Economia Finanza

Macron, un no secco all’ipotesi di un governo di sinistra


Emmanuel Macron ha detto no. Il presidente francese, che sta cercando di scegliere un primo ministro che non sia schiacciato in pochi giorni da un voto di censuradi sfiducia, dell'Assemblée, ha respinto la richiesta del Nouveau front populaire di nominare Lucie Castets e dar vita a un governo di minoranza di sinistra: aprirà martedì 27 agosto nuove consultazioni dopo il primo giro di colloqui quelle formali.

«Stabilità istituzionale»

Il «no» è arrivato per considerazioni di «stabilità istituzionale»: un governo Nfp «sarebbe immediatamente censurato». Il presidente ha quindi invitato il Nfp a «cooperare con le altre forze politiche», disponibilità che è finora mancata. «La mia responsabilità – ha aggiunto il presidente – è che il paese non sia né bloccato né indebolito. I partiti politici di governo non devono dimenticare le circostanze eccezionali delle elezioni dei loro deputati al secondo turno delle legislative». Un richiamo, questo, finora usato molto dal Nfp nei colloqui con il presidente: ricorda come molti deputati del centro e della destra siano stati votati con il sostegno della sinistra, e viceversa.

Il passo indietro di Mélenchon

Macron cerca così di uscire dall'impasse che si è creata negli ultimi giorni dedicati, finite le Olimpiadi e la pausa estiva, alle consultazioni con partiti e presidenti delle due camere (il Sénat vota le leggi ma non può sfiduciare il governo). La France insoumise (Lfi) di Jean-Luc Mélanchon, con una mossa imprevista, ma molto calcolata, ha infatti preso atto dei veti dei potenziali alleati – i centristi dell'area macroniana, la destra repubblicana – e ha dato la sua benedizione a un governo guidato dal Nfp senza la sua partecipazione.

Il rafforzamento della sinistra

Lfi ha fatto cadere quindi una grande pregiudiziale nei confronti di un governo a guida progressista, può far sentire la sua voce – ha comunque promesso il sostegno parlamentare – e può nello stesso tempo mantenersi “puro” dagli inevitabili compromessi sul programma che una sua ipotetica partecipazione al governo avrebbe imposto. Per Mélanchon, radicale ma profondamente politico, sarebbe il miglior esito possibile. Ha inoltre messo in difficoltà Macron, come rivelano le parole del primo ministro dimissionario Gabriel Attal, che ha parlato di un «simulacro di apertura» e di un «tentativo di colpo di mano». Il passo indietro di Mélenchon ha inoltre messo l'Nfp in condizione di essere più rigido sul programma, e non a caso Attal si è detto indisponibile all'«applicazione unilaterale del solo progetto di Lfi e del Nfp».

Macroniani necessari

Il Nfp ha subito chiesto al presidente di riconoscere la nuova situazione che si era creata: non parteciperà a nuove consultazioni se non finalizzate alla nomina di Castets e riguardanti le «modalità di questa coabitazione» e ha invocato discussioni con Macron «sulle modalità di questa coabitazione ». La scelta delle parole è rivelatrice: convivenza indica un governo non allineato alle posizioni del presidente, ma i voti dei macroniani sono necessari perché il governo sopravviva. Nfp può contare su 193 deputati, ne occorrono almeno altri 96 non ostili perché un’esecutiva sia al riparo di mozioni di censura. I macroniani (con gli alleati) ne hanno a disposizione 166, la destra repubblicana 47, gli indipendenti di centro (Liot) 22. Senza Macron non si governa.



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