Prima campagna di monitoraggio delle aquile di mare in tutta Italia. Per scoprire cosa mangiano e dove si riproducono – Il Fatto Quotidiano
Tutti Isole Egadi centinaia di aquile di mare nuotano indisturbati. Gli scienziati del progetto Vita Evita – da circa tre anni – le stanno studiando a trecentosessanta gradi. Ad esempio, ne studiano la dieta, la genetica, la riproduzione, il comportamento e quanto l'inquinamento dia loro fastidio. Life Elife è un progetto internazionale, cofinanziato dalla Commissione Europea. È iniziato nel 2019 e ha lo scopo di proteggerli elasmobranchi (squali e razze) che vivono in Mediterraneo, attraverso la ricerca e collaborando con i pescatori perché mettano in atto pratiche sostenibili. Tra i soci figura anche l'Acquario di Genova.
“Questo arcipelago è un chiaro luogo di aggregazione – dice Massimiliano Bottaro, coordinatore del progetto Life Elife e ricercatore della Stazione Zoologica Anton Dohrn -. Ma le ragioni per cui ci sono così tante aquile non sono altrettanto chiare. Osserviamo diverse femmine e alcuni piccoli, quindi, ipotizzare che siano qui per riprodursi lo alimentare”. Per questo incredibile pesce cartilagineo, stretto parente di razze e mante, i misteri non mancano. “Si sa veramente poco sulla loro biologia. Che cosa mangia? Dove si sposta? Dove si riproduce? Sono tutte domande le cui risposte sono da definire”, aggiunge Bottaro a Ilfattoquotidiano.it.
Per questo gli scienziati hanno deciso di chiamare a raccolta i Subacqueo di ogni zona d'Italia. “Abbiamo deciso di lanciare una campagna di monitoraggio degli avvistamenti coinvolgendone un centinaio centri immersioni per andare alla ricerca delle aquile di mare in tutta la penisola. Solo così potremo cercare di fare paragoni con quanto osserviamo alle Egadi”, prosegue.
Durerà almeno diciotto mesi e l'obiettivo è raccogliere più dati possibili. “È un'iniziativa in collaborazione con Tritone ETSun'organizzazione che si occupa di conservazione marina. Sarò invitato a compilare un breve questionario via Modulo Google o in formato tradizionale, inviandolo poi all'indirizzo e-mail euelifeproject@gmail.com”. Nei prossimi mesi gli scienziati di Life Elife hanno anche in programma di marcare alcune aquile di mare con degli strumenti in modo da poterle seguire via satellite. Per questa specie, sembrerebbe la prima volta in assoluto: “Recentemente è stato sviluppato un sistema poco invasivo che consente di marcare anche dei pesci di modeste dimensioni e appiattiti come, appunto, sono le aquile di mare”, chiarisce Bottaro.
Le aquile di mare secondo l'Unione Internazionale per la conservazione della natura (Iucn) sono specie premuroso minacciare al pari della maggior parte degli elasmobranchi, per questo il progetto Life Elife mira a collaborare coi pescatori. “Quando all'inizio abbiamo loro proposto di sostituire i classici amico a forma di J, che sono facilmente ingoiabili e si impigliano nell'esofago anziché nella bocca, con i più ecologici ami circolari, più larghi e difficilmente ingoiabili, i pescatori erano diffidente. Temevano ripercussioni negative sulla resa di pesca. Invece, hanno potuto ricredersi ed è così che possiamo dire che circa il 90% degli squali e delle razze che abbocca accidentalmente all'amo circolare è stato salvato”, dice con orgoglio Bottaro.
Se con gli ami si canta al successo, discorso diverso è per le reti. Rimangono solo le isole Egadi impigliare circa 200 aquile di mare e di queste la metà non sopravvive. “Purtroppo, evitare completamente le catture accidentali è nella pratica impossibile – spiega a Ilfattoquotidiano.it Martina Arpaiadottoranda di ricerca della Stazione Zoologica Anton Dohrn -. Ma per noi è già un fattore positivo che gli animali ancora in vita siano liberati, adottando le buone pratiche del progetto. Non è scontato, significa che siamo riusciti a sensibilizzare i pescatori. Ci stanno mostrando fiducia e si stanno dimostrando gli attori più preziosi e collaborativi nella conservazione di squali e razze”.
Qualche altro segnale di speranza c'è. “Stiamo sperimentando, con buoni risultati, le cosiddette griglie di Esclusione che si posizionano davanti alle reti durante la pesca a strascico così da evitare che gli squali finiscono nel sacco – conclude Bottaro -. C'è ancora tanta strada da fare. Ma quando succede, come lo scorso inverno, che da Lampedusa ti chiama un pescatore per dirti che ha compromesso parte del suo attrezzo di pesca per liberare uno squalo bianco, beh, capisci che siamo sulla strada giusta”.
foto di Merlofotografia – Acquario di Genova