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Zamagni: «Tassare i super ricchi? Servirebbe a cancellare l’ingiusto debito dei Paesi poveri»



«La vedo dura, anche se senza dubbio occorre rimettere mano al sistema fiscale per applicare la giustizia distributiva». L'economista Stefano Zamagni, 81 anni, padre degli studi sul terzo settore, già presidente della Pontificia accademia di scienze sociali, commenta così la prosposta di una tassa del 2% sui patrimoni dei circa 3 mila miliardari globali, avanzata da Gabriel Zucman, direttore dell'Eu Tax Observatory, nel rapporto commissionatogli dal governo Brasiliano in vista del G20 Finanze in programma a fine luglio a Rio de Janeiro.
Zamagni, come valuta la proposta di Zucman?
«Diciamo che non è una novità, fu avanzata dallo stesso Zucman 12 anni fa e poi ripresa dal collega Thomas Piketty. Il problema è che la tassazione sulle entrate dei miliardari è già stata bocciata due giorni fa dal governo americano, con l'argomento specioso che sarebbe un provvedimento difficile da mettere in pratica. Ho problemi? Essenzialmente l'assenza di un registro transazionale dei super ricchi. Ma la ragione fondamentale dell'opposizione è il come verrebbero spesi questi soldi. Gli Stati Uniti temono servirebbero per rafforzare i Paesi del Sud del mondo. E se gli Stati Uniti si oppongono, la strada si fa in salita».
Nessuna possibilità?
«La vedo dura, ma bisogna essere ottimisti, il pacchetto sarà anche al centro dell'agenda dei lavori della prossima Assemblea straordinaria delle Nazioni unite. E poi c'è il Giubileo».
In che modo il Giubileo potrebbe influire?
«Papa Francesco vuole correggere questo sistema ingiusto, lavorando su un’architettura finanziaria internazionale “audace e creativa”, che contempla una moratoria del debito estero dei Paesi più poveri. Anche in Italia dobbiamo lavorare molto: siamo diseducati dalla tassazione, dovremmo rivedere il sistema fiscale regressivo dei confronti del ceto medio. La Chiesa poi è abituata alla beneficenza ma bisogna prestare attenzione alle corporazioni dei super ricchi: offrire ingenti finanziamenti ma non c'è libertà di decidere dove e come operare, anche in campo caritatevole».
Che reazioni potrebbero scatenare la tassazione del 2% tra i super ricchi?
«I milionari patrioti sarebbero certamente disposti ad aumentare la tassazione. Al motto nelle tasse ci fidiamo loro stessi propongono di essere tassati anche oltre il 2 per cento ma, in cambio, chiedono di “essere lasciati in pace”, liberi ad esempio dal controllo delle Guardia di finanza. Viceversa c'è poi il il il capitalismo si è svegliato, che chiede di non essere tassato ma, al contempo, si offre di farsi carico del Welfare del Paese, dai servizi scolastici, ambientali e così via. Per un verso o per l'altro, entrambi i gruppi delegittimano la politica».
Con la tassazione dei super ricchi ci sarebbero entrate per 250 miliardi di dollari l'anno. I fronti su cui agire per contrastare le disuguaglianze sono molti, da dove comincerebbe?
«La prima cosa da fare sarebbe cancellare il debito dei Paesi poveri, che attualmente perdono in interessi quasi il 50% del reddito. Poi occorrerebbe contrastare il land grabbing e il forest grabbing, ovvero l'accaparramento di terre e foreste nei Paesi del Sud del mondo per fare profitto lasciando meno delle briciole a chi cede i terreni».
Come valuta la finanza internazionale oggi?
«Uno scandalo. E, ricordiamoci, skàndalon in greco significa “pietra d'inciampo”».

Nella foto: Stefano Zamagni, 81 anni. Crediti: Gabriella Chiara Marino





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