risposta rapida che aprono opportunità di mercato».

«Le integrazioni recenti stanno producendo risultati – ha commentato Lorenzo Tersi, titolare della Lt Wine & Food Advisory che negli ultimi tre anni ha seguito oltre venti operazioni di acquisizione in Italia – tanto nei valori quanto nei volumi. Alcune integrazioni hanno apportato alle società acquirenti fatturato e soprattutto redditività. Il mondo cooperativo, tuttavia, resta importante: garantisce la permanenza dei vigneti anche in territori marginali e accompagna ai mercati anche esteri produttori che altrimenti avrebbero fatto fatica ad approdarvi». Il punto è che l'ulteriore passo valoriale richiesto al vino italiano per ridurre il divario con il principale concorrente Francia richiede grandi capitali.



Source link

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *