Economia Finanza

Francia: la sinistra contesta Macron che prosegue le consultazioni


La sinistra radicale francese si insorge. Il rifiuto del presidente Emmanuel Macron di nominare prima ministra Lucie Castets perché desse vita a un governo di minoranza del solo Nouveau front populaire (Nfp) ha spinto La France Insoumise a fare un appello alle organizzazioni giovanili per una manifestazione sabato 7 settembre. Hanno aderito all'invito i comunisti di Fabien Roussel e gli ecologisti, mentre i socialisti – a quanto pare divisi pur «incoraggiando» eventuali «mobilitazioni della società civile» non scenderanno in piazza: «L'urgenza, a questo stadio, è nel dibattito , nella discussione politica», ha detto il portavoce Pierre Jouvet.

La decisione contestata di Macron

Anche i socialisti, però, si sono rifiutati di partecipare alle nuove consultazioni aperte da Emmanuel Macron: si rifiutano, ha detto il segretario Olivier Faure, di essere «complici di una parodia della democrazia», ma anche di essere il sostegno di un macronismo « giunto alla sua fine». Il presidente, lunedì 26 agosto, aveva ritenuto che un governo Nfp «sarebbe immediatamente censurato dall'Assemblée» perché disporrebbe di «una maggioranza di 350 deputati contrari, che gli impedirebbero di fatto di agire». Trecentocinquanta è, per difetto, la somma dei deputati delle forze macroniane, della Droite républicaine gollista, del Rassemblement nationale e dei suoi alleati, non disponibili a sostenere nella sua totalità il programma delle sinistre. La decisione è stata presa da Macron «nel suo ruolo costituzionale di arbitro, garate della stabilità istituzionale e dell'indipendenza della Nazione», una formula che riassume, con parole diverse, l'articolo 5 della Costituzione.

Le richieste della sinistra

Forte di un risultato insperato, che gli ha attribuito 193 deputati – molto al di sotto di una maggioranza di 289 deputati – il Nouveau Front populaire riteneva però doveroso ottenere il mandato, in un sistema costituzionale che non prevede un voto di fiducia iniziale del Parlamento, ma solo la possibilità di essere censurato dall'Assemblée (con obbligo di dimissioni) e permette l'approvazione di alcune leggi (la Finanziaria e le leggi sul welfare state) senza il voto parlamentare. La sinistra è anche consapevole del fatto che una movimento di censura votata insieme da macroniani, gollisti e Rn sarebbe la rottura politicamente traumatica di un patto repubblicano ad escludendum la destra radicale che, per esempio, non ha ottenuto alcuna carica all'Assemblée. I governi macroniani, per due anni, si sono retti sul fatto che le mozioni di censura della sinistra non erano votate dalla destra e viceversa.

«Una deriva illiberale»

Inevitabili i richiami – più politici che costituzionali – al «colpo di mano antidemocratico». Lucie Castets ha dichiarato ieri mattina di essere «molto inquieta e molto in collera» per la decisione di Macron: «È una negazione della democrazia», ha detto. Anche lei, quindi, non si recherà all'Eliseo se non per discutere «le modalità di una coabitazione». L'ecologa Marine Tondelier ha parlato di «vergogna» e di «deriva illiberale» da parte del presidente. È stata La France Insoumise, però, la più radicale. Il movimento di Jean-Luc Mèlenchon aveva fatto un passo indietro durante la prima fase delle consultazioni assicurando il sostegno esterno, con i suoi 72 deputati, a un governo di sinistra senza la sua diretta partecipazione. Sperava in questo modo di allontanare il rischio di voti di censura, mantenendo il suo peso politico ed evitando inevitabili compromessi sul programma. La decisione di Macron ha riportata indietro gli orologi: «Censura, mobilitazione, destituzione», ha detto il coordinatore Manuel Bompard, riassumendo le iniziative di Mélenchon che sta per depositare una mozione di destituzione, prevista dall'articolo 68, contro il presidente che, ha detto, «ha creato una situazione di una gravità eccezionale». Faure, nell'immediato, ha semplicemente detto che «La République è nata dal rifiuto del potere personale».

Apertura ai socialisti?

Macron ha intanto riaperto le nuove consultazioni con i responsabili dei partiti del patto repubblicano. Il Rassemblement nationale ei suoi alleati (compresi gli ex gollisti di Eric Ciotti) sono quindi esclusi, mentre i Rèpublicains saranno ricevuti oggi. «I lavori continuano – ha detto il presidente rispondendo ai giornalisti – Ricevo coloro che vogliono operare per l'interesse superiore del Paese». Se Macron – nominando per esempio un socialista indipendente e non inviso alla destra (si è fatto il nome dell’ex primo ministro Bernard Cazeneuve) – riuscisse ad aggregare gollisti, centristi e il ps, una maggioranza sarebbe possibile. Molti socialisti nutrono del resto dubbi sulla decisione del segretario di non partecipare alle nuove consultazioni. L'opposizione interna ha chiesto una riunione del Bureau National. Il Ps «deve riprendere le discussioni con il presidente della Repubblica, ha spiegato Hélène Geoffroy, sindaca di Vaulx-en-Velin ed ex sottosegretario per le Politiche delle città: «Ci sarà rimproverato dagli elettori, nostri e del fronte repubblicano, di non aver provato fino alla fine», ha aggiunto invocando la nomina «di un primo ministro socialista/socialdemocratico che ci permetterebbe di applicare misure immediate di sollievo per la vita quotidiana».



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