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Antonello Venditti agli studenti alla vigilia della Notte prima degli esami: «Godetevi questi ultimi momenti insieme, comunque andrà»



La notte prima degli esami di maturità Antonello Venditti la passò «in moto, con un amico che mi dava ripetizioni di matematica. Per allentare la tensione, andammo fino a Firenze e tornammo indietro. Quindi, senza praticamente dormire, mi presentai per gli orali. Incredibilmente, andò bene: presi un bel 7». Il 18 giugno, il giorno prima dell'inizio degli esami di maturità, alle Terme di Caracalla ci sarà la prima di tre tappe di Notte prima degli esami 1984-2024, il tour con cui festeggia i 40 anni dall'uscita di Cuore, il disco che si apriva proprio con quella canzone, una delle tante in cui Venditti fa riferimento ai suoi anni tra i banchi: «Molti dicono di essere cresciuti in strada. Io no. La mia formazione ei miei ricordi più forti li ho a scuola». E allora giochiamo a riannodare i ricordi seguendo il filo di queste canzoni.

In Giulio Cesare, il nome del liceo classico romano che ha frequentato, cantava: «Eravamo in 34, quelli della terza E, tutti belli ed eleganti tranne me».

«Stiamo parlando degli anni '60, quando i professori ti davano del “lei” e c'era un certo decoro, nel senso che si doveva andare tutti vestiti bene, i maschi pure con la cravatta. Non come oggi che puoi andare a scuola pure in pigiama. Io qualche volta la cravatta non me la sentivo di metterla. Però penso che ci siano delle occasioni particolari, come un esame, in cui per rispetto all'istituzione un minimo di decoro ci voglia».

È rimasto in contatto con qualcuno dei suoi compagni di scuola?

«Sì, con tantissimi. Alcuni purtroppo non ci sono più, ma con gli altri a volte ho degli incontri incredibili. Un mese fa dal barbiere ho incontrato proprio un compagno di quella terza E: dopo pochi minuti era come se ci fossimo visti l'altro ieri».

Altra canzone: «Compagno di scuola, compagno per niente. Ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?». Com'è andata nella realtà?

«Non credo che nessuno dei miei compagni lavori in banca, ma quella era una metafora: la banca era il posto fisso, il posto comodo, quello che corrispondeva agli interessi dei tuoi genitori e non ai tuoi sogni. Ma oggi altro che posto fisso: manca proprio il lavoro».

Tornando ai genitori, in Che fantastica storia è la vita canta: «Mio padre e mia madre mi volevano dottore».

«E io li ho accontentati. Nel senso che mi sono laureato in giurisprudenza. Ma dopo aver fatto il mio dovere di figlio, ho fatto quello che piaceva a me. La laurea però mi è servita tantissimo, anche adesso. Con un avvocato ho preparato una proposta di legge per inserire la musica popolare nella Costituzione come tutte le arti, il cinema, il teatro».

È diventato, ma «la matematica non sarà mai il mio mestiere»… «No, quello proprio no e purtroppo questo condiziona la vita di tutti i giorni perché saper fare di conto servire. Pazienza, sono bravo in altro».

Sua madre era un'insegnante di italiano e greco. L'ha aiutata a preparare gli esami?

«Assolutamente no. Mi sarebbe stato molto utile, perché lei era una grande grecista. Ma essendo molto brava era anche molto esigente: pretendeva che io fossi il primo in tutto. Per cui le poche volte che mi aiutava, dopo cinque minuti perdeva la pazienza, mi aggrediva e se ne andava. Il bello è che ho conosciuto tantissimi suoi ex studenti che invece hanno un ricordo di lei stupendo. Ma io ero suo figlio, e soprattutto ero figlio unico, e lei pretendeva che eccellessi e che comunque tornassi sempre da lei, mentre io ho sempre cercato una mia autonomia».

La Claudia di Notte prima degli esami è esistita davvero?

«Certo, ho perso i contatti con lei ma resta nel mio cuore perché è stata il mio primo amore».

È la stessa ragazza di Compagno di scuola in cui lei si domanda: «Perché ditemi, chi non si è mai innamorato di quella del primo banco, la più carina, la più cretina»?

«No, è un'altra. Claudia non frequentava il mio stesso liceo. Se l'avessi scritta adesso, forse questa descrizione mi avrebbe attirato qualche critica. Però è vero che in ogni classe, sia tra i ragazzi che tra le ragazze, c'è chi prende la vita in modo più superficiale».

Tornando a Claudia, lei canta: «Tuo padre sembra Dante e tuo fratello Ariosto». Come le sono venute in mente queste somiglianze?

«A forza di studiare, mi sono trovato in una situazione di dormiveglia che mi ha portato a confondere la realtà con l'immaginazione, la storia con l'inconscio. Una situazione non diversa da quando mi prende una specie di trance da cui mi risveglio con una canzone nuova».

Oltre a tornare spesso al liceo Giulio Cesare, ha persino dedicato una canzone e un album al bar di fronte che frequentava, il Tortuga. Come sono gli studenti di adesso?

«Non si può generalizzare, la realtà è molto più complessa di quando studiavo io. Vedo comunque che l'amicizia regna, che al di là di tutto quello che si trova sui social, poi esistono dei rapporti umani fortissimi, gli stessi che ho raccontato nelle mie canzoni. Le chat di classe e le chat delle mamme spariranno. Rimarranno invece i rapporti veri ea questi ragazzi mancheranno la classe vera, il fatto di ritrovarsi ogni mattina con le stesse persone a studiare le stesse cose».

Che consiglio può dare ai maturandi?

«Godetevela. È un momento talmente bello della vita che consiglio di prendere tutto quello che arriverà con un sorriso».





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