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Elena, regina dell’amore, a Roma la presentazione della biografia di Regolo


Luciano Regolo, condirettore di Famiglia Cristiana e Maria con te, al centro, durante la presentazione del suo libro a Cetona.

“La Regina Elena. Una vita all'insegna dell'amore”, è la biografia scritta, per le edizioni Ares, da Luciano Regolo, giornalista e scrittore, condirettore di Famiglia Cristiana e Maria con te. Con questo volume Regolo porta a termine la sua trilogia sulle Regine d'Italia, iniziata con Margherita di Savoia e proseguita con Maria José. Su impulso dell'Associazione Internazionale Regina Elena, la cui sede centrale è a Montpellier, ultimo scenario della carità offerta da Elena Petrović-Savoia, nel 2001 si aprì ufficializzare l'iter per la causa diocesana per la beatificazione e canonizzazione della regina. Lo comunicò l'arcivescovo della diocesi francese Jean-Pierre Bernard Ricard il 16 novembre 2001, all'inizio delle celebrazioni per il cinquantenario della scomparsa della seconda sovrana d'Italia. Dopo una fase di stallo ora l'iter potrebbe essere ripreso, come spiega Regolo sottolineando che «c'è gente che la invoca nella preghiera e la Chiesa ne ha sempre riconosciuto le virtù».
Dopo la tappa di Cetona, il 22 giugno scorso, Il libro di Luciano Regolo verrà presentato stasera alle 18, a Roma, presso la libreria San Paolo, in via della Conciliazione. L'autore tornerà a parlarne il 13 luglio prossimo a Città della Pieve (Perugia), sempre alle 18, nella sala del Palazzo Corgna. Il 26 giugno il gironalista e scrittore è atteso il 26 giugno al Santuario di Pompei per presentare un'altra sua opera: una biografia del beato Bartolo Longo (San Paolo editore) con interventi di monsignor Tommaso Caputo, arcivescovo di Pompei, monsignor Pasquale Nocerino, rettore del santuario, madre Errmelinda Cuomo, superiora generale delle suore domenicane “Figlie del santo rosario di Pompei”. A introdurre l'autore sarà la dottoressa Loreta Somma, direttrice dell'Ufficio comunicazioni sociali della Prelatura della diocesi, che modererà l'incontro.

Di seguito pubblichiamo la recensione del volume di Regolo pubblicata sul numero 23 di Famiglia Cristiana.

di Francesco Anfossi

Sul Regno d'Italia vegliava un angelo regale. Questo pensavano i sudditi di Elena di Savoia (il nome di battesimo è Jelena), principessa figlia del sovrano del Montenegro Nicola I e consorte di Vittorio Emanuele III, seconda regina d'Italia. Il libro del nostro condirettore Luciano Regolo (La regina Elena. Una vita all'insegna dell'amore, in libreria per le edizioni Ares) la dipinge a tutto tondo adoperando la sua cifra distintiva, sia nel ruolo pubblico (importantissimo) che in quello familiare : l'insegnamento dell'amore. Nella biografia l'autore cita un brano della figlia della sua più cara amica, Sofia Iaccarino, dove la dama spiega che Elena «aveva il dono di cogliere con sensibilità i bisogni delle persone e di volerle rendere felici». Un dono speso con tutti, con i figli, con il marito (cui rimase sempre legato con dedizione, uno dei pochi matrimoni riusciti in casa Savoia), ma anche con le persone che incontrava, attenta ai bisogni del suo popolo adottivo.

Lungo tutto l'arco della sua vita Elena, nata nel 1873, regina fino al 9 maggio 1946, giorno dell'abdicazione del consorte, si votò totalmente alle opere umanitarie, come in occasione del terremoto di Reggio e Messina, nel dicembre 1908. Nella città siciliana i messinesi le hanno dedicato addirittura un monumento, in largo Seggiola, opera dello scultore Berti. L'“angelo dei terremotati” accorse da Roma col re consorte per parlare con l'equipaggio della nave russa Slava, giunta insieme ad altre imbarcazioni per prestare soccorso e trasportare i primi feriti (facendo anche da traduttrice, poiché aveva studiato a San Pietroburgo, del resto padroneggiava anche – oltre all'italiano e al montenegrino – il francese, il serbo e il greco moderno). Era talmente legata alla beneficenza che si era guadagnata il nomignolo di Bonsinini (parafrasando Mussolini).

Di lei è nota la straordinaria abnegazione durante la Grande Guerra, prestando opera di infermiera a tempo pieno e allestendo un vero e proprio ospedale militare nella sala da ballo del Quirinale. La sera, non vista, si recava ad assistere gli ammalati, in modo particolare i morenti e gli agonizzanti, coloro che esalavano l'ultimo respiro senza alcun familiare accanto. I militari dello staff del re la descrivono intenta a pulire i cadaveri ea prepararli per la sepoltura. Elena è anche stata l'unica sovrana cui l'Italia, monarchica e repubblicana, ha dedicato un francobollo emesso nel 2002 per il suo impegno contro il cancro nel cinquantenario della sua morte. Per suo impulso infatti nel 1933 nacque uno dei primi presidi oncologici italiani, a lei intitolato nel 1938. La regina aveva perso per questo maschio la madre e alcuni fratelli e ne morirà lei stessa. Nell'ultimo periodo della sua vita stringerà una grande amicizia con l'oncologo di fama internazionale Pierre Lamarque, che le mise a disposizione la sua casa a Montpellier, dove si era trasferita per le cure e dove morì, nel 1952.

