Economia Finanza

Bibi contro Biden: “Armi, basta ritardi”. Gallant negli States




Gli incontri di queste ore sono «fondamentali per il futuro della guerra». E «le relazioni con gli Stati Uniti sono più importanti che mai». Il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant arriva a Washington per una visita ufficiale dopo 261 giorni di guerra con Hamas e nel pieno di un contenzioso sulle armi aperte da Benjamin Netanyahu con l'amministrazione Biden. Alla riunione settimanale di governo di ieri, il primo ministro israeliano ha spiegato come apprezzare il sostegno degli Stati Uniti ma è tornato a denunciare una «drammatica» presentata dal sostegno militare dall'America negli ultimi quattro mesi, auspicando che la questione «sia risolta nel prossimo futuro». «Alcune consegne sono arrivate, ma la maggior parte degli armamenti è rimasta indietro», ha detto Netanyahu, che ha ribadito di aver deciso di rendere pubblica la questione, consapevole che sarebbe finito sotto «attacchi personali da dentro e da fuori» il Paese, dopo aver fatto pressione con Washington privatamente, per il «bene di Israele».

Il video della scorsa settimana, in cui il capo del governo israeliano criticava duramente l'amministrazione Biden per la decisione di trattenere l'invio di armi a Israele, ha irritato parecchio la Casa Bianca, che ha definito «deludenti, offensivi e falsi» le accusare di Netanyahu, ricordando che «nessun altro Paese sta facendo più degli Stati Uniti» per Israele. Eppure, a dare man forte al capo del governo israeliano, si è aggiunto il senatore repubblicano Tom Cotton, dell'Arkansas, che ha rilanciato le accuse all'amministrazione Biden di aver ritardato le consegne di aerei da combattimento, veicoli tattici, mortai, proiettili di carri armati e altre munizioni a Israele, non informando il Congresso dei piani di spedizione. Solo a inizio maggio, l'amministrazione Biden aveva confermato di aver sospeso un carico di 3500 bombe nel timore che Israele poteva utilizzarle in una massiccia offensiva nella città di Rafah, nel sud di Gaza al confine con l'Egitto.

Proprio a Rafah, l'esercito israeliano (Idf) ha annunciato di aver demolito un complesso di addestramento di Hamas nel quartiere Tel Sultan, mentre come proseguono i combattimenti, senza esclusione di colpi e vittime, in tutta la Striscia di Gaza, dove i morti sono ormai oltre 37mila (compresi i miliziani estremisti). Decine di palestinesi sono stati uccisi in raid in due zone abitate di Gaza ea Nuseirat, alimentando polemiche e accuse per le vittime civili: almeno 60 ieri, dopo uno dei week end più sanguinosi da inizio guerra.

Secondo fonti israeliane Yahya Sinwar, il leader di Hamas nella Striscia, starebbe portando avanti i colloqui per il rilascio degli ostaggi solo per prendere tempo, in attesa che si apra «il fronte nord», che scoppi cioè il conflitto con il Libano. Hezbollah d'altra parte prosegue con il lancio di razzi e droni contro Israele, rifornito dall'Iran, che secondo l'inglese Telegraph, ha inviato per via aerea un'immensa riserva di armi al gruppo sciita all'aeroporto di Beirut.

Israele ai razzi con i raid e Gallant, negli Usa per incontrare il segretario della Difesa, Lloyd Austin, risponde e il segretario di Stato, Antony Blinken, promette: «Siamo pronti per qualsiasi azione necessaria a Gaza, in Libano o altri territori».



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