Economia Finanza

Reddito di cittadinanza, rischi fino a 3,1 miliardi dopo la bocciatura della Ue


Il requisito che ha riservato reddito e pensione di cittadinanza a chi avesse almeno 10 anni di residenza in Italia, dei quali gli ultimi due continuativi, determina una «discriminazione indiretta» ai danni degli stranieri; di conseguenza è illegittimo perché vìola l'articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/Ce, norma che va interpretata «alla luce dell'articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea».

Con la sentenza pubblicata ieri nelle cause riunite C-112/22 CU e C-223/22 ND la Corte di giustizia Ue riapre il dossier, e il conto dei costi potenziali, dello strumento di sostegno universale promosso dal Movimento 5 Stelle al Governo e abrogato dal Governo Meloni il 31 dicembre scorso dopo quasi quattro anni di vigenza.

I giudici del Lussemburgo sono stati chiamati in causa dal Tribunale di Napoli, impegnati nell'esame di una serie di ricorsi portati avanti da extracomunitari che avevano chiesto il reddito senza ottenerlo. E con la sua decisione può riaprire ex post i canali che erano stati chiusi dalle autorità italiane. In gioco c'è in particolare la condizione dei «cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo», che in base alla stessa direttiva 2003/109 sono coloro che «hanno soggiornato legalmente e ininterrottamente per cinque anni» nel territorio dello Stato. Ma nel caso dei cittadini comunitari il requisito potrebbe essere anche più breve; e potrebbe determinare l'esigenza di riallineare tutto l'impianto dei parametri per gli italiani che rientrano dopo un lungo soggiorno all'estero, anche loro esclusioni dal reddito in assenza del requisito dei due anni di residenza continuativa in Italia.

La questione, però, è complessa. La decisione nasce dal fatto che la Corte Ue ha accolto la definizione del tribunale di Napoli secondo cui il reddito di cittadinanza è una «prestazione di assistenza sociale volta a garantire un livello minimo di sussistenza». I giudici comunitari avvertono che «non spetta alla Corte verificare l'esattezza» dell'etichetta attribuita dal tribunale napoletano.

Ma anche se la sentenza Ue non dedica al tema nemmeno una citazione, va ricordato che la Corte costituzionale ha detto l'esatto contrario nella sentenza 19/2022, in cui esaminando il requisito del «lungo soggiorno» ha sostenuto che «il reddito di cittadinanza non si risolve in una provvidenza assistenziale diretta a soddisfare un bisogno primario dell'individuo, ma persegue diversi e più articolati obiettivi di politica attiva del lavoro e di integrazione sociale».



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