E anche in quel periodo e in quel luogo fu documentato il suo notevole slancio verso i poveri, gli indigenti, i bisognosi, al punto che nel 2001 l'allora vescovo di Montpellier decise di aprire la fase istruttoria diocesana per la beatificazione. La causa della serva di Dio Elena del Montenegro ha subito una pausa solo perché fu proclamata beata da papa Francesco nel 2014 la regina Maria Cristina delle due Sicilie (due Savoia beate può essere un problema). A quel tempo inoltre i rapporti tra Chiesa cattolica e ortodossa erano molto distesi, tanto è vero che – come spiega all'autore della biografia l'allora vescovo metropolita di Cettigne Amphiloje Radovic – «Elena, che da principessa del Montenegro abiurò la religione ortodossa per farsi cattolica e sposare Vittorio Emanuele III, era il simbolo della prossimità fra le due confessionisioni. Oggi, dopo l'invasione russa dell'Ucraina, le tensioni sono tali che la riapertura della causa di beatificazione potrebbe sembrare una provocazione. Nonostante questo, l'associazione internazionale che porta il suo nome si sta adoperando per far ripartire la causa. Anche perché il desiderio di pace di Elena fu sempre molto intenso.

In una lettera scritta da Ravello nel 1944, sulla Costiera Amalfitana, esprime profonda tristezza per lo stato del Paese agli sgoccioli della Seconda guerra mondiale e scrive di «non desiderare altro che il Paese ritorni alla normalità, non importa se con la Repubblica o con la monarchia». Rivisitare la vita di questa regina forse poco regale ma profondamente umana, in un momento in cui c'è una guerra ai confini dell'Europa, torna di grande attualità. Basterebbe leggere le pagine in cui Regolo ricostruisce l'appello preparato da Elena per le “dame d'Europa”, le sovrane delle varie dinastie, con cui tentò di stringere una sorta di lega della pace. Nel dicembre 1939, tre mesi dopo l'inizio della Seconda guerra mondiale, Elena preparò infatti una lettera per le sei sovrane delle nazioni europee ancora neutrali (Danimarca, Paesi Bassi, Lussemburgo, Belgio, Bulgaria e Jugoslavia), al fine di evitare all' Europa e al mondo l'immane tragedia. Il duce però impedì di dare seguito al tentativo.

La copertina della biografia di Luciano Regolo.

La copertina della biografia di Luciano Regolo.



Per il resto Elena, cui papa Pio XII conferì la Rosa d'oro definendola “signora della carità benefica”, rimase sempre estranea alla politica, adempiendo alla volontà del consorte secondo il quale non era cosa per donne. Però alcune volte fa delle eccezioni, scrive Regolo, «per esempio quando la obbligarono a dare la sua fede nella campagna dell'oro alla patria durante la guerra d'Etiopia. Nel discorso fatto per l'occasione, l'unico di cui possediamo la registrazione, però si sente benissimo che è in forte imbarazzo (lo concludo dicendo Buon Natale a tutti, con un suo intermezzo non previsto)». Era presente quando Mussolini, dopo il Gran Consiglio del 25 luglio 1943, venne arrestato a Villa Savoia nell'abitazione privata del re – anziché al Quirinale oa Palazzo Venezia – e si indignò moltissimo perché riteneva, anche per tradizione montenegrina, che a casa propria qualunque persona, anche il più acerrimo nemico, aveva diritto all'ospitalità e alla protezione.

Elena era una regina molto pratica e spartana. Se c'era un guasto all'automobile su cui viaggiava non esitava a buttarsi per terra per provare lei stessa sotto lo chassìs come ripararla. Aveva una grande manualità: abile cuoca («Sua maestà e la regina l'aspettano in cucina», poteva capitare agli ospiti di Villa Savoia di sentirsi dire dal maggiordomo reale), cucinava anche ricette che aveva portato dal suo Paese (dove aveva imparato a preparare, già a 15 anni, «ben 8 pranzi completi»). Da ragazza aveva composto anche poesie che pubblicava con lo pseudonimo di Farfalla Azzurra. Era pura, molto ironica. In un bigliettino si raffigura sul letto di morte, come una bambina che è costretta a fare la nanna: lo scrive in francese e lo manda all'amica Hélène de Rochefort de la Rochelle, vecchia compagna di collegio.

Dopo l'armistizio lasciò Roma nel 1943 alla volta di Brindisi col marito e il figlio Umberto, facendo guadagnare ai Savoia l'accusa di codardia. «Convincere Umberto a partire fu un errore perché, forse, rimanendo nella Capitale, avrebbero potuto riscattare l'immagine della dinastia», spiega l'autore. Ma era una madre in ansia che non aveva più notizie di Mafalda e Maria, entrambe deportate dai nazisti. «La sorte non le risparmiò grandi dispiaceri. Il più lacerante, che le causò anche un embolo alla vista per le lacrime versate, fu per la figlia Mafalda, morta nel lager di Buchenwald nell'agosto del 1944».





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