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Processo storico a De Amicis, il pubblico assolve Cuore – Libri – Il libro in piazza – Ansa.it


“Cuore vuol essere un libro di edificazione, di appassionata esaltazione del bene, della volontà e dell'altruismo”. La difesa del libro di Edmondo De Amicis condotta da Giampaolo Borghello, già docente di Letteratura all'università di Udine, al tradizionale Processo storico promosso come ogni estate a San Mauro Pascoli (Forlì-Cesena), ha fatto breccia nel folto pubblico di Villa Torlonia che, tavolozza alla mano, ha emesso un verdetto di netta assoluzione, con 443 voti, contro i 126 favorevoli all'accusa, sostenuta da Roberto Balzani dell'università di Bologna. Per la prima volta pur gli astenuti hanno superato la condanna: 146.

L'esito senza appello è staro letto dal presidente del Tribunale, Miro Gori, anima di Sammauroindustria, associazione che nel 2001 diede vita al Processo partendo dall'idea di riaprire il caso sull'omicidio del padre di Giovanni Pascoli, Ruggero, assassinato in un agguato il 10 agosto 1867. Da allora si sono susseguiti, ogni anno, altri Processi su personaggi che hanno fatto la storia della Romagna, e non solo: dal Passatore a Giulio Cesare, da Mazzini a Secondo Casadei, dai Vitelloni a Garibaldi. Cuore, pubblicato nel 1886, è stato un bestseller di fine Ottocento, tanto da toccare la centesima edizione in quattro anni, ma il giudizio sull'opera è controverso: chi lo ha stroncato per i buoni sentimenti e il carattere pedagogico nazionale, chi continua ad esaltarne l'intento morale nei difficili anni del post Unità d'Italia.

“Non chiedo di bruciare Cuore – ha detto Balzani – perché per me i libri sono importanti, e questo lo è. Quello che accuso di Cuore è il fare ricorso al luogo comune, allo stereotipo, a un regionalismo preconcetto quando invece avrebbe avuto tutta la possibilità di attingere al principio di realtà”. Il riferimento è soprattutto al racconto Sangue Romagnolo che “descrive una Romagna del pugnale e del coltello tratta da un modello letterario risalente sin da Guicciardini”. Ma De Amicis poteva attingere da fonti diverse? “Sì, poteva farlo, persino da suo fratello Tito De Amicis, prefetto di Forlì dal 1884. Il quale in una relazione a Crispi del 1887 descrive bene la Romagna del tempo: i Repubblicani non vogliono fare la rivoluzione, i delitti superano di poco la media nazionale, mentre imperversano le truffe. Dunque, i romagnoli sono truffaldini ma non sanguinari. Eppure, tutto questo non viene ricevuto da Edmondo De Amicis in Cuore”. Quindi, l'arringa finale: “Chiedo la condanna di De Amicis non perché incapace di fare il romanzo sull'Unità d'Italia ad uso delle scuole, ma perché ha deliberatamente preferito edulcorare la realtà”.

A rispondere alle accuse è stato Borghello, che ha ricordato il ruolo centrale della scuola in un'epoca che vedeva il 75% della popolazione analfabeta. “La scuola è un microcosmo, parte di un tutto sociale interessato dal soffio del Risorgimento. Il quadro è torinese ma diviene universale: nei personaggi (il primo della classe, il povero, il cattivo, il ricco snob, il testardo, il traffichino. ..) si sono felicemente riconosciuti i lettori di tante epoche e di tanti paesi”. Conclusione con citazione di De Amicis: “'Ora leggete questo libro ragazzi, spero ne sarete contenti, e vi farà del bene'. Altre parole mi sembrano superflue”.

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