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Chrome non rivoluzionerà più la privacy sul web: il discutibile dietrofront di Google


C'erano una volta i cookie. I “biscottini” sono da sempre uno dei tasselli sui quali si basano tantissimi servizi online, nonché una comodità per l'utente finale (fermo restando che potete sempre cancellarli in caso di problemi).

In questi piccoli file di testo vengono salvati un sacco di informazioni utili alla navigazione, ad esempio le preferenze che abbiamo impostato su un certo sito, oppure permettere di rimanere loggati a certi servizi tra una sessione e l'altra, senza dover inserire la password ogni volta; o ancora, vengono usati per il tracciamento pubblicitario, in particolare con i così detti cookie di terze parti (quelli installazioni da siti diversi da quello che stai visitando, spesso a scopi pubblicitari o di analisi), magari per proporre all'utente avvisi mirati.

Ebbene, ormai è da un po' Google ha avviato un piano per bandire quest'ultimo tipo di cookie da Chrome, ma quel piano sembra ormai naufragato. La domanda a questo punto sorge spontanea: è un bene o un male?

Cosa doveva succedere ai cookie di terze parti in Chrome

L'idea che Google stava inseguendo da anni (già dal 2019) ha un nome: sandbox della privacy. Una sandbox, in ambito informatico, è in pratica un ambiente isolato, nel quale è possibile eseguire il codice, senza influenzare il sistema operativo o le altre applicazioni.

L'intento di Google era infatti quello di coniugare meglio la riservatezza degli utenti durante la navigazione con la possibilità per i siti web di mostrare annunci pubblicitari miratisenza dipendere dai cookie di terze parti e da altre tecnologie di tracciamento.

In breve, gli utenti dovevano essere divisi in “coorti”, cioè in gruppi con interessi simili, anziché tracciare il singolo individuo. In questo modo gli inserzionisti avrebbero comunque potuto mostrare pubblicità pertinenti, ma senza conoscere esattamente l'attività di ciascun utente.

Per un molti anni lo sviluppo di questo progetto è andato avanti, tra alti e bassi. Nel 2023 Privacy Sandbox è arrivata anche su Androidmaschio ultime dichiarazioni di Google fanno chiaramente intendere che sia successo qualcosa, e il futuro immediato non sarà più quello descritto finora.

Cosa succederà invece

Al contrario di Safari e Moschettoneche bloccano i cookie di terze parti per impostazione predefinitaChrome chiederà agli utenti di prendere una decisione informata. Un po' com'è recentemente successo per la scelta del motore di ricercasarà il browser un dire agli utenti: vuoi usare i cookie di terze parti, o no?

Il navigante “distratto” tende a rispondere subito sì a richieste di questo tipo, quindi è probabile che in molti acconsentiranno, ma è anche vero che difficilmente dopo una simile richiesta il numero di utilizzatori di cookie di terze parti salirà; anzi, è molto più probabile che Diminuire.

Quello che lascia perplessi è che Privacy Sandbox non sembra più parte dell'equazione, non è cioè l'alternativa proposta a chi vuole fare a meno dei famigerati cookie di terze parti, in barba a tutti i proclami sulla privacy fatti negli ultimi anni. Di fatto Chrome non sta abbandonando i cookie di terze partista solo chiedendo ai suoi utenti se vogliono farlo loro.

Google afferma comunque che continuerà a supportare le API di Privacy Sandbox e che offrirà uno strumento di questo tipo protezione dell'IP come parte della modalità di navigazione in incognito di Chrome. Ovviamente i più maliziosi pensano che ci siano degli interessi personali dietro a questa scelta, ovvero che Privacy Sandbox non fosse remunerativo quanto i classici cookie. Del resto non sarebbe la prima volta che viene un servizio di Google “piegato” a logiche monetariee probabilmente non sarà nemmeno l'ultima.

Le guide utili per gli utenti Chrome

Al netto di tutto quello che abbiamo visto finora, Chrome è e resterà (nell'immediato futuro) il browser più usato al mondo. Ecco quindi alcune guide che consigliano di leggere a tutti i suoi utenti.



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