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La Regione Campania notifica a Palazzo Chigi il ricorso contro l’Autonomia differenziata: “Illegittimità costituzionale”


“E' stato notificato questo pomeriggio alla presidenza del Consiglio dei ministri il ricorso con il quale la Regione Campania, rappresentata dal professore Francesco MaroneOrdinario di Diritto costituzionale e di giustizia costituzionale presso l'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, in affiancamento all'Avvocatura regionale, chiede alla Corte Costituzionale di dichiarare la illegittimità costituzionale della legge Calderoli sull'autonomia differenziata”.

Lo comunica ufficialmente in una nota la Regione Campania, guidata da Vincenzo De Luca. “A sostegno della richiesta – si legge nella nota – il ricorso si articola in quindici motivi, riferiti sia al procedimento delineato dalla legge Calderoli per la consegna delle intese con le singole Regioni, sia ai contenuti e agli effetti delle stesse intese e ai presupposti per l'attribuzione di forme di autonomia più ampia, connessa alla determinazione dei Lep (livelli essenziali di prestazione”.

Nella sintesi delle 90 pagine di ricorso alla Consulta, la Regione denuncia tra i principali motivi di illegittimità: “che la legge consente una devoluzione di competenze alle Regioni così ampia ed incontrollata, anche in materie riguardanti diritti fondamentali e servizi di civiltà – come la sanità , la scuola pubblica, la previdenza integrativa, la protezione civile – da minare la stessa sovranità dello Stato e rompere l'unità nazionale e l'eguaglianza dei cittadini delle diverse aree del Paese. Si rileva che, come autorevolmente affermato dal vicepresidente emerito della Corte Costituzionale, professore Paolo Maddalenala legge costituisce “un enorme pericolo per l'unità giuridica ed economica dell'Italia”.

E ancora che “che il ruolo del Parlamento, unico garante dell'unità nazionale e dell'interesse generale, è del tutto svilito, a favore del Presidente del Consiglio dei Ministri, al quale viene affidato in esclusiva il potere di limitare l'oggetto delle intenso”. Secondo la Regione inoltre nella legge “in contrasto con le norme costituzionali, che espressamente subordinano l'autonomia differenziata all'attuazione delle misure perequative previste per il superamento dei divari territoriali e al concreto finanziamento e attuazione dei LEP, la legge contiene mere affermazioni di principio sulla determinazione dei Lep, come confermato dalla previsione espressa di invarianza finanziaria. E che le modalità attuative dell'art.116, comma 3 della Costituzione adotta dalla legge Calderoli ne tradiscono in realtà lo spirito, in quanto, invece di consentire un decentramento di funzioni in ottica di snellimento e di efficienza, determinano un sistema iniquo, volto a realizzare non un progetto “di autonomia, fattispecie lecita, ma più correttamente di secessione, evento illecito, che si colloca fuori dell'ordinamento costituzionale”, come efficacemente segnalato in sede di audizione sul disegno di legge dalla professoressa Giovanna De Minicoordinaria di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli”.

Infine, nel ricorso alla Consulta si denuncia una “una gravissima violazione dei principi di legalità, in quanto la individuazione dei Lep viene affidata al Governo senza predeterminare alcun principio o criterio direttivo, in contrasto con la Costituzione. E che si affida l'intesa ad una trattativa con il Governo, mortificando il ruolo delle Conferenze, in violazione del principio di leale collaborazione e impedendo di verificare le ricadute dei singoli percorsi sull'insieme delle Regioni e su tutta la rete delle autonomie locali” .

A Repubblica, il professore Marone ha affermato: “La Regione Campania impugna l'intera legge perché consente una devoluzione di materie per blocchi, anziché riferita a una singola materia per ragioni specifiche, come, invece, sarebbe in una lettura corretta dell'articolo 116 della Costituzione – sottolinea Marone – poi perché i Livelli prestazioni essenziali vengono soltanto determinati, per altro solo per alcune materie, e non garantiti in concreto, laddove la logica della Costituzione sarebbe garantire livelli di prestazioni relativi ai diritti omogenei su tutto il territorio e, solo dopo , introdurre elementi competitivi tra le diverse Regioni”. Inoltre, nel ricorso, spiega sempre il giurista, “ci sono i motivi legati all'attuazione del federalismo fiscale che è, nella logica della riforma costituzionale del 2001, una precondizione per l'attuazione dell'autonomia differenziata”. “In particolare, il finanziamento delle ipotetiche nuove funzioni avverrebbe tutto per compartecipazione al gettito erariale riferibile al territorio regionale, senza nessun riferimento a tassazione diretta delle regioni. In questo modo le regioni più ricche possono avere

maggiori risorse e quindi maggiore autonomia, per cui inevitabilmente la distanza tra le regioni più ricche e quelle che lo sono meno è destinata ad aumentare. Questo – conclude Marone – è in contrasto con la Costituzione ma anche con gli obiettivi del Pnrr approvati dall'Ue, che includono la ammessa delle differenze tra i territori all'interno del Paese”.



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